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Già nel 1986, in un’intervista della Rai, Netanyahu mostrava di essere un estremista Fa impressione vedere le risposte date dall'allora 38enne Netanyahu a Giovanni Minoli nel famoso programma Mixer.
A quanto pare Papa Leone XIV è imparentato con un sacco di celebrity Lo ha rivelato un'inchiesta del New York Times: tra i cugini alla lontana ci sono Madonna, Angelina Jolie, Justin Bieber, Justin Trudeau e pure Hillary Clinton.
Per i palestinesi che vivono in Israele non ci sono bunker antiaerei in cui cercare rifugio Non ci sono perché non sono stati costruiti: con i bombardamenti iraniani i civili non hanno via di scampo.
I veneziani le stanno provando tutte per rovinare il matrimonio di Jeff Bezos e Lauren Sánchez Striscioni, cartelli, assemblee, proteste, pure un adesivo anti Bezos ufficiale che si trova attaccato un po' ovunque in città.
La nuova grande idea di Mark Zuckerberg è mettere la pubblicità anche dentro Whatsapp Per il momento le chat sono state risparmiate dalla banneristica, ma c'è sa scommettere che non sarà così a lungo.
Pixar ha annunciato un film con protagonista un gatto nero e tutti hanno pensato che ricorda molto un altro film con protagonista un gatto nero Il film Disney-Pixar si intitola Gatto, è ambientato a Venezia e lo dirige Enrico Casarosa. Il film al quale viene accostato lo potete indovinare facilmente.
Tra Italia, Spagna e Portogallo si è tenuta una delle più grandi proteste del movimento contro l’overtourism Armati di pistole ad acqua, trolley e santini, i manifestanti sono scesi in piazza per tutto il fine settimana appena trascorso.
Will Smith ha detto che rifiutò la parte di protagonista in Inception perché non capiva la trama Christopher Nolan gli aveva offerto il ruolo, ma Smith disse di no perché nonostante le spiegazioni del regista la storia proprio non lo convinceva.

Mattia Balsamini, fotografare il mistero delle cose

Intervista al fotografo di cui è disponibile la prima monografia, In Search of Appropriate Images, un insieme di paesaggi, oggetti e forme astratte.

di Studio
08 Settembre 2021

Se potesse essere tradotta in immagine, che aspetto avrebbe l’atmosfera di sospensione che ha caratterizzato l’ultimo anno delle nostre vite? È la domanda a cui sembra rispondere la prima monografia di Mattia Balsamini In Search of Appropriate Images. Nato nel 1987 a Pordenone, nel 2008 si è trasferito a Los Angeles, dove è stato assistente, tra gli altri, di David La Chapelle, ma ha capito molto presto di voler sviluppare un percorso personale fatto di ritratti e fotografia sperimentale e hi-tech: la passione per la fotografia industriale è nata durante l’adolescenza, grazie ai pomeriggi passati nell’azienda di impianti di raffreddamento del padre. Negli ultimi anni ha esposto alla Triennale Milano, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, alla Bevilacqua la Masa di Venezia (dove insegna all’Università).

In Search of Appropriate Images è un libro molto particolare: si sviluppa su due binari, entrambi rilegati in alto, come se fossero dei block notes. Questo tipo di struttura cambia totalmente il rapporto del lettore con l’esperienza dello sfoglio e la lettura delle immagini, che diventa un’esperienza unica e personale. Si può scegliere di sfogliare un blocco alla volta, oppure di sfogliarli entrambi. Parlando con Rivista Studio, Balsamini ha descritto la realizzazione delle immagini raccolte nel libro come una forma di esercizio. Un esercizio dello sguardo che si estende a chi si trova a sfogliare queste pagine, invitato ad accostare e mettere in relazione le immagini.

In Search of Appropriate Immagine, di Mattia Balsamini

Il libro contiene un mix di fotografia di paesaggio, forme astratte, libri e materiali rifotografati dall’archivio dell’autore, brevi brani diaristici tratti da un piccolo taccuino. «Alcune 
immagini», spiega Balsamini, «sono state scattate durante il primo lockdown, nel marzo del 2020, che ho avuto la fortuna di trascorrere in una casa in mezzo ai campi. Al crepuscolo partivo per lunghissime passeggiate di chilometri: c’era quest’idea di guardare con occhi nuovi delle cose che per anni ho visto tutti i giorni e che ho cercato di trasfigurare rendendole casalinghe ma sinistre, pastose, drammatiche ma accoglienti, sfruttando le forme elementari – cerchi, rettangoli – che trovavo nel paesaggio. Le immagini d’archivio scattate nel corso degli anni entrano nella storia come dei flashback di memoria. Le altre sono appunti che prendevo in quel periodo o immagini da altri libri che hanno dato forma alla profondità del sentimento
che mi ha portato a realizzare le nuove fotografie».

L’anima fredda, spesso enigmatica e lontana, che
caratterizza le immagini di Balsamini rende inconfondibili anche i suoi ritratti, in cui, lo sottolinea lui
 stesso, manca la volontà di far trasparire chissà quale 
aspetto interiore: il corpo viene usato per sottoline
are anche soltanto una serie di forme grafiche, mostrare le persone sotto una luce diversa, «nei sogget
ti, animati o inanimati che siano, mi interessa di più
l’atmosfera, mi piace che corrisponda a quello che
provo io e questa è la mia sfida costante: il senso del
luogo e il senso dell’atmosfera».

Rappresentato da Contrasto, Balsamini sviluppa la sua ricerca personale in contemporanea con il lavoro su commissione: «Non lavorare per nessuno mi fa sentire libero, ma lavorare per qualcuno, per me, è una delle più grandi possibilità di fare immagini, perché ti porta a farle in un modo in cui tu non ti saresti mai trovato: hai delle costrizioni, dei paletti che in qualche maniera ti cambiano, quindi trovarsi in quella situazione è sempre positivo, perché ti muove. Anche l’essere chiusi in casa è stato un paletto enorme ma allo stesso tempo è quello che mi ha permesso di produrre immagini nuove. Da soli forse non si fa mai nulla». Immagini che sembrano aprire porte su altre dimensioni: «C’è un grande limite tra noi fotografi che è quello di fotografare cose. Quello che ho cercato di fare nelle foto nuove è proprio creare il senso di una porta da attraversare, non a caso oltre ai cerchi e i rettangoli il tema ricorrente sono questa specie di portali, ci sono diverse porte nel libro, sia fisicamente che metaforicamente». A fotografare ha iniziato “tardi”, secondo lui: verso i 18 anni. «Volevo fare fotografia per godere dell’immagine. È bello chiudere qualcosa in un’immagine di cui poter dire: “Ah questa l’ho
è una grandissima parte del motivo per cui faccio quello che faccio. A questa spinta iniziale negli anni si è aggiunta la consapevolezza che la fotografia è un linguaggio che può servire anche agli altri: essere una testimonianza storica di quello che succede, o un veicolo per portare altre persone dentro una storia».

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