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In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.
Dopo i meme, i videogiochi, le carte collezionabili e gli spettacoli a Broadway, adesso l’Italian Brainrot arriva anche nei parchi giochi italiani Da fenomeno più stupido e interessante di internet alla vita vera, al Magicland di Valmontone, in provincia di Roma.
È morto Robert Redford, una leggenda del cinema americano Aveva 89 anni, nessun attore americano ha saputo, come lui, fare film allo stesso tempo nazional popolari e politicamente impegnati.
La prima puntata del podcast di Charlie Kirk dopo la sua morte è stata trasmessa dalla Casa Bianca e l’ha condotta JD Vance Il vicepresidente ha ribadito che non ci può essere pacificazione con le persone che hanno festeggiato o minimizzato la morte di Kirk.
Tra i candidati a rappresentare l’Italia all’Oscar per il Miglior film internazionale ci sono praticamente tutti i film usciti in Italia quest’anno Tranne La grazia di Paolo Sorrentino, ma non per volontà: la sua assenza è solo una questione burocratica.
Versace Embodied non è una campagna ma una conversazione sulla cultura Capitolo primo (di una nuova serie): Versace si racconta attraverso fotografia, poesia, musica e oggetti d'archivio, sotto la direzione creativa di Dario Vitale.

Arca, la ricerca del futuro

Nella seconda serata di C2C a Milano c'è il sudamericano Arca, non solo un musicista tra i più influenti di oggi, ma anche il riferimento di un movimento.

08 Aprile 2016

Alejandro Ghersi è un ragazzo benestante, nato a Caracas nel 1990. Un’infanzia sviluppatasi, per sua stessa ammissione «in una sorta di bolla», un agio fatto di lezioni di piano, viaggi e quartieri esclusivi: zone di una ricchezza ostentata in ogni angolo. Una serenità apparente in cui non pare poter nascere nulla. Quello vissuto da Arca non è il Venezuela dei narcos, delle difficoltà; è circondato dal benessere tra villette a schiera che paiono fotocopiate.

Alejandro oggi è Arca, uno dei personaggi di rottura più influenti del panorama musicale contemporaneo, un artista che ha permesso a molti di aprire lo sguardo sul futuro di un certo tipo di musica, e non soltanto. Il suono di Arca è multiforme, lo specchio di una molteplicità di caratteri che convivono in lui. Dal 2012 – anno in cui debutta con tre ep, uno più indovinato dell’altro – l’artista venezuelano è riuscito a produrre due degli album più rilevanti degli ultimi anni – Xen, Mutant – collaborare a dischi di artiste come Fka Twigs (ottenendo la nomination al Mercury) e Kelela, per arrivare a mettere la mani sulle produzioni di Yeezus (Kanye è sempre presente) e divenire parte del processo con cui Björk ha realizzato Vulnicura.

L’idea di musica di Arca è un’esaltazione del movimento flessuoso del corpo

Il lavoro di Arca non è soltanto una costruzione sonora, ma una riflessione più ampia sull’identità personale e collettiva, o almeno un tentativo di rivelare le personalità che agiscono all’interno di ognuno di noi. Arca non lo fa con l’ingenuità di certo pop senza struttura; la sua idea di musica è un’esaltazione del movimento flessuoso del corpo. Il suo valore aggiunto è passare dal mostrare gli spazi vuoti e le debolezze di un artista all’essere consapevoli che imbrigliandoli si possa arrivare a produrre qualcosa di fertile ed esplosivo.

I lavori di Arca rientrano in quella che è stata definita una «ricerca del futuro», intesa come un’attenzione agli sviluppi delle identità personali e sessuali moderne, impossibili da ingabbiare entro limiti e confini definiti. La sua produzione è «insieme maschio bianco, diva latina e creatura del futuro». E il suo atteggiamento riprende per certi versi quanto detto da Kurt Cobain: «Se sei razzista, sessista od omofobo non ascoltare la nostra musica». Anche per questo Arca non può soltanto essere guardato come mero e semplice musicista: è in senso più ampio il riferimento di un intero movimento che guarda al futuro come possibile approdo a un’espressione sessuale libera, priva di sovrastrutture.

La figura aliena eppure dal suono così concreto dei giorni di Xen ha lentamente lasciato spazio a una produzione fatta di atmosfere torbide, suoni che sembrano venire da un immaginario onirico. Sono lontani i giorni dei due Stretch, in cui le origini latine venivano sublimate in percussioni ossessive: le voci pitchate e cafone capaci di provocare movimenti simultanei e grevi sono andate scomparendo, non esiste più il Ghersi degli esordi. L’astrazione ha preso il sopravvento, tutto si è fatto più sfumato, come una nebbia di suoni in cui i ritmi hanno perso il primato all’interno dell’umore generale della sua musica.

Nelle ultime settimane anche Iggy Pop pare aver scoperto il talento di Arca, suonando Soichiro nel suo radio show su Bbc 6. Quest’innamoramento fa pensare che ciò che Arca sta realizzando oggi sia davvero quanto di più sovversivo si possa trovare. Alejandro è riuscito a scardinare le resistenze di scene machiste e talvolta misogine, corrompendole. Come un virus incurabile, Arca è entrato in mondi che non gli appartengono per modificarli.

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L’introspezione di Arca si è fatta sempre più dura e cupa: i lead synth hanno mitigato quell’aura di sacralità degli inizi, che ora si è tramutata in un’estasi buia in cui i nervi si torcono seguendo un tremore interno. Il ritmo di “Mutant”, ad esempio, è un groviglio di suoni che nasce ed esplode in maniera quasi dolorosa, il suono di un magnete instabile e deviante. La pressione si fa via via sempre più consistente, come in uno scontro tra identità che non hanno modo di dialogare. Arca è un sudaca che lotta per affermare la sua essenza inserendo autocitazioni dalla sua fase di crescita: un piano in “Sinner”, un accenno di melodia latineggiante in “Anger”. Il suo è un suono ambiguo ma attraente, diverso dalle produzioni a cui siamo abituati.

C’è una grande importanza spirituale nel lavoro di Arca, diretta emanazione del subconscio dell’artista venezuelano. Alejandro non si giudica mentre realizza la propria musica, non lo fa durante i propri live, ha messo da parte il cantato, le influenze R&B, per tirare fuori un suono che fosse il più fedele possibile all’idea che ha di sé e della sua identità contesa.

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