Cultura | Personaggi

Anne Nicole Smith e la maledizione delle Marilyn Monroe

Il suo carisma compensa la sciatteria del documentario Netflix che ne racconta la storia, tipicamente americana, e l'innamoramento per la diva delle dive.

di Laura Fontana

Anne Nicole Smith appartiene a quella stirpe di donne a cui ci si riferisce con accrescitivi: la stangona, la biondona, la sellerona. Alta un metro e ottanta, quarta di reggiseno coppa D, ce la ricordiamo in Italia principalmente per la foto del matrimonio con il miliardario ottantanovenne James Howard Marshall II, lei ventitreenne in abito da sposa gonfio come albume montato a neve, lui in sedia a rotelle. Se siete stati adolescenti maschi negli anni ’90, invece, ve la ricorderete per la copertina di Max: mani a coppa sui seni, posa e capelli da Marilyn Monroe. A fine maggio è uscito su Netflix il documentario Anne Nicole Smith: la vera storia, ennesimo ritratto non-fiction di una star tramontata, tirato fuori dal cilindro dalla piattaforma di streaming sulla scia di altri documentari di successo come quello su Pamela Anderson e Britney Spears.

Il documentario su Anne Nicole Smith non è particolarmente riuscito, forse un po’ frettoloso; si capisce il tentativo di rendere anche lei l’ennesima biondissima e tristissima, “vittima di sé stessa e degli altri”. Ma il carisma di Anne Nicole Smith è tale da riuscire a compensare la sciatteria del documentario: lei è la bad girl con attitudine rock’n’roll, che ha nella bellezza il suo riscatto e la sua maledizione. Lei è l’incarnazione dell’intera discografia di Lana Del Rey. La sua è una storia tipicamente americana: la giovane ragazza che vuole fuggire dalla provincia e dal sottoproletariato bianco, quello che viene definito “white trash”, per diventare ricca e famosa. «Si esercitava in giardino a fare la majorette, fin da bambina era già bellissima. Attirava gli sguardi di tutto il vicinato e a lei le attenzioni piacevano», così la descrive lo zio texano a inizio documentario, facendoci intuire che si parla di qualcuno che ha consapevolezza di come funzionino le cose da quelle parti.

I primi anni sono caratterizzati solo dal desiderio di fuga: scappa dalla scuola, scappa da un’infanzia infelice, scappa dal primo marito sposato da giovanissima. Diventare madre le dà consapevolezza: tutto quello che farà, sarà per il figlio Daniel, per dargli la vita e le cose che lei non ha mai avuto. Per mantenersi lavora in uno strip club, con i soldi risparmiati investe su sé stessa e si rifà il seno. Lì incontra l’altro amore della sua vita, il vecchissimo miliardario James Howard Marshall: non si può dire che non sia stato amore, lei lo coccola e gli sta vicino, lui la copre di soldi e le promette il suo intero patrimonio. Sono entrambi consapevoli della transazione in atto, ma lei non vuole passare per arrampicatrice sociale; prima di sposarlo decide che farà carriera.

Quando si parla di storia “tipicamente americana”, non è vero che qui in Italia riusciamo ad afferrare cosa questo implichi, benché siamo ormai certi di aver capito tutto dell’America. Non basta aver visto tutti quei film e tutte le puntate dei Simpson, neanche se abbiamo pure noi iniziato a festeggiare il Thanksgiving e a guardare il Super Bowl. Questo dipende dal fatto che la propaganda hollywoodiana funziona (e ci mancherebbe), quello che ci sfugge è che indirizzata più agli americani stessi che a noi. Comunque, Anne Nicole Smith aveva capito tutto della società in cui viveva; la promessa della redenzione salvifica e del riscatto attraverso i soldi, il culto della fama. Sa qual è il sacrificio richiesto: per diventare ricca e famosa uccide Vickie Lynn Hogan (cioè la vecchia lei, la bambina povera texana) e prende le sembianze di Marilyn Monroe: si trucca come lei, si fa i capelli come lei, si muove e parla come lei. Lo pseudonimo “Anne Nicole Smith” glielo trova Paul Marciano, capo del marchio Guess, di cui diventa testimonial. La svolta durante un provino per Playboy: «Era la ragazza più bella che avessi mai visto senza trucco. Subito dopo di lei c’era Sharon Stone», racconta la photo editor. Quella copertina la proietta direttamente nell’Olimpo delle celebrità hollywoodiane; seguiranno film e apparizioni televisive, molte altre copertine: il pubblico la ama, la sente vicina (e continua tuttora ad essere molto amata); i media la sfruttano, come lei sfrutta loro.

Nel 1994 il New York Magazine la mette in copertina con il titolo “White Trash Nation“. Lei seduta per terra che mangia delle patatine, stivali texani bianchi, top rosa: farà causa alla testata che non le aveva specificato il motivo dello shooting. Dopo un anno dal matrimonio col miliardario rimane vedova e il figlio di lui gli fa causa. Il processo “Marshall contro Marshall”, su chi si aggiudicherà i soldi del miliardario invade per mesi e mesi i giornali; una specie di processo “Depp contro Heard”, e come in quest’ultimo è la donna che perde la causa. Negli anni successivi la sua carriera si ferma ma viene comunque costantemente seguita dai paparazzi e continua a comparire nei giornali di gossip con foto in cui la si vede ingrassata (simbolo dell’impossibilità del riscatto se vieni da così in basso); è il bersaglio preferito della “macchina del fango”, l’incidente stradale che tutti morbosamente vogliono vedere e su cui vogliono rimanere costantemente aggiornati. Il suo rilancio avviene negli anni 2000 con un reality show di E!, sull’onda del successo degli Osbournes, dimagrisce e si avvia verso il 2007, anno fatale in cui viene trovata morta all’Hard Rock Hotel di Hollywood per via di un collasso dovuto a un mix di farmaci. Stessa morte del figlio Daniel avvenuta cinque mesi prima, trovato da lei accasciato accanto al suo letto d’ospedale, in cui aveva appena partorito la secondogenita.

La storia di Anne Nicole Smith è la lucida rappresentazione di cosa bisogna sacrificare se sei donna per ottenere fama e successo in una società capitalista fondata sulle allucinazioni collettive. La vita di Anne Nicole Smith è l’intera bibliografia di Richard Yates. Tra tutti i dettagli, il suo innamoramento per Marilyn Monroe è quello che dà una sfumatura esoterica alla storia. Ne è stata una grande fan tanto da aver accumulato moltissimi cimeli di Marilyn oltre ad aver abitato anche in una delle sue case, dove ha detto di essere entrata in contatto con il suo spirito. Ma non è l’unica celebrità a subire il fascino di Marilyn, anzi si può dire che ogni donna ascesa allo stardom hollywoodiano a un certo momento della sua carriera è come se dovesse rendere omaggio alla diva delle dive. Che non è Greta Garbo, o Jayne Mansfield o Liz Taylor, ma Marilyn Monroe, quella con la storia più tragica, con l’infanzia caratterizzata da abusi, quella perseguitata e massacrata dal gossip, con una morte misteriosa e tragica.

Basta googlare il nome di qualsiasi celebrità più Marilyn Monroe e viene fuori inevitabilmente il servizio fotografico, o il red carpet col look ispirato a lei. Basti pensare a Kim Kardashian al Met Gala; a Christina Aguilera e Gwen Stefani nella loro fase pin-up, a Lady Gaga che deve aver riprodotto praticamente ogni suo outfit iconico, a Madonna agli inizi della carriera. Non c’è celebrità femminile che non sfugga al “momento Marilyn”, chissà perché (su Internet gira una vecchia cospirazione che lo spiega: Marilyn sarebbe il prototipo della perfetta schiava dell’industria dello spettacolo). Pattern che continua a ripetersi: su TikTok c’è una content creator che si chiama Jasmine Chiswell che è arrivata ad accumulare 16 milioni e mezzo di follower impersonando Marilyn Monroe, di cui ne copia fattezze, capelli, make-up e tono della voce. Tutta una parte dei suoi video è dedicata all’acquisto di una casa in cui sarebbe vissuta l’attrice: lei dice di sentirne la presenza, racconta di attività paranormali, fa continuamente video su cimeli appartenuti a Marilyn e a Joe DiMaggio. Finché qualcuno su Reddit non scopre che non ha acquistato nessuna casa e che l’originalità dei cimeli è molto dubbia, figuriamoci le attività paranormali.

La cosa più inquietante è che la tiktoker a un certo momento ha pubblicato un video in cui piange, in cui fa intendere che ha avuto un aborto spontaneo, che però nel giro di qualche video si risolve: la gravidanza sta andando a buon fine. Voleva forse la tiktoker darsi un tono tragico alla Marilyn Monroe? Può darsi e comunque lo stesso faceva scientemente Anne Nicole Smith: inventava abusi nell’infanzia che non erano i suoi, ma quelli di un’amica; si presentava ubriaca sul palco manifestando “disagi mentali” quando invece una volta scesa, tornava a essere “normale”. A fine documentario, la madre di Anne Nicole racconta una conversazione avuta con lei: «mamma, io faccio più soldi raccontando storie tristi che raccontando storie felici. Io faccio soldi ogni volta che viene fuori il mio nome, questo è lo scopo della mia vita: fare soldi. Ma se racconto una storia brutta, qualcosa di terribile, faccio cinquanta volte i soldi che potrei fare con una storia bella». Una volta un paparazzo ha urlato a Anne Nicole che era meglio di Marilyn e lei gli ha risposto scuotendo la testa: «Never better than Marilyn».