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Anna Wintour ha settant’anni

Una rassegna di articoli per celebrare la straordinaria carriera della direttrice di Vogue Us.

di Studio
02 Novembre 2019

Il 3 novembre Anna Wintour compirà settant’anni. La direttrice di Vogue Us è quel tipo di personaggio pubblico per cui i superlativi e le iperboli si sprecano: è un monumento vivente, è iconica, è leggendaria. E soprattutto è una donna che ha detenuto, e ancora oggi detiene, un grande potere nel suo campo lavorativo. Il suo giornale ha vissuto infatti un lungo periodo di crescita esponenziale, grazie a un bacino di lettori molto ampio e alla sua bravura nell’assicurarsi gli investimenti pubblicitari. Wintour è stata la prima a puntare sulla cultura delle celebrity e ha inventato la formula del Met Gala per rafforzare il brand del suo Vogue, favorendo così un investimento culturale su cui pochi editori avrebbero scommesso (non a caso le è stata intitolata un’ala del Met). Intorno a lei tutto sta cambiando: l’industria della moda e quella dell’editoria che la racconta, eppure Wintour è ancora saldamente al suo posto e sembra essere l’ultimo baluardo di un’epoca ormai agli sgoccioli. Abbiamo scelto alcuni articoli che raccontano i cambiamenti che Vogue e la sua casa editrice hanno attraversato negli ultimi anni, altri che dipingono gli scenari del “dopo Anna Wintour”, altri ancora che ne raccontano la lunga carriera, le difficoltà e i momenti che ne hanno creato il mito. Buona lettura.

“After the Fall of the Glossy Magazine, What’s Left of Condé Nast?”New York Magazine
Nel suo lungo pezzo, Reeves Wiedeman racconta come la casa editrice, simbolo di un certo modo di fare editoria culturale, stia attraversando la crisi del settore. Con la morte di Si Newhouse e l’avvento del primo amministratore delegato al di fuori della famiglia, la storia della Condé Nast sembra una stagione di Succession. Alla domanda su come Instagram ha cambiato l’industria, Wintour risponde che Vogue «è il più rilevante fra gli influencer».

“Imagining a World After Anna”The New York Times
Nel luglio del 2018 le voci delle imminenti dimissioni della direttrice si erano fatte sempre più insistenti, al punto che i vertici della Condé Nast si sono sentiti in dovere di smentire ufficialmente i pettegolezzi. Vanessa Friedman riassume la straordinaria carriera di Wintour, chiedendosi «come e quando» lascerà Vogue, perché un giorno, e quello non è un pettegolezzo, succederà.

“Why Anna Wintour Is (Still) One of Condé Nast’s Most Powerful Assets”Business of Fashion
Anche Amy Odell sul Business of Fashion fa un riassunto della carriera di Anna Wintour, individuandone i momenti più difficili. Una delle cose che Wintour non ha capito (e ha ammesso l’errore, la cui responsabilità è equamente condivisa con molti illustri colleghi e con la casa editrice) è stata la rivoluzione digitale, una tendenza che Vogue non ha saputo anticipare. Eppure il sistema di relazioni che ha costruito durante il suo regno è ancora fondamentale per Condé Nast: una sua eventuale uscita creerà dei vuoti difficilmente riempibili, dice Bof.

“Who Is Anna Wintour Asking Us to Forgive in Her Editor’s Letter?”The Cut
Anna Wintour ha sempre scritto molto poco. Così di fronte al suo editoriale del maggio 2018 in cui chiede di non addossare le colpe di Harvey Weinstein alla moglie Georgina Chapman, proprietaria del brand Marchesa e sua protetta, la direttrice di The Cut Stella Bugbee si è chiesta per chi Anna Wintour stesse cercando di chiedere scusa: per Chapman o per lei stessa? Per molti anni, Weinstein le ha infatti assicurato l’accesso alle giovani attrici, che lei avrebbe messo in copertina o mandato sul red carpet, spesso in Marchesa: posto che nessuna delle due donne è responsabile delle azioni di Weinstein, la scelta di “riabilitare” Chapman, designer tutt’altro che talentuosa, per Bugbee è un modo curioso di utilizzare il proprio potere.

“Anna Wintour: a rare face-to-face with the most important woman in fashion”The Guardian
In questa intervista pubblicata all’inizio di quest’anno, Jess Cartner-Morley cerca di capire chi è davvero Anna Wintour e, soprattutto, come negli anni è riuscita a mantenere il suo ruolo di icona. «Non lavoro per Anna Wintour, lavoro per Condé Nast. Non ho nessun tipo di account sui social media né cerco un riconoscimento personale». Il segreto di Wintour è molto semplice: lavorare duro. Se la direttrice di Vogue Us è diventata un simbolo è anche grazie al suo stile, rimasto quasi invariato dagli anni ’80. «Il suo taglio di capelli è riconoscibile dallo spazio», scrive Cartner-Morley. Wintour commenta così: «Sono un’abitudinaria. Onestamente, Jess, non è qualcosa in cui investo più di tanto tempo. Vengo in ufficio e faccio il mio lavoro».

“Dressed to Kill”The New Yorker
Il 2 luglio 2006 David Denby recensisce Il diavolo veste Prada sul New Yorker, definendo il ruolo di Meryl Streep nei panni della boss-lady Miranda Priestly «il più devastante nella storia del cinema». Il personaggio dell’editor di Runway è ovviamente ispirato ad Anna Wintour: come ricorda Denby il film è ispirato a un romanzo del 2003 di Lauren Weisberger, scritto dopo aver lavorato per meno di un anno come assistente di Wintour. Se il libro è intriso da un irritante tono autocommiseratorio, spiega il critico, il film, rinunciando alle lamentose banalità della voce narrante, diventa comico e acuto. Allo stesso modo la direttrice perde i connotati della perfida boss senza cuore e diventa un personaggio perfetto, ammaliante, ambiguo, tanto spietato quanto fragile e geniale.

“The Summer of Her Discontent”New York Magazine
È emozionante leggere oggi questo lungo articolo pubblicato nel 1999, nel momento della crisi di Anna Wintour: «negli ultimi mesi», scrive Kevin Gray, «la sua facciata da regina dei ghiacci ha iniziato a sciogliersi». Per la prima volta nella sua vita professionale Wintour è stata percepita come umana e vulnerabile: per la notizia della separazione, dopo 15 anni, dallo psichiatra infantile David Shaffer («gli amici dicono che è ossessionata dal suo matrimonio fallito e preoccupata per l’impatto che un brutto divorzio avrà sui suoi figli, di 11 e 13 anni») e per via del “tradimento” dell’allora 35enne Kate Betts, principale luogotenente di Wintour da Vogue, passata al rivale Harper’s Bazaar. «Gli amici dicono che è stremata, annoiata dalla moda. “La sensazione generale è che le persone stiano abbandonando Anna”, afferma un editore di Vogue. “E che il suo cuore non sia più qui.” A novembre compirà 50 anni», scrive Gray. Chi l’avrebbe mai detto: adesso ne ha 70, ed è ancora lì.

“Go Ask Anna” – Vogue Us
La rubrica video di Vogue Us in cui la direttrice risponde alle domande (preparatissime ma non per questo meno divertenti) di passanti e celebrity. L’ultimo episodio è con Rihanna in occasione della cover di ottobre.

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