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Perché Anatomia di una caduta, nonostante il successo, non rappresenterà la Francia agli Oscar?

Pur avendo vinto il Golden Globe, il celebrato e di successo film di Justine Triet non è stato scelto dalla Francia come candidato al premio per il Miglior film internazionale. Per molti è solo una questione politica.

di Studio
18 Gennaio 2024

Anatomia di una caduta è uno dei migliori film usciti nel 2023 e uno dei maggiori successi prodotti dall’industria cinematografica francese in questo decennio. L’hitchcockian procedural thriller – così lo descriveva Variety quando per primo ne annunciò la produzione – diretto da Justine Triet è stato premiato nei festival di mezzo mondo, a partire ovviamente da quello di Cannes. Il successo di Anatomia di una caduta comincia lì, con la lunghissima standing ovation alla fine della prima, l’abbraccio liberatorio tra Triet e l’attrice Sandra Hüller (Triet ha detto di aver scritto il film «per lei», dando per scontato dall’inizio che a interpretare il personaggio di Sandra Voyter sarebbe stata Hüller). E poi la vittoria della Palma d’Oro, che tutti gli addetti ai lavori pensavano sarebbe stata l’inizio di una cavalcata trionfale che sarebbe arrivata fino al Dolby Theatre di Los Angeles, fino all’Oscar per il Miglior film internazionale. Tutti lo pensavano fino a quando Triet è salita sul palco, ha preso in mano la statuetta consegnatale da Jane Fonda, ha avvicinato la bocca al microfono e ha iniziato a parlare. I ringraziamenti di rito, poi l’attacco.

«Questo Paese è stato scosso da un movimento di protesta senza precedenti che si è pronunciato in maniera forte e unanime contro la riforma del sistema pensionistico. […] Le proteste sono state vietate e represse in maniera sconvolgente, e questo potere irrefrenabile, abituato ormai a sovrastare, si manifesta in diverse forme. Ovviamente, le questioni sociali sono quelle che ci stravolgono più di tutte, ma questo potere lo vediamo all’opera anche nel resto della società, e l’industria cinematografica non è stata certo risparmiata». Indifferente sia agli applausi che ai fischi del pubblico del Teatro Lumière, Triet ha continuato a parlare, accusando il «neoliberista» governo francese di promuovere la «commodification della cultura» e di voler «fare a pezzi l’eccezionale modello francese».

Il discorso di Triet è diventato immediatamente l’apertura di tutti i siti d’informazione – cinematografica e non – francesi, e poi una delle notizie principali sui quotidiani nazionali usciti il giorno dopo. Tra i primissimi a commentare le sue parole c’è stata l’allora ministra della Cultura francese, Rima Abdul Malak, che su X ha scritto di essere rimasta «esterrefatta da un discorso tanto ingiusto. Questo film non sarebbe mai stato fatto se non fosse stato per il modello francese di finanziamento del cinema, che ci permette di avere una varietà unica nel mondo. Non dimentichiamocelo». Nei giorni successivi Triet ha ribadito che ritiene fondamentale per il futuro del cinema francese crescere una nuova generazione di autori, ai quali deve essere data la possibilità di fare film liberi dall’incombenza del successo commerciale. Triet ha raccontato che non tutti i suoi film hanno incassato bene – il suo primo successo vero e proprio è stato Victoria, 700 mila biglietti venduti in Francia – ma che il sistema francese le ha permesso di continuare a fare la regista.

Certezze ovviamente non ce ne saranno mai, ma secondo diversi addetti ai lavori è stato quel discorso di Triet a negarle la possibilità di competere ai prossimi Oscar come candidata francese al premio per il Miglior film internazionale. Anatomia di una caduta era tra i cinque film scelti dalla commissione francese come potenziali candidati, assieme a La Passion de Dodin Bouffant di Trần Anh Hùng, Goutte d’Or di Clément Cogitore, Le Règne animal di Thomas Cailley e Sur les chemins noirs di Denis Imbert. Alla fine però la scelta della commissione è caduta su La Passion de Dodin Bouffant, film che negli Stati Uniti è stato recensito benissimo ma in Francia è stato invece accusato dalla critica di perpetrare ridicoli stereotipi sulla cultura francese (il sottotesto: ed è esattamente per questo che agli americani è piaciuto tanto). La mancata candidatura di Anatomia di una caduta ha lasciato così interdetti che per spiegarla sono emerse le teorie più curiose. Una, partita da Reddit, diceva che in realtà il film non poteva essere candidato perché violava le regole dell’Academy in fatto di percentuale di dialoghi in lingua inglese. Ovviamente la decisione della commissione francese non aveva nulla a che vedere con questioni linguistiche: in fase di scrittura Triet è stata attentissima a non superare il limite – il 40 per cento di parole inglesi sul totale di parole pronunciate nel film – oltre il quale la candidatura all’Oscar per il Miglior film straniero diventa impossibile.

Nessuno ammetterà mai che la questione è politica. Ma è vero che Triet nel suo discorso di Cannes ha toccato questioni delicatissime in Francia. La riforma del sistema pensionistico approvata dal governo è stata una delle più avversate della storia recente del Paese. Le proteste hanno bloccato la Francia per settimane e il festival di Cannes ha rischiato di essere tirato in mezzo: prima dell’inaugurazione si temeva davvero un sabotaggio dell’evento da parte dei sindacati, si diceva che i lavoratori avrebbero staccato la corrente elettrica durante i red carpet e nel mezzo delle proiezioni. E poi, quell’accusa di Triet al governo, quella di «voler fare a pezzi l’eccezionale modello francese». È vero che negli ultimi anni il cinema d’autore (cioè le produzioni piccole, indipendenti) in Francia è finito sotto accusa, ritenuto responsabile dei pessimi risultati commerciali registrati in patria e all’estero. Figure di rilievo nella politica e nell’industria ne hanno approfittato per insinuare l’obsolescenza del modello francese, fondata sul centralismo istituzionale rappresentato dal Centre National du Cinéma et de l’Image Animée, su un ricchissimo sistema di finanziamenti a fondo perduto, corsi di formazione gratuiti, incentivi fiscali e prestiti. E, soprattutto, sul principio dell’avance sur recettes istituito nel ’59 dal ministro Malraux, caposaldo di un sistema di sostentamento che prevede che una parte degli incassi di cinema, televisioni e home video serva a finanziare le nuove produzioni (ogni anno se ne finanziano per circa 30 milioni di euro in questa maniera). Ognuno deve mettere la sua quota parte, insomma. E quanto prendere e a chi dare lo decide lo Stato.

È su questo sistema che si fonda l’exception culturelle française. Negli ultimi tempi, però, il sistema è stato messo in discussione. C’entrano le piattaforme streaming, impegnate da anni in una battaglia per cambiare le rigidissime regole francesi – pensate per proteggere gli esercenti, soprattutto i più piccoli – in fatto di distribuzione. E c’entrano i pessimi incassi registrati dai film d’autore francesi dal 2016 in poi, soprattutto all’estero: dal 2005 al 2016, tredici film francesi distribuiti in Europa erano stati visti ognuno da almeno un milione di persone. Dal 2016 in poi non ci è riuscito nessun film tranne proprio Anatomia di una caduta, che in Francia ha incassato 10 milioni di euro tra fine agosto e inizio dicembre 2023 (dieci volte di più di La Passion de Dodin Bouffant), tre milioni e mezzo di dollari negli Stati Uniti, 22 milioni di euro in tutto il mondo. Un successo che alcuni spiegano con il ritorno al “dramma borghese” dopo anni in cui il cinema indipendente francese ha raccontato soprattutto il nuovo proletariato urbano: si fa spesso il paragone tra Anatomia di una caduta e Les Misérables di Lady Ly, candidato all’Oscar nel 2020 (Miglior film internazionale) ma visto in patria da meno di 400 mila persone.

Anatomia di una caduta ha unito al successo commerciale un’approvazione della critica pressoché unanime: negli ultimi mesi Triet ha girato il mondo ritirando premi, il film ha vinto tutto quello che c’era da vincere agli European Film Awards, è stato premiato con il Golden Globe per il Miglior film straniero e per la Migliore sceneggiatura, e gli addetti ai lavori danno come probabile almeno (ma non solo) la nomination all’Oscar per la Miglior sceneggiatura originale. Dalla vittoria della Palma d’oro a Cannes, Triet non è più intervenuta nella discussione che lei stessa aveva cominciato. Solo in un caso ha rotto il silenzio: quando la Francia ha annunciato la candidatura di La Passion de Dodin Bouffant. In quei giorni, Triet ha condiviso una serie di storie sul suo profilo Instagram che definivano il film come «piuttosto noioso».

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