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Negli “all you can eat” non si può davvero mangiare tutto quello che si vuole

Qualche giorno fa, in Germania, il triatleta Jaroslav Bobrowski è stato scacciato (ed esiliato a vita) da un ristorante di sushi “all you can eat”. La sua colpa è stata quella di aver mangiato «dozzine di piatti di pesce crudo», una quantità di cibo in grado di sfamare cinque adulti e che il proprietario del locale ha ritenuto eccessiva. Il che cozza con il concetto stesso di all you can eat.

C’è dunque un limite a tutto quello che puoi mangiare in un ristorante che porta questo nome? Se l’è chiesto Mel Magazine, scoprendo che il caso del triatleta tedesco non è un unicum. Anche all’americano Bill Wisth è toccata la stessa sorte, anche lui buttato fuori da un all you can eat di pesce fritto con l’accusa «di non aver lasciato nulla agli altri clienti». E, ancora, c’è la famigliola della Florida mandata via dal locale per aver esagerato con le chele di granchio.

Sono quelli di sushi gli all you can eat più “a rischio” (Photo by Michael Buckner/Getty Images)

Insomma, all you can eat sì, ma con moderazione. Perlomeno per quel che riguarda le pietanze più pregiate del menù. Se non si è mai sentito di nessuno redarguito per aver mangiato troppe patatine è perché sono i gestori stessi che sperano che i loro clienti si abbuffino di carboidrati a basso costo. Secondo una ricerca di Bussiness Insider, uno dei trucchetti più usati dai ristoratori è piazzare  al buffet pane, grissini e patate in prima fila. Così che i clienti, colmi di zuccheri, non abbiano più spazio per altro.

La stessa tattica risiede dietro la scelta dei bicchieri che, negli all you can eat, sono sempre enormi. Il motivo è semplice: più coca-cola il cliente beve, prima sarà sazio. I piatti, al contrario, sono più piccoli della media, più facili da riempire. Anche se sembra che il motivo per cui gli all you can eat continuano a far fortuna è che per ogni triatleta affamato c’è un fissato della dieta la cui inappetenza bilancia la voracità del tavolo accanto.