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Ferrero (e la Nutella) va così bene che starebbe per comprare la Kellog’s Per una cifra che si aggira attorno ai tre miliardi di dollari. Se l'affare dovesse andare in porto, Ferrero diventerebbe leader del settore negli Usa.
Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.
Nell’internet del futuro forse non dovremo neanche più cliccare perché farà tutto l’AI Le aziende tech specializzate in AI stanno lanciando nuovi browser che cambieranno il modo di navigare: al posto di cliccare, chatteremo.
Trump si è complimentato con il Presidente della Liberia per il suo inglese, non sapendo che in Liberia l’inglese è la prima lingua Joseph Boakai, nonostante l'imbarazzo, si è limitato a spiegargli che sì, ha studiato l'inglese nella sua vita.
Ed Sheeran si è dato alla pittura e ha provato a imitare Jackson Pollock con risultati abbastanza discutibili Ma almeno si è sforzato di tenere "bassi" i prezzi delle sue "opere": meno di mille sterline a pezzo, che andranno tutte in beneficienza.
Dopo l’ultimo aggiornamento, Grok, l’AI di X, ha iniziato a parlare come un neonazista In una serie di deliranti post uno più antisemita dell'altro, Grok è pure arrivato a ribattezzarsi "MechaHitler".
La novità più vista su Netflix è un documentario su una nave da crociera coi bagni intasati Si intitola Trainwreck: Poop Cruise, è in cima alla classifica negli Stati Uniti ed è popolarissimo anche nel resto del mondo.

La guerra in Ucraina, vista dalle donne filo-Putin

Sono infermiere improvvisate, cuoche volontarie e vecchie fedeli alla patria ortodossa. Nell'Est ucraino anche fidanzate e mogli hanno scelto di lottare per l'indipendenza. E per ripetere in coro: «La Russia è nash dom, casa nostra»

01 Luglio 2014

La causa scatenante della crisi ucraina è stata il contrasto tra, da un lato, il popolo desideroso di entrare a far parte dell’Unione europea, e dall’altro una politica filo-russa. Proprio per queste ragioni quanto accaduto lo scorso 27 giugno sarà sicuramente ricordato come un passaggio storico: l’Ucraina e Bruxelles hanno infatti sottoscritto un accordo di associazione, firmato dal presidente ucraino Petro Poroshenko e dai leader degli altri paesi Ue. Lo stesso è accaduto con Georgia e Moldavia. In occasione della ratifica, il premier ucraino ha anche dichiarato di aver prorogato la tregua con la Russia, che doveva scadere la mattina del 27 giugno alle 10, di altre 72 ore. La reazione di Mosca è stata molto dura e, secondo il vice ministro degli Esteri russo Grigori Karasin, l’accordo di libero scambio fissato avrà «gravi conseguenze». Nel frattempo il numero di ucraini fuggiti in Russia sale a undici mila, mentre quello degli sfollati interni al paese a 54 mila. La fotografa Michela Iaccarino ha scelto di documentare le conseguenze della rivoluzione ucraina e dell’annessione della Crimea da parte della Russia dal punto di vista dei filorussi. È stata nelle città dell’Est ucraino, a maggioranza russofona, dove le truppe dell’esercito governativo si stanno scontrando con le milizie di ucraini filo-russi che si sono formate: i suoi scatti raccontano la quotidianità delle donne che combattono per la formazione di una Nuova Russia. Ecco il testo da lei redatto per presentare il suo progetto fotografico.

La guerra dell’Est

Dopo la rivoluzione di Maidan Nezalezhnosti culminata nel febbraio scorso con la cacciata dell’ex presidente Viktor Yanukovic, dopo l’annessione subitanea della penisola di Crimea alla Federazione Russa, altri venti di battaglia si sono levati  negli ultimi mesi in Ucraina.

In poche settimane la rivolta popolare che ha portato alla creazione delle Repubbliche autoproclamate a Donetsk e Lugansk è divenuta guerra in questo pezzo di terra ad est di Kiev, ribattezzato dai ribelli Nuova Russia. Molti hanno deciso di imbracciare le armi. La vita quotidiana degli uomini in divisa, per il bicolore ucraino o per il tricolore russo, scorre dallo scorso aprile tra basi militari, rifugi di fortuna, barricate, checkpoint, dormitori divenuti caserme, campi di allenamento negli edifici occupati dai ribelli del Donbas. Con l’arrivo della guerra, dal capoluogo regionale di Donetsk fino alla città roccaforte filorussa di Slavjansk, dove mantiene il comando il moscovita Igor Ghirkin, nome di battaglia Strelkov, la scelta di una barricata è arrivata per gli uomini quanto per le donne, volti sconosciuti di un conflitto che sta continuando a mietere vittime tra la popolazione civile.

Le donne del Donbas sono madri con figli, fidanzati o mariti al fronte, nostalgiche filosovietiche o filorusse, infermiere improvvisate, aspiranti combattenti sulla barricata che rimangono di guardia per dare il cambio a uomini stanchi. Sono cuoche volontarie al seguito di un battaglione per sfamare le divise in riposo dopo la trincea, manifestanti in prima linea per il riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche Popolari dopo il referendum dello scorso 11 maggio. Sono vecchie fedeli a quella patria ortodossa perduta, e ora di nuovo promessa, per chi guarda con speranza a una prossima mossa del Cremlino.

Na voine kak na voine, in guerra come in guerra: quando lo dicono le loro voci parlano spesso in coro. «La Russia è un’anima, la Russia è nash dom, casa nostra». Prima sovietiche, poi ucraine, abitanti di quel microcosmo dell’Est ancora in guerra con l’Ovest di Kiev, queste dame di guerra si sono da settimane dichiarate le «nuove russe».

*

Questo reportage fa parte del progetto +380 (il prefisso telefonico dell’Ucraina) dedicato ai volti nascosti di un Paese con diverse anime, lacerato tra Est e Ovest. +380 è un progetto di Fabrica, centro di ricerca sulla comunicazione di Benetton Group.

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