Cosa abbiamo letto ad aprile in redazione.
Il trailer della nuova serie di Refn è molto promettente
«A volte le cose più strane arrivano in modi misteriosi, e questa è una di quelle», dice Refn di Copenhagen Cowboy, la sua serie Netflix prevista per la prima mondiale il 9 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia. Come scrive Variety, ci sono voluti una pandemia e un lockdown perché il regista di Drive, Only God Forgives e The Neon Demon tornasse a girare nella sua Danimarca, dove aveva realizzato la trilogia di Pusher all’inizio della carriera. Non è la prima volta che Refn sperimenta col formato della serie tv: nel 2019 su Amazon Prime Video era uscita Too Old to Die Young. Ambientata nella Los Angeles notturna tanto cara al regista, con Miles Teller nel ruolo di un poliziotto silenzioso, in lutto per la recente perdita del suo partner, più che a una serie Too Old to Die Young assomigliava a un film di tredici ore (o 10 film della durata di un’ora): un tripudio di scene al buio illuminate soltanto dalle luci dei neon, per la gioia degli adepti del Refn-verse. Le stesse che ritroviamo nel trailer di Copenhagen Cowboy, solo che qui la sperimentazione ha raggiunto un livello superiore.
«Ero bloccato in Danimarca con la mia famiglia e mi è venuta un’idea», ha raccontato Refn a Variety, commentando il fatto che sua moglie, Liv Corfixen, sia la produttrice esecutiva della serie, e le sue due figlie, Lola e Lizzielou, le protagoniste insieme all’attrice danese Angela Bundalovic. «È diventato un meraviglioso processo creativo in cui non vivevo più in due mondi separati come creatore di giorno e padre di famiglia di notte. È un nuovo capitolo nel mio modo di lavorare ma anche nelle nostre vite». In realtà, neanche questa è una prima volta: Refn aveva già mescolato lavoro e famiglia nel 2014. Il documentario My Life Directed By Nicolas Winding Refn, diretto da sua moglie Liv Corfixen, raccontava i (difficili) mesi passati a Bangkok insieme alle figlie per seguirlo durante le riprese di Only God Forgives.
Guardando il trailer di Copenhagen Cowboy non è facile capire di cosa si tratti (non che la trama abbia mai contato qualcosa per i refners). Sappiamo che ci sarà «un elemento fantasy alla Hans Christian Andersen» perché l’ha detto lui stesso a Variety. Per il resto è un susseguirsi di tipiche scene alla Refn – nightclub, gangster, sangue (forse di maiale, visto che il regista è stato accusato di averne ucciso uno sul set), tatuaggi, lanterne, lucine nel buio – forse ancora più artefatte del solito, in cui s’intravede perfino (all’inizio) una specie di ultima cena ovviamente illuminata da una luce rosa-violetta. Per capirci qualcosa meglio leggere la descrizione del video che definisce Copenhagen Cowboy «una serie noir elettrizzante e intrisa di neon» che segue la giovane ed enigmatica eroina Miu. Dopo una vita passata a servire gli altri e sull’orlo di un nuovo inizio, Miu attraversa l’infausto paesaggio degli inferi criminali di Copenaghen. Alla ricerca della giustizia e della vendetta, incontra la sua nemesi, Rakel, mentre si imbarcano in un’odissea attraverso il naturale e il soprannaturale. Il passato alla fine trasforma e definisce il loro futuro, poiché le due donne scoprono di non essere sole, ma tante».

La band hip hop irlandese viene da anni di provocazioni ed esagerazioni alle quali nessuno aveva fatto troppo caso, fin qui. Ma è bastata una frase su Gaza, Israele e Stati Uniti al Coachella per farli diventare nemici pubblici numero 1.

Ancora più dei suoi romanzi precedenti, Vanishing World , appena uscito per Edizioni E/O, sembra scritto da una macchina senza sentimenti che ci mostra tutte le variabili possibili e immaginabili della stupidità umana.