“Yaju & U” è la prima canzone interamente, esplicitamente fatta con l'AI a raggiungere un tale successo. Facile prevedere che non sarà l'ultima.
Twitter consentirà ai suoi dipendenti di lavorare da casa per sempre
Sono molte le realtà che hanno invitato i propri dipendenti ad adottare pratiche di smart working, lavorando, ove possibile, da casa. Tra queste, anche Twitter, che dopo aver reso il lavoro da casa obbligatorio dall’11 marzo, ha diffuso una comunicazione invitando caldamente i propri impiegati a lavorare in remoto: e se lo desiderano, per sempre.
È quanto ha dichiarato l’amministratore delegato Jack Dorsey in un’email inviata a tutta l’azienda martedì 12 maggio: ma non si tratta di un obbligo, ha scritto – tranne che nel caso degli uffici Twitter a Hong Kong, in Giappone e in Corea del Sud, dove vigono restrizioni governative – quindi i dipendenti che preferiranno recarsi comunque al lavoro, al momento opportuno, potranno farlo. Un portavoce di Twitter ha confermato la decisione al Guardian, affermando che la società è stata «una delle prime aziende a passare a un modello da lavoro a casa. Gli ultimi mesi ci hanno dimostrato che possiamo farlo funzionare, anche per periodi di tempo lunghissimi. Quindi, se i nostri dipendenti hanno un ruolo e una situazione tale per cui sia per loro preferibile lavorare da casa, potranno farlo per sempre».
Tra le motivazioni, il fatto che quando decideranno e potranno aprire gli uffici in relazione all’allentamento delle misure dei diversi Paesi, «la situazione sarà complicata, e magari l’atmosfera non sarà nemmeno più bella come prima. Ci saranno turni, una maggior attenzione, e proprio per questo chi vorrà rimanere a casa a lavorare potrà tranquillamente farlo», ha continuato il portavoce. Nel frattempo, mentre su scala mondiale le aziende stanno cercando di sviluppare e pensare a modelli per un graduale ritorno in ufficio (utilizzeremo di nuovo i cubicoli?), Google e Facebook hanno esteso le loro politiche sul lavoro da casa al 2021, mentre Amazon fino almeno all’inizio di ottobre.

Se ne sta parlando moltissimo dopo la denuncia della scrittrice Carolina Capria: il gruppo, a cui erano iscritti 32 mila uomini, è rimasto aperto e pubblico per 6 anni, sfuggendo a ogni moderazione.

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