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Tutti i media hanno ripreso un articolo di Reuters sulla vibrazione atmosferica indotta, che però non c’entra niente con il blackout iberico (e forse non esiste) E infatti Reuters quell'articolo è stata costretta a cancellarlo.
La chiusura della più famosa sauna di Bruxelles è un grosso problema per la diplomazia internazionale A Bruxelles tutti amano la sauna nella sede della rappresentanza permanente della Finlandia. Che ora però resterà chiusa almeno un anno.
C’è un cardinale che potrebbe non partecipare al conclave perché non si riesce a capire quando è nato Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha 80 anni o 79? Nessuno riesce a trovare la risposta.
La Corte europea ha vietato ai super ricchi di comprarsi la cittadinanza maltese Per la sorpresa di nessuno, si è scoperto che vendere "passaporti d'oro" non è legale.
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Nella classifica dei peggiori blackout della storia, quello in Spagna e Portogallo si piazza piuttosto in basso Nonostante abbia interessato 58 milioni di persone, ce ne sono stati altri molto peggiori.
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Il Sorrentino del futuro

La tv, i film in cantiere, l'apertura ai social: progetti e trasformazioni del regista più internazionale d'Italia.

07 Agosto 2019

Non esiste un solo Paolo Sorrentino. Ce ne sono tanti, come tanti sono i suoi film. C’è quello ancora profondamente legato a Napoli, che la mostra e la rimira, che la racconta e la rende immortale; e c’è quello romano, più maturo, che ha fatto fortuna vincendo un Oscar. Ma c’è anche il Paolo Sorrentino cinematografaro (non cinematografico, attenzione), e il Paolo Sorrentino televisivo (anche se, dice lui, quelli che gira sono sempre film, mai serie tv).

C’è il Sorrentino drammatico e innamorato, di un romanticismo da torcersi le budella, e c’è il Sorrentino divertente e divertito, che ammicca, sfotte, ride; che quando meno te l’aspetti infila una battuta in un monologo serissimo, e ti scalza. C’è il Sorrentino felliniano, c’è il Sorrentino più sorrentiniano, e c’è il Sorrentino più selvaggio, animale di mezzo, che oramai lavora più con l’America e con gli americani che con gli italiani.

C’è il Paolo Sorrentino ultras, tifoso del cuore del Napoli, che per scaramanzia elimina una scena da The Young Pope; e c’è il Paolo Sorrentino laico, poco fedele, molto razionale. Lui dice: tutte le mie storie sono storie d’amore. E anche Loro, epopea berlusconiana in chiave grottesca, con un Toni Servillo fuori scala, lo è. Da una parte c’è l’uomo, innamorato, narciso, autodistruttivo; dall’altra c’è la donna, la Veronica Lario di Elena Sofia Ricci.

Infine, ci sono il Sorrentino del presente, quello del passato e quello del futuro: uno che è, uno che è stato e sempre sarà; e uno che sta per essere. È il Sorrentino di Youth, che pronto a esordire in televisione già si schermava con un bellissimo monologo a tema affidato a Jane Fonda. Il Sorrentino del futuro è il Sorrentino che ha girato The New Pope, che si prepara a tornare a Venezia per presentare una serie tv; che lavora con Wildside e Lorenzo Mieli, che va e viene da Los Angeles, che ha trovato in Sky la sua nuova casa.

Ma il Sorrentino del futuro è anche quello che è stato chiamato per dirigere Mob girl, il nuovo film con Jennifer Lawrence (e co-prodotto dalla società dell’attrice). È il regista con cui, ammette Woody Harrelson, gli piacerebbe lavorare. È un genio, un visionario, un artista (parole riprese a caso, in nessun ordine, di Jude Law. È pure il regista che dovrebbe – dicono, non si sa; forse – dirigere la messa in scena televisiva della Elvira di Toni Servillo, amico-fratello-papà. Ed è pure quello che, mai fermo, sta già pensando a un nuovo film con Nicola Giuliano di Indigo. Ma è soprattutto, questo Sorrentino dell’avvenire, lo scrittore di Hanno tutti ragione, che musicava le parole come un compositore.

Questo Paolo Sorrentino, questo regista, è il regista che più e meglio d’altri, in questi anni più recenti, sta portando il nostro cinema ovunque nel mondo; che è riuscito a confermarsi, senza farsi odiare, quando è passato al piccolo schermo. Vorrebbe dirigere un action, e una volta, in conferenza stampa, scherzò dicendo che gli piacerebbe firmare uno 007. È uno pronto al cambiamento, e infatti per Mob girl non scrive lui, ma lascia che sia qualcun altro a mettere insieme la sceneggiatura (e poi, chissà, la ritoccherà).

Il Sorrentino del futuro è l’insieme di tutti gli altri Sorrentino che abbiamo già elencato, che in più si apre ai social network (il suo arrivo su Instagram, sorpresa delle sorprese, è stato salutato come un piccolo miracolo); che è più attento alla comunicazione e al contatto con l’esterno (il Sorrentino del passato, forse, non avrebbe accettato di sedersi con Raffaella Carrà, mentre era al lavoro su una serie difficile come “The New Pope”). È un insieme d’etichette e d’etichettature, e questa cosa la sa, la sa bene; se ci combatte, oramai ci combatte silenziosamente. Ai critici – alti, bassi, quelli della carta stampata e quelli online – piace scrivere di lui; ed è un piacere malvagio, sincero, un piacere che spesso si conclude con una recensione ferocissima, e che sembra riportarci tutti in un’epoca andata: quella in cui un certo giornalismo contava, ma contava sul serio.

Metteteci i premi, metteteci i libri; metteteci le imbeccate delle interviste, e poi l’ironia – il lungo cortometraggio con i The Jackal, prima dei David di Donatello, ne è un ottimo esempio. Eccovelo, quest’uomo del futuro: regista, napoletano d’origini, romano d’adozione; armato di camera, artigianale, profondamente scrittore.

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