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Le 22 mila persone obbligate a pulire bagni dai Termini di servizio di un wifi

Tim Berners-Lee, mediaticamente ribattezzato “il padre del web”, all’inizio dell’anno ha elencato le sue preoccupazioni principali riguardanti la rete che ha contribuito a creare: tra queste, c’erano i cosiddetti “Termini di servizio”, ossia i contratti legali tra gli utenti fruitori di un determinato servizio digitale (da Google all’app più sconosciuta) e i suoi gestori, che ultimamente sono sempre più densi di interminabili disclaimer e sotto-punti. Per dimostrare la pericolosità insita in questi strumenti a cui di norma prestiamo la nostra adesione senza un battito di ciglia, riporta Gizmodo, una società di comunicazione specializzata in servizi wifi ha inserito le condizioni più assurde, a cui poi migliaia di persone hanno inconsapevolmente detto “sì”.Purple è una compagnia basata a Manchester che gestisce hotspot wifi per diversi brand. La scorsa settimana, la società ha posto fine a un esperimento di due settimane in cui il suo “Service Agreement” aveva visto spuntare una “Community Service Clause” molto sui generis; chi la sottoscriveva era tenuto, a totale discrezione di Purple, a:

1. Pulire da rifiuti animali i parchi locali;
2. Fornire abbracci a cani e gatti randagi;
3. Rimuovere manualmente intasamenti dai sistemi fognari;
4. Pulire i bagni mobili usati a festival ed eventi locali;
5. Colorare i gusci delle lumache per illuminare le loro vite;
6. Grattare via i chewing-gum dai marciapiedi.

La notizia è che più di 22 mila persone hanno accettato a dedicarsi a un migliaio di ore di lavoro umile o completamente nonsense, e tutto per poter accedere a una linea wifi. Purple aveva anche previsto un premio speciale per chi avesse chiesto spiegazioni dell’insolito documento: l’ha vinto una persona sola. Non è chiaro, dice Gizmodo, se la società ora sarebbe davvero legalmente abilitata a richiedere i servigi di quei ventimila spazzini inconsapevoli, ma i suoi rappresentanti hanno già dichiarato che non impugneranno la loro parte dell’accordo.

Immagine in evidenza Getty Images