Attualità

Un blocco di materia da scolpire

Esempi nobili di nonfiction, croce e delizia di lettori e autori allo stesso modo, e qualche appunto su come realtà e sua rappresentazione possano influenzarsi a vicenda, in attesa di parlarne a Studio in Triennale.

di Cristiano de Majo

Venerdì 21 alle 18.30 a Studio in Triennale, avremo ospiti Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera, il cantautore Niccolò Contessa de I Cani, il produttore Lorenzo Mieli, Francesco Anzelmo, editor della saggistica di Mondadori e il nostro Cristiano de Majo, scrittore e collaboratore del nostro giornale. Si parlerà di come cambia l’apporto della nonfiction alle produzioni creative e di come le storie che ci piacciono sono sempre più reali, o tratte da cose realmente avvenute.
A proposito di questi temi, lo stesso Cristiano de Majo ha stilato una lista di esempi particolarmente riusciti di elaborazione del genere. Perché in fondo la nonfiction è questo: un blocco di materia da scolpire.

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The Act of Killing di Joshua Oppenheimer è un film documentario uscito nel 2012, frutto di un lavoro durato sette anni trascorsi dal regista sul campo in Indonesia. La cinepresa segue due boia del regime indonesiano responsabili di torture e omicidi nei confronti dell’opposizione comunista, mentre i due si fanno incredibilmente convincere a interpretare come attori, e in travestimenti sempre più ridicoli, le scene di orrore di cui sono stati veramente protagonisti vent’anni prima. Il film rappresenta la contraddizione in termini di un documentario in cui si recita.

— Nel 1960, Truman Capote viene inviato dal New Yorker in Kansas per un reportage sull’efferato omicidio di una famiglia di contadini. Ci lavorerà sei anni, componendo A sangue freddo, uno dei più importanti romanzi del Novecento. Scritto in terza persona, racconta un fatto veramente successo, con nomi veri. Ma è una ricostruzione che si prende moltissime libertà.

Storie di farfalle è un romanzo (?) scritto da William Vollmann in cui l’autore definendosi in terza persona «il giornalista» racconta di un suo lungo viaggio in Thailandia in cerca di esperienze in prima persona con la prostituzione. Non tratta l’argomento con la tipica morbosità usata da programmi come Le iene. Non c’è neanche denuncia delle condizioni di semi-schiavitù in cui sono ridotte le prostitute thailandesi. A chi non l’ha letto sembrerà strano, ma Storia di farfalle è un libro sull’amore.

— In Gomorra di Roberto Saviano, un ragazzo, usando le radiofrequenze della polizia riesce ad arrivare sempre per primo sui luoghi degli omicidi della camorra. Sembra quasi che nessuno meglio di lui sappia cosa succede a Scampia o a Casal di Principe. Verità? Finzione? Romanzo? Inchiesta giornalistica? A distanza di dieci anni, le cose restano tuttora poco chiare. Ed è un bene.

Intervistata dalla Paris Review, Joan Didion, autrice sia di fiction che di nonfiction ha paragonato la scrittura della nonfiction alla scultura – «lavorare sulla forma della ricerca fino a raggiungere la cosa finita» – e quella dei romanzi all’acquerello.

— Dal 1960 al 1985 l’artista ceco Miroslav Tichy vive in una baracca di legno dove si costruisce da solo, con materiali di risulta, stranissime macchine fotografiche. Ogni giorno esce e fotografa soprattutto donne, spiando e rubando le loro espressioni e le loro parti anatomiche. Una volta stampate, le fotografie vengono esposte alle condizioni atmosferiche, alla pioggia e al sole che le consumano e corrompono. Come chiamare tutto questo?

Le cose belle è un semisconosciuto documentario italiano del 2013, firmato da Agostino Ferrente e Giovanni Piperno. In una prima parte, girata nel 1999, si succedono le interviste di quattro ragazzini napoletani, incentrate sui loro sogni e le loro speranze. Nella seconda parte, girata dai dieci ai dodici anni dopo i registi incontrano quegli stessi ragazzini ormai cresciuti con le loro speranze e i loro sogni già delusi. È un film su Napoli, certo. Ma anche un film sul tempo. Soprattutto è un film su come la realtà e la sua rappresentazione possano influenzarsi a vicenda.

— Nel 1983 l’artista Sophie Calle trova un’agenda per strada. Prima di restituirla, decide di telefonare a tutti i numeri per farsi descrivere da ogni persona il proprietario dell’agenda. I ritratti appaiono ogni giorno sul quotidiano Libération.

— Margo Jefferson critica del New York Times sull’opera di W.G. Sebald: «Come bisognerebbe chiamarla? Meditazioni, elegie, mutazioni del memoir, storia, biografia letteraria e prosa poetica?».

A novel from life è il sottotitolo del romanzo di Sheila Heti How a person should be? (La persona ideale, come dovrebbe essere?); An entirely factual account of a year in a large city è invece il sottotitolo di Very Recent History, romanzo in terza persona di Choire Sicha.

— Avete mai letto un film? Se la risposta è no, Geoff Dyer in Zona ha descritto scena per scena Solaris di Tarkovskij e incredibilmente ne ha fatto un libro appassionante e vivo.

— Un uomo che mente tutta la vita fino a impazzire, uccide i suoi genitori, la moglie e i due figli, quindi diventa con il suo vero nome il protagonista di un capolavoro della letteratura, firmato Emmanuel Carrère.

— Nel recente Boyhood, di Richard Linklater, gli attori non crescono per finta, ma vengono registrati in varie fasi della crescita o dell’invecchiamento. Le riprese, iniziate nel 2002, sono terminate nel 2013.

— Bonnie Rough ha scritto che i lettori di fiction devono solo immaginare, mentre quelli di nonfiction sono sottoposti a un’operazione più complessa, immaginare e allo stesso tempo credere.

— Nel saggio The Legacy of Jackson Pollock (1958), l’artista performativo e teorico Allan Kaprow  auspica un’arte concreta fatta di cose di tutti giorni come «luci, acqua, cibo, elettricità, poltrone…».