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La danzatrice del ventre è diventato un mestiere molto pericoloso da fare in Egitto Spesso finiscono agli arresti per incitazione al vizio: è successo già cinque volte negli ultimi due anni, l'ultima all'italiana Linda Martino.
Ferrero (e la Nutella) va così bene che starebbe per comprare la Kellog’s Per una cifra che si aggira attorno ai tre miliardi di dollari. Se l'affare dovesse andare in porto, Ferrero diventerebbe leader del settore negli Usa.
Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.
Nell’internet del futuro forse non dovremo neanche più cliccare perché farà tutto l’AI Le aziende tech specializzate in AI stanno lanciando nuovi browser che cambieranno il modo di navigare: al posto di cliccare, chatteremo.
Trump si è complimentato con il Presidente della Liberia per il suo inglese, non sapendo che in Liberia l’inglese è la prima lingua Joseph Boakai, nonostante l'imbarazzo, si è limitato a spiegargli che sì, ha studiato l'inglese nella sua vita.
Ed Sheeran si è dato alla pittura e ha provato a imitare Jackson Pollock con risultati abbastanza discutibili Ma almeno si è sforzato di tenere "bassi" i prezzi delle sue "opere": meno di mille sterline a pezzo, che andranno tutte in beneficienza.
Dopo l’ultimo aggiornamento, Grok, l’AI di X, ha iniziato a parlare come un neonazista In una serie di deliranti post uno più antisemita dell'altro, Grok è pure arrivato a ribattezzarsi "MechaHitler".
La novità più vista su Netflix è un documentario su una nave da crociera coi bagni intasati Si intitola Trainwreck: Poop Cruise, è in cima alla classifica negli Stati Uniti ed è popolarissimo anche nel resto del mondo.

La Sfinge e il Gattopardo

Vuoi vedere che, a sei mesi dalla caduta di Mubarak, in Egitto è cambiato tutto perché non cambiasse nulla?

02 Agosto 2011

Cominciamo dalle date. Il prossimo 11 agosto l’Egitto festeggerà i primi sei mesi del dopo-Mubarak, il presidente-dittatore salito al potere nel 1981 e dimessosi lo scorso 11 febbraio, dopo 18 giorni di proteste di piazza. Il mese prossimo, invece, l’Egitto avrebbe dovuto festeggiare le prime elezioni democratiche della storia del Paese. Dico “avrebbe dovuto” perché le prime elezioni democratiche sono state rimandate, “a ottobre, forse novembre.”

Decisioni dei militari, che ora stanno gestendo la fase di transizione, giacché quando si è dimesso Mubarak ha messo il potere nelle mani delle Forze Armate e della Corte Suprema. E in Egitto, è forse il caso di puntualizzare, le Forze Armate contano molto più della Suprema Corte.

Ah, un piccolo particolare: in Egitto l’esercito è al potere dal 1956. Da quando Nasser e “gli ufficiali liberi” hanno organizzato il loro colpo di Stato. Nasser ha governato il paese fino alla sua morte, avvenuta nel 1970. Dopo Nasser il potere è passato nelle mani del suo delfino Sadat, passato alla Storia come “quello che ha fatto la pace con Israele,” che ha regnato fino a quando un estremista islamico non l’ha ucciso, nel 1981. E a quel punto il potere è passato nelle mani del suo delfino, Mubarak, che ha sua volta ha gestito il potere per un trentennio, ovvero fino allo scorso inverno. Quando il potere è passato in mano alle Forze Armate.

Perdonate questo bignami di Storia-egiziana-recente-in-un-paragrafo, che probabilmente rischia di essere troppo semplicistico. Tutto questo per dire: in Egitto c’è una dittatura militare dal 1956, Mubarak faceva parte di questa dittatura militare e ancora oggi, fino a prova contraria, in Egitto è l’esercito, non il popolo, a comandare.

Ora, si legge molto in questi giorni, sulla stampa estera come su quella italiana, del “fattore Fratelli Musulmani,” ovvero quel partito politico islamista, clandestino fino a pochi mesi fa, che secondo alcuni potrebbe salire al governo quando (e se?) elezioni democratiche ci saranno. Una segnalazione: il Time, in un bellissimo speciale estivo dedicato al mondo musulmano offre un interessante articolo alla transizione dei Fratelli Musulmani da movimento clandestino (ergo estremista, sostiene il giornalista Bobby Ghosh) a partito parlamentare (dunque più incline a spostarsi al centro, sempre secondo Ghosh). Seriamente, lo speciale del Time è da leggere. Quanto all’articolo sui Fratelli Musulmani, non so se condivido l’ottimismo dell’autore. Ma il punto è un altro.

Il punto è che, per il momento, il problema non sono i Fratelli Musulmani. Il problema, la vera minaccia alla democrazia egiziana in fase embrionale, sono i militari. Che non sembrano tanto disposti a cedere il potere. E che, anche in caso di elezioni (semi) libere, avrebbero discrete possibilità di continuare a governare ancora per un po’. Se è vero che i sondaggi danno per favorito Amr Moussa, ex apparatjik del regime Mubarak.

Cosi, la domanda da porsi è questa: vuoi vedere che, dopo tutti i furori di piazza Tahrir, in Egitto è cambiato tutto perché non cambiasse nulla? Per chi è sceso in piazza nei giorni della rivolta, si trattava di chiedere libertà e democrazia. Ma i militari, come ha candidamente spiegato ai microfoni della Reuters lo studioso Ammar Ali Hasan del Middle East Studies Center, lo hanno interpretato in tutt’altro modo: “L’esercito considera quello che è accaduto sei mesi fa come una protesta contro i piani di successione di Mubarak, non come una vera rivoluzione che mirasse a sconvolgere la struttura del potere.” Tradotto: il popolo non vuole Mubarak perché non vuole che suo figlio Gamal salga al potere, ma questo non significa che voglia mandare a casa noi militari, che governiamo dal ’56. Questione di prospettiva.

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