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La presidente della Tanzania Samia Suluhu Hassan ha nominato il nuovo governo e ha fatto ministri tutti i membri della sua famiglia In un colpo solo ha sistemato due figlie, un nipote, un genero, un cognato e pure un carissimo amico di famiglia.
In Francia è scoppiato un nuovo, inquietante caso di “sottomissione chimica” simile a quello di Gisèle Pelicot Un funzionario del ministero della Cultura ha drogato centinaia di donne durante colloqui di lavoro per poi costringerle a urinare in pubblico.
Dopo quasi 10 anni di attesa finalmente possiamo vedere le prime immagini di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, è il film che segna il ritorno alla regia di Van Sant dopo una pausa lunga 7 anni.
Un esperimento sulla metro di Milano ha dimostrato che le persone sono più disponibili a cedere il posto agli anziani se nel vagone è presente un uomo vestito da Batman Non è uno scherzo ma una vera ricerca dell'Università Cattolica, le cui conclusioni sono già state ribattezzate "effetto Batman".
Secondo una ricerca dell’università di Cambridge l’adolescenza non finisce a 18 anni ma dura fino ai 30 e oltre Secondo nuove analisi neuroscientifiche, la piena maturità cerebrale degli adulti arriva molto dopo la maggiore età.
I fratelli Duffer hanno spiegato come settare la tv per guardare al meglio l’ultima stagione di Stranger Things I creatori della serie hanno invitato i fan a disattivare tutte le “funzioni spazzatura” delle moderne tv che compromettono l'estetica anni '80 di Stranger Things.
L’incendio di Hong Kong potrebbe essere stato causato dalle tradizionali impalcature in bambù usate nell’edilizia della città Le vittime accertate sono 55, ci sono molti dispersi e feriti gravi. Sembra che il rogo sia stato accelerato dal bambù usato nei lavori di ristrutturazione.
L’Onu ha definito Gaza «un abisso» e ha detto che ci vorranno almeno 70 miliardi per ricostruirla Quasi sicuramente questa cifra non sarà sufficiente e in ogni caso ci vorranno decenni per ricostruire la Striscia.

Instapaper, come ti allungo il giornalismo

Come una semplice app ha ridato vita a un genere giornalistico in crisi

24 Ottobre 2011

C’è il vecchio adagio secondo cui gli utenti web leggono le prime righe di un articolo e poi passano ad altro. C’è quello che dice che è meglio puntare sui video e i multimedia per sfruttare la natura “televisiva” del nuovo medium. E poi c’è chi crede che proprio Internet sia l’habitat adatto a riportare in voga il long-form journalism americano, fatto di articoli lunghi quanto racconti, di eventi snocciolati fino al gigantismo e inchieste chilometriche. Un genere portato in auge a suo tempo da testate come il New Yorker, Esquire, il New York Times e l’Atlantic Monthly, e che da tempo – proprio a causa delle citate impedimenta culturali – soffriva e languiva in un angolo di qualche redazione giornalistica, frustrato a sangue dalla televisione prima e dalla Rete poi.

Può sembrare una contraddizione ma proprio l’arcigno schermo retroilluminato ha ridato forza agli articoli da qualche migliaio di parole, per leggere i quali è necessario pazienza e tempo. Il non sequitur si aggrava quando si precisa che a resuscitare l’antica arte ha contribuito anche Twitter, il social network dei 140 caratteri. Sembra una follia ma è una follia che è accaduta recentemente.

La causa di tutto è stata Instapaper, un’applicazione nata per iPhone e iPad (e ora diffusasi nei vari sistemi operativi, tra cui Kindle) che permette di salvare un articolo web e rileggerlo con calma, offline, senza il pensiero del wi-fi che traballa, e con una veste grafica sobria e ordinata.

Creata da Marco Arment, già responsabile tecnologico di Tumblr, Instapaper è un uovo di colombo scaricabile dall’iTunes Store a 3,99 euro, che in pochi anni ha creato un mostro. Parliamo di reazioni a catena in un ambiente come quello del web, confuso e inesplorato, perennemente in attesa di uno squarcio di luce. Il pulsante read later su cui si basa il software (e con cui si salvano gli articoli) si è presto diffuso nei media mainstream a una velocità impressionante, dando un nuovo senso all’esistenza degli articoli lunghi.

Difatti, se è a dir poco scomodo e insalubre leggersi una long story del New Yorker sul computer di casa, farlo dal proprio smartphone o tablet con Instapaper si rivela un’esperienza non solo tollerabile ma piacevole. Avete presente quando vi hanno detto che l’iPad serve per leggere gli e-book? Ecco, no. L’iPad, come ogni tavoletta, ha lo schermo retroilluminato: leggervi, quindi, può essere spiacevole, alla lunga. “A meno che”, deve aver pensato Armen, “non si aggiri il problema con uno sfondo monocromatico grigio e non si incolonni il testo, per rendere la lettura agevole”.

Era il 2008. Oggi quell’intuizione ha creato una nuova concezione giornalistica: il pulsante read later, infatti, fa capolino su Slate, Daily Beast e Mother Jones. Non solo: sull’onda del momento sono nati alcuni siti con la missione di raccogliere i migliori (e i più lunghi) pezzi giornalistici e darli in pasto ai lettori. Longreads.com e Longform.org sono i due principali esponenti della nuova leva giornalistica, secondo cui le misure non sono solo importanti. Sono essenziali.

Mark Armostrong è il fondatore di Longreads.com. Ha iniziato a collezionare articoli sempre più lunghi perché costretto ogni giorno a passare ore in treno, senza connessione Internet. Instapaper gli ha cambiato la vita, portandolo prima a creare un account twitter (e l’hashtag #longreads, con cui gli utenti consigliano lunghe letture) ed è finito per collaborare con Mother Jones, rivista americana nel cui sito propone settimanalmente cinque pezzi-da-leggere. Sorte simile è toccata a Max Linsky, fondatore di Longform.org, che ha da poco inaugurato una rubrica simile su Slate, in cui propone  articoli lunghi su un dato tema: pornografia, baseball, rapine in banca. Linsky fa un’opera di ricerca approfondita, scavando negli archivi storici delle riviste. Ogni sette giorni, come un palombaro, riemerge con reliquie sommerse della crème del giornalismo anglosassone.

Funziona. Se ne sono accorti tutte alcune delle maggiori testate mondiali che ora propongono i loro pezzi su Twitter, con l’hashtag #longreads o #longform. Un social network che si basa su messaggi di massimo 140 caratteri che alimenta il mercato del long journalism? “Ironico”, ha commentato Mark Arment.

Sì, Instapaper sta allungando il giornalismo, perché ha liberato il web dalla tirannia dell’online. Ora 7000, 10000, 20000 e più parole (proporzione: questo articolo ne ha circa 800) possono essere godute in pace, in quella terra di mezzo in cui la connessione non riesce a dare ritmi forsennati. Il tempo di premere read later, aggiornare il proprio profilo Instapaper, e ci si può scollegare dal mondo, godendosi quel limbo in cui la colonna destra di Repubblica.it sembra lontana lontana.

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