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Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.
Dopo i meme, i videogiochi, le carte collezionabili e gli spettacoli a Broadway, adesso l’Italian Brainrot arriva anche nei parchi giochi italiani Da fenomeno più stupido e interessante di internet alla vita vera, al Magicland di Valmontone, in provincia di Roma.
È morto Robert Redford, una leggenda del cinema americano Aveva 89 anni, nessun attore americano ha saputo, come lui, fare film allo stesso tempo nazional popolari e politicamente impegnati.
La prima puntata del podcast di Charlie Kirk dopo la sua morte è stata trasmessa dalla Casa Bianca e l’ha condotta JD Vance Il vicepresidente ha ribadito che non ci può essere pacificazione con le persone che hanno festeggiato o minimizzato la morte di Kirk.
Tra i candidati a rappresentare l’Italia all’Oscar per il Miglior film internazionale ci sono praticamente tutti i film usciti in Italia quest’anno Tranne La grazia di Paolo Sorrentino, ma non per volontà: la sua assenza è solo una questione burocratica.

Bend it like Mubarak: calcio e politica in Egitto

02 Febbraio 2012

La notizia la sapete già: ieri sera più di settanta persone sono morte e un migliaio rimaste ferite durante gli scontri seguiti a una partita di calcio a Port Said, nel nord dell’Egitto. Ottanta egiziani si sono ammazzati per una partita di calcio, un Paese che sta ancora contando le vittime (circa 900) della rivoluzione di piazza Tahrir.

Date le circostanze, sorge spontaneo chiedersi quanto gli scontri di Port Said abbiano davvero a che vedere con il calcio in sé e per sé, e quanto piuttosto con la politica. Non sta a noi dare risposte.
Ricordiamo che al momento l’Egitto si trova in una fase estremamente delicata – con l’esercito che controlla ancora, formalmente ad interim, la cosa pubblica e i partiti islamisti (salafiti e Fratelli Musulmani) che hanno fatto incetta di voti e forse sono pronti a fare accordi con i generali. E segnaliamo un articolo da leggere: Bend it like Mubarak. How football has been reduced into a political game and the game of football into politics of populism, scritto da Larbi Sadiki, docente di scienze politiche alla University of Exeter, per il sito di Al Jazeera.

Sadiki punta il dito contro le Forze Armate – “quelli che ci guadagnano da questo caos” – e scrive:

Perché 70 o 80 persone muoiono nel corso di un incontro off di calcio? Questa volta non c’è trofeo. O forse un “trofeo” c’è, e c’è un gioco, ma il suo nome non è “football”. E’ l’unico gioco in città, ha portato il vento della primavera araba e la gioventù rivoluzionaria di Tahrir : la dignità, pane e libertà – il gioco della democrazia, come dicono gli occidentali.

Il resto lo trovate, in inglese, qui.

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