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Lily Allen distribuirà il suo nuovo album anche in delle chiavette usb a forma di plug anale Un riferimento a "Pussy Palace", canzone più chiacchierata di West End Girl, in cui racconta come ha scoperto i tradimenti dell'ex marito, l'attore David Harbour.
Dario Vitale lascia Versace, appena nove mesi dopo esserne diventato direttore creativo Era stato nominato chief creative officer del brand, appena acquisito dal gruppo Prada, a marzo di quest'anno.
L’unica tappa italiana del tour di Rosalìa sarà a Milano, il 25 marzo Sono uscite le date del tour di Lux: partirà il 16 marzo 2026 da Lione e si chiuderà il 3 settembre a Portorico.
Secondo una ricerca, l’inasprimento delle leggi sull’immigrazione in Europa sta facendo aumentare e arricchire i trafficanti di essere umani Il Mixed Migration Centre ha pubblicato un ampio studio in cui dimostra che le politiche anti immigrazione stanno solo aggravando il problema che avrebbero dovuto risolvere.
Fontaines D.C., Kneecap e molti altri musicisti hanno fondato un’alleanza di artisti per contrastare l’estrema destra Si chiama Together e ha già indetto una grande manifestazione per il 28 marzo a Londra.
C’è un’azienda che sta lavorando a un farmaco simile all’Ozempic per far dimagrire i gatti in sovrappeso Una casa farmaceutica sta sperimentando un impianto a rilascio costante di GLP-1 per aiutare i gatti obesi.
Paul Thomas Anderson ha rivelato i suoi film preferiti del 2025 e ha detto che non è affatto vero che questo è stato un pessimo anno per il cinema Secondo il regista, ci sono diversi film (oltre il suo Una battaglia dopo l'altra) usciti quest'anno di cui dovremmo essere molto contenti.
L’ansia da Spotify Wrapped è talmente grave che migliaia di persone hanno creduto a una bufala su una versione modificabile disponibile a pagamento Evidentemente, quella di scoprire di avere dei brutti gusti musicali scorrendo il proprio Wrapped è una paura più diffusa di quanto ci si immagini.

Siria: perché le armi chimiche contano più di 100mila morti?

Perché le armi chimiche dovrebbero bastare ad acconsentire l'intervento in Siria? Breve storia dei motivi per cui - a torto o a ragione - sono considerate diverse dalle altre.

10 Settembre 2013

Perché l’utilizzo delle armi chimiche costituisce una «linea rossa» e oltre centomila morti no?

È una domanda che si fanno in molti, da quando l’attacco del 21 agosto scorso contro un sobborgo di Damasco – dove pare il regime siriano abbia utilizzato il gas nervino (qui il rapporto di Human Rights Watch) – ha provocato la dura reazione di Stati Uniti e alleati, che potrebbero rispondere con un’azione militare.  Già nell’estate del 2012 Barack Obama aveva dichiarato che l’utilizzo di armi chimiche costituiva, per l’amministrazione americana, una «linea rossa». Intanto, però, il conflitto siriano ha già fatto più di 100 mila vittime, quasi tutte uccise da armi “convenzionali”.

Allora perché andare in guerra per qualche centinaio di vittime (anche se le stime, a proposito, variano) presumibilmente uccise dal gas nervino e non per un conflitto così devastante? C’è chi vede la posizione di Obama come «moralmente problematica»: «Nel dire che le armi chimiche sono una linea rossa, l’amministrazione Obama sta anche dicendo che l’uccisione di 70 mila siriani non è una linea rossa», faceva notare qualche mese fa Shadi Hamid sull’Atlantic (nota: allora, ovviamente, il bilancio era più basso)

Più recentemente, però, sempre su The Atlantic Ben Heimar ha provato a inquadrare le motivazioni storiche per cui l’uso di armi chimiche, a tutti gli effetti, è trattato diversamente rispetto alle uccisioni convenzionali.

Il protocollo di Ginevra, firmato nel 1925, non si focalizzò sui milioni di morti dovuti alle nuove armi impiegate nella Grande Guerra, né ebbe da ridire sulle trincee, ma dichiarò che le uccisioni da gas e armi batteriologiche – l’1% delle morti totali del primo conflitto mondiale – dovevano essere interessate da un divieto speciale.

I militari, i leader religiosi e i rappresentanti della Croce Rossa Internazionale che si riunirono in Svizzera considerarono tre motivi per proibire l’uso di gas – introdotto dai tedeschi a Ypres nel 1915 e poi diffusosi in tutti gli eserciti: il primo era la natura delle morti causate da questi agenti chimici: il cloro danneggiava occhi e orecchie e portava alla morte per asfissia, il fosgene – un gas invisibile – finiva nei polmoni e causava la morte per soffocamento a ore dal contagio. Poi c’era la questione dell’impatto indiscriminato di queste armi, che si diffondevano nell’atmosfera e potevano colpire anche la popolazione civile. In ultimo luogo, c’era il timore del loro impiego futuro: in caso di una nuova guerra mondiale combattuta con questi strumenti, le perdite umane sarebbero state incalcolabili.

C’è anche chi sostiene, però, che la “linea rossa” stabilita da Obama sull’utilizzo delle armi chimiche potrebbe nascere non soltanto da preoccupazioni umanitarie, ma anche da timori sulla possibile proliferazione di questi strumenti nella regione mediorientale: «Probabilmente la decisione dell’amministrazione Obama non riguarda solo il rischio di uccisioni civili di massa. Dopotutto il massacro di 70.000 persone è già avvenuto e non ha smosso l’inattività degli Stati Uniti», scriveva sempre Hamid lo scorso aprile. «La vera preoccupazione riguarda le implicazioni che l’uso o il trasporto di armi chimiche avrebbe sulla loro sicurezza. […] La diffusione di armi chimiche porterebbe a una destabilizzazione regionale senza precedenti».

In sostanza, l’obiezione del “perché andare in guerra per il gas e non per i kalashnikov” ha una sua ragion d’essere motivata, vista la natura moralmente ambigua di decisioni di questo genere. Ma è anche vero, da un punto di vista storico, che la comunità internazionale si è adoperata per proibire l’uso di armi di distruzioni di massa e agenti chimici.

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