Cultura | Libri

Educazione veltroniana

Il nuovo libro dell'ex segretario del Pd è un romanzo young adult con la pretesa di condurre i giovani sulla retta via, ultimo esempio di un genere al quale negli ultimi anni si sono uniti moltissimi autori italiani.

di Giulio Silvano

Walter Veltroni, forse il più prolifico autore italiano vivente, ha appena pubblicato il suo nuovo libro. Non è un giallo ambientato a Roma del suo eroe simeoniano, il commissario Buonvino, e non è un saggio sullo stato della politica scritto dal fondatore e primo segretario del Partito democratico. Non è nemmeno un romanzo con la bandella firmata da Massimo Gramellini (da cui trarre un film con Neri Marcorè) o un saggio sui “101 film che fanno bene all’anima”. È un libro per ragazzi, quasi bambini. Si chiama I fratelli che volevano cambiare il mondo (Feltrinelli). Una nonna lascia al nipotino, italiano, una chiave che gli permetterà di scoprire le storie vere di due fratelli, Jack e Bobby Kennedy. La nonna, emigrata negli Usa, era stata una supporter di JFK, uomo «che ha deciso di cambiare l’America». La nonna non si rassegna nonostante gli omicidi del presidente e del senatore, «seguendo un ideale che guiderà tutta la sua vita e che lascerà in eredità al nipote».

Non è il primo libro per bambini dell’ex deputato. Scritto in prima persona con la voce di un deportato di nove anni, nel ’21 è uscito Tana libera tutti. Sami Modiano, il bambino che tornò da Aushwitz (sempre Feltrinelli). E poi, insieme a Francesco Clementi, l’anno dopo La più bella del mondo. La costituzione raccontata ai ragazzi (Feltrinelli Kids). I dodici principi fondamentali della carta costituzionale ci vengono raccontati «attraverso le storie di dodici bambini». Come dice la quarta, è «un libro per scoprire cosa significhi essere cittadini attivi». Sono storie vere, e gli ingredienti principali che fanno il libro sono la veridicità – imparare dalla storia, nel senso di analisi degli eventi passati – e l’ideologia retorica. Il meccanismo sembra dirci che se questi fossero episodi inventati, di fantasia, non avrebbero la stessa forza, non avrebbero la stessa influenza cautelativa. Il loro selling point, oltre la firma dell’autore, è il legame con la realtà. «Non solo imparo una lezione morale, ma anche storica», sembra dire il genitore che le compra.

Qui, rispetto alle fiabe, alle favole, che sia La Fontaine o Fedro, ma anche Collodi o Beatrix Potter, abbiamo l’esplicitazione del messaggio che diventa trasparente in virtù di essere accaduto realmente. L’ormai evergreen “basato su una storia vera” che ha trasformato il cinema hollywoodiano in un’apoteosi di biopic, è arrivato con forza anche nell’editoria italiana per non-adulti. Veltroni, l’ex sindaco di Roma, ne è solo un caso. È iniziato tutto con le Ragazze ribelli, con quei cartonati colorati e illustrati diventati bestseller che sembrava ormai un obbligo regalarli alle figlie, ma anche ai figli preadolescenti dei nostri amici. Cento biografie, con ritratti illustrati accanto, per raccontare la grandiosità delle donne nella storia, da Malala a Coco Chanel. Le autrici, italiane, di Storie della buonanotte per bambine ribelli hanno sbancato passando prima dal crowdfunding e dal mondo anglofono, come spesso accade per arrivare a milioni di copie, (Chi leggeva in Italia Elena Ferrante prima dei selfie di James Franco e delle glorificanti traduzioni di Ann Goldstein?).

Dopo l’incredibile successo non solo sono nati altri figli delle Storie della buonanotte – 100 donne migranti, 100 donne italiane straordinarie etc. etc. – ma anche una scia lunga, in cui si è inserito anche Veltroni (non un caso la copertina de I fratelli che volevano cambiare il mondo riprende il titolo corsivato centrale e monumentale delle storie della buonanotte). E non solo Veltroni. Senza scomodare Roland Barthes e La morte dell’autore, questa scia vede volti noti – della politica, della televisione, della società civile – firmare questi pre young adult altamente educativi.

Michela Murgia, vincitrice del Campiello, ha scritto per Salani Noi siamo tempesta, «sedici avventure collettive famosissime o del tutto sconosciute» che mostrano come la collaborazione creativa sia “un superpotere”. Il televisivo psicanalista ottantenne Umberto Galimberti ha pubblicato Perché? 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi e poi anche Che tempesta! 50 emozioni raccontate ai ragazzi. Gherardo Colombo ha scritto Educare alla legalità. Gad Lerner ha curato Noi, ragazzi della libertà, «una raccolta di memorie della Resistenza» per lettori dai 12 anni in su. La cantante Fiorella Mannoia ha pubblicato Quello che le donne dicono. La musica è una cosa da ragazze per «dare voce a trenta artiste che hanno fatto la storia della musica». Il giornalista di Repubblica – e romanziere – Enrico Franceschini ha scritto Tutti per uno. 33 storie per innamorarsi dell’Europa.

Numeri e storie vere con finalità didattiche declinate nella specialità di ogni autore per creare decine, o centinaia, di esemplari che possono guidarci nella nostra vita, che possano sostituire la moralità di una fiaba. E allo stesso tempo raccontarci di modelli che fino ad ora, per motivi di ideologia patriarcale soprattutto, non sono stati sufficientemente riconosciuti, e quindi “riscoprirli”, come è il caso di La donna che salvò la bellezza, di Sara Rattaro, sulla prima donna direttrice della pinacoteca di Brera (ma dentro ci sono anche i nazisti). Si intravedono due categorie particolari in questo filone. Uno è quello che ruota intorno alla deportazione e alla Shoà: il memoir della senatrice a vita Liliana Segre è stato trasformato in un’edizione a colori illustrata per ragazzi, ed esiste anche Liliana e la sua stellina. La storia di Liliana Segre raccontata ai bambini, o i testi di Lia Levi come Il giorno della memoria raccontato ai miei nipoti o La storia di Anna Frank (a partire dai 7 anni).

L’altra categoria che riempie le mensole delle librerie è quella che racconta la mafia. Per questo mi chiamo Giovanni, su Falcone, «lo leggono nelle scuole», mi dice una libraia, e infatti è un best-seller. L’ex presidente del senato Pietro Grasso ha scritto Paolo Borsellino parla ai ragazzi, e il magistrato Nicola Gratteri Non chiamateli eroi. Quelle raccontate in questi libri sono tutte storie vere, o basate su personaggi realmente esistiti, se non esplicitamente delle piccole biografie adattate al lettore minorenne e pre liceale. Sono un upgrade delle cautionary tale folkloristiche germaniche come Pierino Porcospino, o delle storie dei fratelli Grimm che per secoli hanno costruito l’immaginario, e i traumi, dell’infanzia, ma qui l’intento è più candidamente pedagogico-divulgativo che non precauzionale e mitico, non c’è spazio per gli archetipi, solo per la realtà come specchio della moralità. Non più il lupo ma i nazisti, non più «non succhiarti il pollice» ma «non essere razzista». Il messaggio perde la sua armatura mitologica e archetipica, non ci sono più i simboli e le rappresentazioni, le allegorie e le parabole, tutto è trasparente, diretto, didascalico nella sua funzione ammaestrativa.

«Guarda Bobby Kennedy com’è nobile di cuore!», sembra dire il libro di Veltroni. Viene tolto l’elemento più faticoso del gioco interpretativo che per millenni ha sorretto le epopee e il mito. Gli elementi culturali comuni analizzati da Propp nella Morfologia della fiaba qui vengono sostituiti dalle biografie, dal vissuto che vuole confermare il detto Historia magistra vitae, dimenticandosi di Schopenhauer quando diceva che Clio, «la musa della storia, è tutta quanta infetta di menzogne, come una prostituta di
sifilide».