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I dazi turistici sono l’ultimo fronte nella guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa Mentre Trump impone agli stranieri una maxi tassa per l'ingresso ai parchi nazionali, il Louvre alza il prezzo del biglietto per gli "extracomunitari".
Papa Leone XIV ha benedetto un rave party in Slovacchia in cui a fare da dj c’era un prete portoghese Il tutto per festeggiare il 75esimo compleanno dell'Arcivescovo Bernard Bober di Kosice.
I distributori indipendenti americani riporteranno al cinema i film che non ha visto nessuno a causa del Covid Titoli molto amati da critici e cinefili – tra cui uno di Sean Baker e uno di Kelly Reichardt – torneranno in sala per riprendersi quello che il Covid ha tolto.
La presidente della Tanzania Samia Suluhu Hassan ha nominato il nuovo governo e ha fatto ministri tutti i membri della sua famiglia In un colpo solo ha sistemato due figlie, un nipote, un genero, un cognato e pure un carissimo amico di famiglia.
Sally Rooney ha detto che i suoi libri potrebbero essere vietati in tutto il Regno Unito a causa del suo sostegno a Palestine Action E potrebbe addirittura essere costretta a ritirare dal commercio i suoi libri attualmente in vendita.
In Francia è scoppiato un nuovo, inquietante caso di “sottomissione chimica” simile a quello di Gisèle Pelicot Un funzionario del ministero della Cultura ha drogato centinaia di donne durante colloqui di lavoro per poi costringerle a urinare in pubblico.
Dopo quasi 10 anni di attesa finalmente possiamo vedere le prime immagini di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, è il film che segna il ritorno alla regia di Van Sant dopo una pausa lunga 7 anni.
Un esperimento sulla metro di Milano ha dimostrato che le persone sono più disponibili a cedere il posto agli anziani se nel vagone è presente un uomo vestito da Batman Non è uno scherzo ma una vera ricerca dell'Università Cattolica, le cui conclusioni sono già state ribattezzate "effetto Batman".

Un’intervista a Carsten Nicolai

23 Maggio 2011

L’artista e sound performer berlinese Carsten Nicolai, alias Alva Noto per gli appassionati di musica elettronica, è di casa in Italia. A Roma solo il mese scorso per la sua prima personale alla galleria Lorcan O’ Neill, è tornato nel nostro Paese in questi giorni per presentare l’album Summvs, la sua quinta collaborazione con Ryuichi Sakamoto. Una suggestiva alchimia tra le note intense del musicista giapponese e le sue frequenze sonore asciutte tradotta in uno spettro di forme e colori. Lo abbiamo incontrato durante il sound check alla Triennale di Milano, che ha ospitato l’evento – sold out ovviamente – nell’ambito dei Music Workshop 2011.

L’ultima volta che ci siamo visti eravamo a Firenze e stavi lavorando a un progetto per lo spazio non profit BASE incentrato su Stalker, il capolavoro del regista russo Andrei Tarkovskij, protagonista proprio ora di una rassegna fotografica e filmica allo Spazio Oberdan di Milano. Curiosa coincidenza, no? Cosa ti lega così tanto a lui?

Carsten Nicolai: Sì. Anzitutto, il suo modo di interpretare il tempo: un tempo dilatato, lentissimo, ma instabile, che può indurre a cambiamenti repentini. E poi il sostrato intellettuale dei suoi film, vere e proprie analisi psicologiche della società, la stessa che ho conosciuto vivendo nella Germania dell’Est. Nonostante “Stalker” sia pura science fiction, guardandolo si percepisce la depressione che vivevamo in quegli anni.

Tradotto nel tuo lavoro?

Tarkovskij mi ha insegnato a fare arte combinando indagine scientifica e filosofica, senza fare ricorso al quotidiano.

Nella scienza, però, un progetto (per quanto sperimentale) mira a fornire una risposta esaustiva a una domanda. In arte, il concetto di risposta è astratto, inafferrabile, e il fallimento dietro l’angolo; questo vale soprattutto nel tuo lavoro, perché pur adottando un approccio scientifico, dai valore a elementi incontrollabili come la reazione del pubblico a input di tipo sonoro. Come risolvi la questione?

Alcuni anni fa mi sono imbattuto in un articolo di Takashi Ikegami per la rivista scientifica “Artificial Life”, in cui lo studioso analizzava il comportamento delle macchine in relazione al tema dell’errore. È evidente che le macchine non sbagliano, mentre l’uomo sì, e sbagliando è costretto a cambiare prospettiva, a guardare il problema con occhi diversi. È in questi momenti che si verifica l’inatteso: la possibilità di incorrere nel fallimento, a pensarci bene, è un tratto distintivo dell’uomo e fonte di creatività.

Nel tuo percorso artistico ci hai mostrato le proprietà fisiche del suono. Penso a 334m/s, dove ne hai misurato la velocità inducendo una reazione chimica tra ossigeno e gas propano; o al programma unitxt, con cui hai generato un codice che traduce il suono in flussi di immagini. A cosa ti stai dedicando adesso?

Sto lavorando ad un software, uniscope, che permetterà di implementare quanto elaborato in passato in termini di visualizzazione sonora. Sarà uno strumento universale, utile nelle perfomance e nelle installazioni. In parallelo, sto progettando un edificio in Giappone a metà tra scultura e architettura, funzionale all’ascolto della musica; commissionato dalla Landscape Triennale, sarà pronto per il 2012. Nel breve termine, invece, uscirà una nuova pubblicazione della mia collana INDEX, nata dalla mia collaborazione decennale con l’artista Ryoji Ikeda e dedicata alla rappresentazione grafica del suono.

Parliamo della ragione che ti ha portato di nuovo in Italia. Il tuo primo album con Ryuichi Sakamoto, Vrioon (2002), è entrato nella top 50 del magazine britannico “The Wire”. Con Summvs – pubblicato dalla tua casa discografica Raster Noton e disponibile dal 9 maggio – si chiude il cerchio?

Si, considero il progetto esaurito; ma in questi anni Ryuichi mi ha insegnato a lavorare in modo più disinvolto con le melodie e non è detto che non torneremo a lavorare insieme in circostanza diverse.

Unendo le iniziali dei cinque album si forma la parola VIRUS. Cosa significa per voi?

E’ un caso fortuito. Ce ne siamo accorti quando abbiamo iniziato a collaborare al quinto e ci ha fatto subito pensare alla frase di William S. Burroughs: il linguaggio è un virus. Per noi lo è anche la musica.


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