Hype ↓
07:49 lunedì 22 dicembre 2025
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.
C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.

Indagine sul successo dell’umarell

La storia del termine inizia con un blog dei primi anni Duemila e finisce con l’inserimento nell’edizione 2021 del dizionario Zanichelli.

23 Dicembre 2020

Iniziò con un blog dei primi anni Duemila: dominio Splinder, grafica rustica, contenuti più faceti che seri. È finita con l’inserimento nell’edizione 2021 del dizionario Zanichelli, che a partire dall’anno prossimo includerà anche la definizione umarell: “pensionato che si aggira, per lo più con le mani dietro la schiena, presso i cantieri di lavoro, controllando, facendo domande, dando suggerimenti o criticando le attività che vi si svolgono”. Una parola inventata — o meglio, creativamente rivisitata — dallo scrittore Danilo Masotti, e che si è rapidamente intrufolata nelle nostro vissuto. Originariamente usata in Bolognese col significato generico di “omarello, uomo piccolo”, acquisì la sua accezione più specifica quando Masotti intuì le potenzialità del web — ai tempi ancora oggetto semi-misterioso — lanciando un progetto tanto elementare quanto geniale: invitò i suoi lettori a mandargli fotografie di anziani assorti nell’osservazione dei cantieri, gli umarell appunto, che lui avrebbe prontamente pubblicato. A volte da soli, a volte in gruppo. Ma tutti divorati dalla morbosa, fanciullesca curiosità verso i lavori in corso, che sarebbe poi diventata l’inconfondibile marchio di fabbrica della categoria. «Sono tanti, vivono in mezzo a noi, ci osservano e noi osserviamo loro», recitava il motto del progetto. E a quindici anni di distanza, l’affermazione non potrebbe essere più vera.

Quelle immagini un po’ sgranate scandirono i primi passi di un successo inarrestabile. A partire dal marzo 2005, data di fondazione del blog, agli umarell sono stati dedicati libri, piazze, calendari, oltre che una canzone di Fabio Concato. La popolarità del fenomeno non è sfuggita nemmeno al mondo delle multinazionali, come mostrato dalla campagna pubblicitaria lanciata da Burger King Italia nel 2016. Una videostoria di 2 minuti con protagonisti cinque pensionati che rappresentavano al meglio la categoria: scappavano dalla moglie, manovravano escavatori e si lamentavano a oltranza dei lavori, prima di godersi con serenità l’hamburger che premiava le loro fatiche. A quel punto, come suggerito dall’ambientazione del video e dagli accenti dei protagonisti, la radice bolognese si era ormai persa: da espressione regionale, il termine umarell era ormai elemento del lessico italiano. E mentre anche il mondo anglosassone ha recentemente mostrato un certo interesse nei confronti della parola, l’espressione sta continuando a diffondersi. Affascinandoci, divertendoci, ma pure spingendoci a fare i conti con una domanda non semplice. Perché la categoria degli umarell ha avuto così presa sulla nostra lingua e sul nostro immaginario?

Come spesso accade con l’evoluzione delle parole, ci si muove in un mondo dominato in buona parte dal caso. Proprio come continuiamo a non avere una spiegazione convincente di come un’espressione come resilienza sia arrivata ad avere una popolarità così sconvolgente, anche l’ascesa degli umarells nasconde una componente di mistero. Come ha fatto un regionalismo uscito dal nulla — senza alle spalle alcuna tradizione letteraria, cinematografica o sportiva — a diventare così virale? Perchè proprio gli umarell, e non una qualsiasi delle idee che ci passano per la mente? Se una piena comprensione razionale degli eventi rischia di essere uno sforzo velleitario, ci sono però alcuni indizi importanti. A partire dall’aspetto sonoro, che, senza che noi ce ne accorgiamo, spesso influisce sul potenziale comunicativo di un’espressione. Interessante notare, ad esempio, che sia la u iniziale che la doppia l finale rientrano nella classe di suoni che, secondo gli psicologi e i linguisti che studiano il fonosimbolismo, vengono sistematicamente accostati a forme tondeggianti — e per estensione a qualcosa che percepiamo come innocuo, rassicurante, e in ultima analisi desiderabile. Tutte caratteristiche che rappresentano le qualità essenziali degli umarell, e che sono invece meno istintive da associare fonicamente a possibili sinonimi come pensionato, anziano o vecchietto. Senza dimenticare la consonante finale, rara da trovare in italiano, che crea le condizioni perfette per formare in maniera naturale il plurale anglofono umarells — un altro marchio di fabbrica dello spirito goliardico dell’espressione. Eppure, per quanto affascinante, il suono della parola non può essere la chiave di tutto; se così fosse, basterebbe mettere insieme consonanti e vocali altamente evocative per creare a tavolino parole virali a piacimento. Obiettivo agognato da molti, ma che al momento resta materiale per una puntata di Black Mirror.

A un esame più attento, ci sono infatti almeno altri due ingredienti che possono aiutarci a capire meglio il successo del termine. Il primo è che, come suggerito dalla definizione dello Zanichelli, la categoria di umarell è inscindibilmente ancorata ad azioni concrete, più che a caratteristiche astratte: pattugliare il cantiere; ficcare il naso negli affari altrui; borbottare; aggirarsi con le mani dietro la schiena. Elementi che rendono questi personaggi così vividi che ci sembra quasi di poterli toccare con mano, anche quando non siamo in loro presenza. E che fanno degli umarell una categoria di tipo visuale, ancora prima che concettuale: i cui membri esistono, e possono essere raccontati, solo nella misura in cui vengono colti sul fatto, assorti nelle loro occupazioni tipiche. E’ stata proprio questa simbiosi con il fare — o perlomeno con il guardare — che ha reso possibile la proliferazione dal basso del termine, con una modalità del tutto singolare: quella di una sorta di bird watching umano, in cui persone da tutte le parti d’Italia si sono messe a scattare fotografie di umarell nel loro ambiente naturale, commentarle, e condividerle. Prima, usando i blog come se fossero pagine di Instagram ante litteram, e poi sfruttando a pieno la forza dei social media — oltre a telefoni con fotocamere migliori. E così, la corsa a documentare l’umarell ci ha portato a trovare un senso di esperienza condivisa attorno a un fenomeno che accomuna indistintamente ogni angolo d’Italia, ma si declina con sfumature diverse da località a località: dall’umarell di pianura, che si sposta tipicamente in bicicletta e frequenta assiduamente le feste dell’Unità, all’umarell marittimo che perlustra rocce e fondali, fino ad arrivare a quello metropolitano e altamente tecnologico, che usa le app per localizzare i cantieri in città. L’effetto finale è stato quello di a dare un significato tutto nuovo a immagini che da sempre fanno parte del nostro quotidiano. Concedendoci anche il raro piacere di riscoprire le sfaccettature del nostro paese senza lo spettro di divisioni e campanilismi.

Se la carica visiva ha certamente facilitato il successo popolare del termine, l’affermazione dell’umarell deve però molto anche a quello che i linguisti chiamano il significato sociale del termine: il flusso di idee, associazioni, emozioni che vengono normalmente trasmesse da una parola, e che vanno al di là della sua definizione da vocabolario nuda e cruda. Ogni volta che usiamo la parola umarell, infatti, non evochiamo solo la figura di un pensionato che guarda i cantieri, ma anche tutto quello che questa figura rappresenta: tra le altre cose, una vecchiaia attiva, sociale, forse un po’ annoiata, ma fondamentalmente salubre. Che prendiamo in giro con simpatia, ma rispettiamo profondamente. E’ proprio questa connotazione universalmente positiva, su cui ci troviamo tutti più o meno d’accordo, ad aver reso l’umarell qualcosa con cui ci immedesimiamo non solo facilmente, ma anche volentieri. Non solo perchè ci ispira a ridere e scherzare, ma anche perchè ci distoglie da rappresentazioni della vecchiaia meno idealizzate, ugualmente vivide, e decisamente più inquietanti. Come quella del pensionato magistralmente raccontato di Guccini nell’omonima canzone, ironicamente ambientata proprio a Bologna: un anziano sedentario, trincerato nel suo appartamento, le cui maniere cortesi e discrete non riescono a mascherare una profonda solitudine. Magari più letteraria, ma certamente meno attraente della grintosa irriverenza di chi passa la giornata a osservare gli operai, e si permette pure di spiegare loro come fare il proprio lavoro.

Articoli Suggeriti
All Her Fault non è una serie tv, è rage bait per maschi bianchi

La serie, con protagoniste Sarah Snook e Dakota Fanning, sembra un thriller ma in realtà è tutta una grande storia sulla sisterhood che vince sempre. E sull'impossibilità degli uomini di uscire puliti da qualsiasi situazione.

Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto

Da quello che si vede nel trailer (pochissimo), di sicuro non è il Tom Cruise di Top Gun o di Mission: Impossible.

Leggi anche ↓
All Her Fault non è una serie tv, è rage bait per maschi bianchi

La serie, con protagoniste Sarah Snook e Dakota Fanning, sembra un thriller ma in realtà è tutta una grande storia sulla sisterhood che vince sempre. E sull'impossibilità degli uomini di uscire puliti da qualsiasi situazione.

Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto

Da quello che si vede nel trailer (pochissimo), di sicuro non è il Tom Cruise di Top Gun o di Mission: Impossible.

di Studio
I migliori album del 2025

Una liberissima selezione degli album usciti quest'anno che ci sono piaciuti di più.

Ludovica Rampoldi è da anni una delle più brave sceneggiatrici italiane ma ora è anche una regista

C'è la sua firma su 1992, Gomorra, The Bad Guy, Esterno notte, Il traditore e Il maestro. E adesso anche su una delle sorprese di questo anno cinematografico: Breve storia d'amore, la sua opera prima da regista.

Father Mother Sister Brother è il film perfetto da vedere a Natale, soprattutto per chi trema all’idea di passarlo in famiglia

Il film con cui Jim Jarmusch ha vinto il Leone d'oro a Venezia è un'opera apparentemente "piccola" che però affronta il mistero più grande di tutti: cosa passa per la testa dei nostri genitori? E per quella dei nostri figli?

I migliori film e serie tv del 2025

Una selezione delle cose che ci sono piaciute di più quest'anno, in televisione e al cinema.