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03:55 mercoledì 18 giugno 2025
Già nel 1986, in un’intervista della Rai, Netanyahu mostrava di essere un estremista Fa impressione vedere le risposte date dall'allora 38enne Netanyahu a Giovanni Minoli nel famoso programma Mixer.
A quanto pare Papa Leone XIV è imparentato con un sacco di celebrity Lo ha rivelato un'inchiesta del New York Times: tra i cugini alla lontana ci sono Madonna, Angelina Jolie, Justin Bieber, Justin Trudeau e pure Hillary Clinton.
Per i palestinesi che vivono in Israele non ci sono bunker antiaerei in cui cercare rifugio Non ci sono perché non sono stati costruiti: con i bombardamenti iraniani i civili non hanno via di scampo.
I veneziani le stanno provando tutte per rovinare il matrimonio di Jeff Bezos e Lauren Sánchez Striscioni, cartelli, assemblee, proteste, pure un adesivo anti Bezos ufficiale che si trova attaccato un po' ovunque in città.
La nuova grande idea di Mark Zuckerberg è mettere la pubblicità anche dentro Whatsapp Per il momento le chat sono state risparmiate dalla banneristica, ma c'è sa scommettere che non sarà così a lungo.
Pixar ha annunciato un film con protagonista un gatto nero e tutti hanno pensato che ricorda molto un altro film con protagonista un gatto nero Il film Disney-Pixar si intitola Gatto, è ambientato a Venezia e lo dirige Enrico Casarosa. Il film al quale viene accostato lo potete indovinare facilmente.
Tra Italia, Spagna e Portogallo si è tenuta una delle più grandi proteste del movimento contro l’overtourism Armati di pistole ad acqua, trolley e santini, i manifestanti sono scesi in piazza per tutto il fine settimana appena trascorso.
Will Smith ha detto che rifiutò la parte di protagonista in Inception perché non capiva la trama Christopher Nolan gli aveva offerto il ruolo, ma Smith disse di no perché nonostante le spiegazioni del regista la storia proprio non lo convinceva.

Che cosa sono gli Uber Files pubblicati dal Guardian

11 Luglio 2022

Un’inchiesta del Guardian ha pubblicato oltre 124mila documenti riservati che riguardano varie nefandezze compiute da Uber. Tra queste, limitandosi solo alle più gravi, ci sarebbero aver mentito alle forze dell’ordine, reiterate violenze sui lavoratori e indebite pressioni sui governi nazionali. «La violenza garantisce il successo», sarebbe stato il motto dell’ex Ceo di Uber. L’azienda ha affermato che il suo «comportamento passato non era in linea con i valori attuali», rivendicando di essere oggi un’impresa «diversa». Gli Uber Files includono 83 mila scambi – tra mail e messaggi Whatasapp e iMessages – datati dal 2013 al 2017 che rivelano, per la prima volta, come Uber abbia investito 90 milioni di dollari all’anno per reclutare politici amichevoli e farsi aiutare da loro nella sua campagna per sconvolgere l’industria dei taxi in Europa.

Tra i leader citati, Scholz, l’attuale Cancelliere tedesco, sarebbe l’unico ad aver respinto le pressioni dell’azienda. Quando era sindaco di Amburgo, Scholz riuscì a resistere all’insistente lobbying dell’impresa, affermando in più occasioni che lui avrebbe permesso l’ingresso di Uber nella sua città a patto che quest’ultima avesse garantito agli autisti un salario minimo. Per tutta risposta, i dirigenti di Uber lo definirono, nel loro circolino privato, «un pagliaccio». La Commissione Europea sta pensando di avviare un’indagine sulla sua ex vicepresidente Neelie Kroes, dopo che dai file trapelati si è scoperto che aveva aiutato Uber a fare pressioni sul Primo ministro olandese, Mark Rutte, e una serie di altri politici olandesi. Dagli scambi intercorsi in quel periodo di tempo tra i dirigenti di Uber si capisce come questi ultimi fossero perfettamente consapevoli che le loro azioni fossero ampiamente al di là del confine tracciato dalla legge. Spesso tra di loro scherzavano definendosi «pirati» e descrivendo le loro attività imprenditoriali come «semplicemente illegali, cazzo». 

Ciò che colpisce degli Uber Files è l’accesso che gli executive dell’azienda riuscivano ad avere presso i politici più importanti e potenti del mondo. A quanto si legge nei documenti, quando era Ministro dell’economia e delle finanze, Emmanuel Macron incontrava spesso i vertici di Uber e fece di tutto per favorire l’azienda attraverso le iniziative legislative del governo. Negli anni in cui era il vice Presidente degli Stati Uniti d’America, Joe Biden si è definito spesso un sostenitore di Uber e del suo modello di gig economy. Travis Kalanick, all’epoca Ceo di Uber, incontrava spesso il Vp americano e mostrava nei suoi confronti un atteggiamento sprezzante: se Biden arrivava in ritardo a un appuntamento, Kalanick ordinava ai suoi collaboratori di fargli sapere che ogni minuto perso era perso per sempre, lui non avrebbe avuto altro tempo da dedicargli. Da quello che si legge nei file, Biden, prima di partecipare al Forum di Davos, cambiò una parte del suo discorso per inserire riferimenti che, anche se non espliciti, rimandavano evidentemente a Uber, definita un’azienda che lasciava ai lavoratori «la libertà di lavorare quante ore vogliono e di gestire la loro vita come preferiscono».

La parte più inquietante degli Uber Files, però, è quella che racconta gli estremi ai quali l’azienda era disposta ad arrivare pur di ottenere una legislazione a lei favorevole e l’ingresso in nuovi mercati. Oltre a “sedurre” politici, accademici e giornalisti in modo tale che producessero dimostrazioni inattaccabili della desiderabilità del suo modello economico, Uber aveva affinato anche un metodo per rispondere alle proteste dei tassisti che hanno sempre accusato la app di concorrenza sleale. Secondo Kalanick, bisognava “invitare” gli autisti di Uber a continuare a guidare in ogni caso, anche nel mezzo di situazioni (cortei, proteste, manifestazioni) che potevano mettere a repentaglio la loro incolumità. Se anche si fossero verificati degli incidenti, l’ex Ceo si mostrava piuttosto tranquillo, persino allettato dall’idea dello scontro frontale: «Ne vale la pena», scriveva. «È una parte normale del lavoro di Uber. Abbracciate il caos. Significa che state facendo una cosa importante».

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