L’escalation al confine russo ha trasformato la meta turistica natalizia della Lapponia in un sito sensibile per l’Alleanza Atlantica.
Il governo americano vuole che i turisti rivelino i loro ultimi 5 anni di attività sui social per ottenere il visto
Per ottenere il visto anche i turisti europei dovranno rivelare i propri account social e quanto si è postato nell'ultimo quinquennio.
L’amministrazione statunitense vuole introdurre un requisito aggiuntivo per i turisti che richiedono il visto d’ingresso al Paese: consegnare la cronologia degli ultimi cinque anni di attività sui social network, compresi i profili utente su tutte le piattaforme utilizzate. La misura rientra in un nuovo pacchetto di controlli sui cittadini stranieri e va ad affiancare le procedure già in vigore per l’ingresso negli Stati Uniti. L’obiettivo dichiarato è identificare potenziali rischi per la sicurezza nazionale attraverso l’analisi dei contenuti pubblici diffusi dagli utenti. Come ha spiegato anche il Guardian, il piano prevede non solo di condividere con le autorità statunitensi tutti i propri account social, ma anche la raccolta di informazioni su familiari, precedenti recapiti, occupazione, contatti frequenti e persino tutti gli indirizzi email attivi (tutti dati che bisognerà fornire nel momento della compilazione dell’Esta). La richiesta varrà per i richiedenti visti turistici di Paesi alleati, inclusi quelli dell’Unione Europea, del Regno Unito, dell’Australia e del Giappone, che finora avevano goduto di procedure semplificate per ottenere il visto.
Alcune categorie professionali sono già sotto esame da tempo e viene loro richiesto di “sbloccare” gli account social privati per essere vagliati. Studenti stranieri, ricercatori in settori sensibili, attivisti, giornalisti e fact-checker rientrano da tempo nei profili che le autorità americane considerano ad alto potenziale di rischio informativo. Un’espressione che per l’amministrazione Trump comprende quanti sono critici verso il suo operato o le posizioni politiche degli Stati Uniti in ambito interno e internazionale. L’estensione di queste verifiche “social” anche ai turisti ordinari segna un salto di scala nella logica della sicurezza preventiva, ma rischia anche di essere un boomerang economico.
L’impatto sugli arrivi turistici negli Stati Uniti rischia di essere notevole: dopo la pandemia il turismo internazionale verso gli Stati Uniti non ha ancora recuperato del tutto, e ulteriori obblighi burocratici potrebbero scoraggiare proprio quella platea di visitatori europei e asiatici considerata cruciale per la ripresa. La misura arriva inoltre alla vigilia dei mondiali di calcio del 2026, che gli Stati Uniti ospiteranno insieme a Canada e Messico e con le olimpiadi estive di Los Angeles all’orizzonte. Le compagnie del settore temono un effetto deterrente, con viaggiatori scoraggiati dall’idea di consegnare anni di vita digitale ai sistemi di controllo. In questo senso, la norma non incide solo sulla privacy, ma rischia di modificare i flussi culturali e commerciali che gli Stati Uniti considerano parte integrante della propria proiezione internazionale.
Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
Il Mixed Migration Centre ha pubblicato un ampio studio in cui dimostra che le politiche anti immigrazione stanno solo aggravando il problema che avrebbero dovuto risolvere.