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Anche i detenuti vogliono essere creator

Negli ultimi anni, insieme ai cellulari anche i social sono entrati nella quotidianità del carcere, e stanno contribuendo a restituire ai detenuti il racconto della loro vita.

di Gabriel Seroussi

A chiunque nella propria vita è capitato almeno una volta di provare quella strana sensazione di ansia che si ha quando ci si rende conto di non poter disporre del proprio cellulare. Non è solo il timore di poter aver perso un qualcosa di valore, è una sorta di agitazione dovuta alla separazione forzata da un oggetto a cui si assegna un valore sociale fondamentale. Questo tipo di smarrimento è così diffuso da avere acquistato un nome in ambito scientifico, si chiama nomofonia. Con la nascita degli smartphone e dei social network, il cellulare è infatti diventato un oggetto quasi indispensabile. Non c’è nemmeno bisogno di elencare tutte le funzioni pratiche, comunicative e affettive che oggi i telefoni ricoprono nella nostra vita quotidiana.

Tutto però cambia quando pensiamo all’utilizzo che i detenuti possono fare dei cellulari. Nell’immaginario collettivo che abbiamo del carcere, il cellulare rappresenta un elemento raro e pericoloso, adoperato dai detenuti per compiere attività illecite come vendere droga o tentare l’evasione. La realtà carceraria è però molto diversa dalla fiction. I cellulari sono, sì, un bene ambito in prigione, utilizzato anche con finalità criminali, ma nella maggior parte dei casi il loro uso è esattamente lo stesso che se ne farebbe in libertà: lo si adopera per comunicare, per informarsi e, perché no, per divertirsi.

Ed è così che negli ultimi anni, insieme ai telefonini, anche i social network sono sempre più entrati nella quotidianità di molti detenuti nel mondo. TikTok, Instagram e Snapchat sono diventati i luoghi prediletti dove sconfiggere la noia e la monotonia. E oltre ai molti utenti passivi sono nati anche i primi creator. Tra ricette, balletti e video motivazionali e informativi questo fenomeno sta assumendo sempre più rilevanza online, macinando visualizzazioni e smentendo involontariamente molti stereotipi sulla vita in carcere.

I primissimi video virali realizzati da detenuti su TikTok risalgono al 2020 e hanno come ambientazione le prigioni statunitensi. La popolazione carceraria americana, la più ampia al mondo, è quella che riesce a disporre con maggiore facilità di smartphone. Un sistema radicato di contrabbando è infatti diffuso in molti penitenziari del Paese. Su TikTok spopolano quindi i video che ripropongono in chiave carceraria i trend più popolari sul social. È un buon esempio il caso dei video Of course, ossia di quei contenuti in cui gli utenti condividono stereotipi divertenti sulla propria identità, introdotti, per l’appunto, dalla frase idiomatica “of course”. Questo trend è arrivato anche in carcere dove molti detenuti hanno proposto una loro versione, ironizzando sulla propria condizione e sui luoghi comuni di cui è oggetto.

 

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Ma gli utenti reclusi in carcere non si limitano solo a riprodurre le tendenze già virali sul social cinese. Molti si impegnano nel raccontare la propria vita quotidiana, altri si concentrano sullo stato in cui versa la struttura in cui sono confinati. Sono assai diffusi anche i profili che cercano di raccogliere fondi. Nomi utente che contengono la parola “free” e bio che riportano un link di PayPal, sono comuni soprattutto nei penitenziari americani. Esistono poi dei veri e propri creator che propongono dei format fissi e hanno ritmi di pubblicazione scanditi nel tempo. È il caso dell’ormai ex detenuto francese UnTikToklard, diventato virale grazie ai suoi tutorial su come cucinare piatti prelibati con gli utensili e i prodotti che si hanno a disposizione in prigione.

La maggior parte dei video che si trovano online sono però frutto del lavoro di pagine che si occupano di raccogliere e condividere contenuti realizzati da singoli utenti in giro per il mondo. La più popolare in questo momento è sicuramente Prison0000, un fenomeno social che conta più 500 mila follower su Instagram. Questo pagina, nata solo pochi mesi fa, è cresciuta in tempi record diventando un punto di riferimento per i detenuti stessi che la contattano per poter essere pubblicati sul suo feed. Prison0000, come altri profili analoghi, ha un secondo volto su Telegram dove, attraverso i canali offerti dal servizio di messaggistica privato, diffonde contenuti che verrebbero bannati da Instagram e TikTok come video di risse o pestaggi.

In Italia il rapporto tra social network e sistema penitenziario è molto diverso. Nel nostro Paese la circolazione di smartphone in carcere è assai più ridotta rispetto ad altri stati europei. Il regime di isolamento a cui sono sottoposti i detenuti in Italia rende i cellulari un bene sostanzialmente di lusso. Nonostante questa condizione particolare, gli ultimi dati disponibili online, risalenti al 2020, raccontano di 1761 apparecchi telefonici sequestrati nelle carceri nostrane, un numero in crescita rispetto agli anni precedenti. Se poi osserviamo TikTok, in tempi recenti, la diffusione di contenuti prodotti da utenti detenuti in Italia è aumentata sensibilmente. Più restii a mostrare il proprio volto, questi si dedicano principalmente a video in cui riprendono estratti brevi della propria quotidianità come la preparazione di un piatto o una mano di briscola con altri detenuti. Il tono è quasi sempre motivazionale con frasi come “chi non c’è passato non può sapere” scritte a caratteri cubitali. A farla da padrone a livello sonoro sono le canzoni neomelodiche napoletane, sottofondo perenne di ogni tipo di contenuto.

Una tipologia di profilo tutto italiano è invece quello di coppia. Sono molte infatti le compagne dei detenuti che realizzano video sul partner, condividendo esperienze e informazioni relative alla detenzione. Spesso questi utenti producono anche montaggi in cui compaiono i detenuti stessi durante i colloqui in videochiamata. Un vero e proprio format è diventato poi il video della scarcerazione del compagno. Canzone romantica di sottofondo, palloncini in aria, le porte del penitenziario che si aprono, l’abbraccio affettuoso tra la coppia sono la sceneggiatura classica di questi tipi di contenuto.

Uno dei profili di coppia più seguiti su TikTok in Italia è quello di Anna e Michele, il cui account conta più di 19 mila follower. Durante la detenzione di Michele, nel carcere di Lecce, Anna ha raccontato il suo rapporto materiale e psicologico con il compagno. Oltre a documentare i lunghi viaggi che era costretta a compiere per raggiungere i colloqui, Anna produceva montaggi, anche molto intimi, in cui esprimeva le sue emozioni in relazione alla carcerazione di Michele. Tanti sono i video dominati dalla nostalgia, ma non solo. In più casi, per esempio, Anna racconta della gelosia e del timore che provava quando veniva a conoscenza del fatto che il marito sarebbe andato in infermeria per un controllo di routine. L’ansia per l’avvenenza delle infermiere è infatti un elemento che torna più volte nei video della ragazza.

@mannolo_fra Un altro raggio di sole in famiglia! ☀️🦁⛓️ #carcere #libertà #detenuti #neiperte #famiglia ♬ suono originale – @songnaples_official

Un altro caso molto interessante di creator detenuto sul suolo italiano è quello di Simo Lmanira. L’utente di nazionalità marocchina è stato recluso nel Centro per il Rimpatrio di Milano in quanto immigrato irregolare. Ora, a giudicare dal suo profilo, non è più trattenuto all’interno di quella struttura. Tra le mura del Cpr, in quello che è un vero e proprio carcere, le cui condizioni sanitarie e di trattamento dei detenuti continuano a far discutere, il giovane ha prodotto una serie di video che documentano la quotidianità sua e delle altre persone lì rinchiuse. La sua esperienza, apparentemente unica in Italia, rappresenta una testimonianza utilissima sullo stato di violenza che vige in quell’istituto.

Naturalmente, i casi di creator detenuti rappresentano solo la punta dell’iceberg di un mondo sommerso di utenti passivi che dai penitenziari cercano di costruire ponti con l’esterno. Si tratta infatti di una bisogno reale, quello di socializzare, che il cellulare ricopre e, in qualche modo, simboleggia nella nostra società. Una introduzione dei telefonini in carcere non è quindi un’ipotesi così assurda. Se ne era arrivati a parlare in Inghilterra nel 2018, quando l’allora Segretario alla Giustizia David Gauke aveva annunciato che il governo avrebbe valutato l’introduzione dei cellulari in carcere per alcune categorie di detenuti. Secondo le stime del ministero inglese questa operazione avrebbe ridotto del 40 per cento la possibilità che i detenuti compissero altri reati una volta scontata la pena. Non solo infatti il regime di illegalità dei cellulari nelle prigioni finisce per alimentare il contrabbando degli stessi e il loro utilizzo a fini criminali, ma una loro introduzione aiuterebbe i detenuti a mantenere un rapporto equilibrato e sano con il mondo esterno.