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Dove va il mondo dell’arte secondo il grande mercante Simon de Pury

Intervista al curatore che ha trasformato le aste in veri spettacoli su quello che succederà, tra pandemia e Nft, nel mondo del collezionismo.

di Enrico Ratto

Simon de Pury, foto di Elizabeth Zeschin

Quando si tratta di spiegare le dinamiche, complicate e poco accessibili, del suo mondo, il sistema dell’arte, Simon de Pury inizia a parlare di musica, di rock’n’roll. Beatles, Rolling Stones e Bob Dylan sono sempre in agguato nella conversazione. D’altra parte, lo hanno definito il “Mick Jagger del mondo dell’arte”, per aver trasformato le aste in uno show a cui tutti volevano assistere. Nella sua lunga vita professionale, ogni dieci anni una rivoluzione, un cambiamento. A ventisette anni viene chiamato a curare la ricchissima collezione Thyssen, poi entra in Sotheby’s, la lascia per fondare la Puryand Luxemburg Art che poco dopo si fonde con Phillips per dar vita alla più piccola delle grandi case d’asta, la Phillips de Pury. Dinamica, attenta alla fotografia, anno dopo anno insidia le quote di mercato dei due giganti Sotheby’s e Christie’s. Simon de Pury è sempre sul palco per gestire – live, come un concerto rock – le transazioni più complicate. Nel 2013 vende le proprie quote in Phillips e si dedica alle consulenze private. Nel 2018 vince una causa, controparte l’Alta Corte del Regno Unito, e incassa dieci milioni di dollari di commissione per la vendita di un Gauguin – una delle vendite private più alte di tutti i tempi. Lo abbiamo rintracciato mentre si trova per lavoro a Dubai, entusiasta di come stiano andando le cose.

ⓢ Che anno è stato per il mercato dell’arte?
Un anno di completa trasformazione, perché il sistema dell’arte per troppo tempo ha opposto resistenza alla rivoluzione tecnologica, lo ha fatto per difendere lo status quo e per difendere il mercato così come era sempre stato. In un solo anno, l’attività online ha fatto più progressi che negli ultimi venticinque. C’è stata un’incredibile crescita dell’offerta, di opere d’arte immesse sul mercato e scambiate. Nei prossimi mesi vedremo momenti molto importanti: in maggio Sotheby’s porterà in asta alcuni bellissimi Monet; anche Christie’s è pronta con alcuni pezzi importanti. Il mercato è in grande forma.

ⓢ Sembra di sentir parlare di Tesla e Amazon…
Da una parte la pandemia ha creato grandi problemi ai musei istituzionali e alle gallerie pubbliche rimaste chiuse per mesi, e ci vorranno anni per vedere le ripercussioni di tutto questo. Ma per quanto riguarda il mercato dell’arte, siamo ottimisti. Le case d’asta hanno creato dei veri e propri studi televisivi, con migliaia di collezionisti in collegamento. E, soprattutto, hanno potuto risparmiare parecchi soldi. Uno dei costi più alti per una sessione d’asta è la produzione di quei bellissimi cataloghi, molto costosi sia da stampare sia spedire nel mondo. L’altro grande costo su cui si è risparmiato sono stati i continui viaggi da una parte all’altra del mondo, ogni preview delle aste toccava tre o quattro grandi metropoli del mondo, oggi tutto si fa su Zoom.

ⓢ E i collezionisti apprezzano questo mondo fatto di monitor, agende dei collegamenti, auricolari e click?
Intanto, è un dato che ci sia molto più denaro oggi da spendere nel mondo dell’arte rispetto all’inizio della pandemia. E poi, i collezionisti stanno facendo bene i compiti, insomma trascorrono molto tempo sui social media per scoprire artisti interessanti. Ognuno ha bisogno di adattarsi al cambiamento, e anche i collezionisti possono trarre il meglio da questa situazione.

ⓢ Più pubblico (online) significa più vendite?
Ogni asta è seguita da alcune migliaia di persone, e naturalmente solo una parte di questi sono interessati davvero all’acquisto, ma la base di chi segue il mercato si sta allargando. Le aste si stanno spostando sempre più verso uno show in grado di attrarre una larga audience. Gli artisti, da parte loro, sono in grado di ricevere più attenzioni sui social media e, se da una parte sembra che ci sia un minore sforzo nel mostrare i lavori, è in realtà più grande, di ricerca del modo migliore per mostrare i propri lavori sulle piattaforme di social media. Tutto questo è uno sviluppo molto positivo ed interessante.

ⓢ Parliamo dell’altra rivoluzione digitale, la blockchain. Dobbiamo credere ai certificati Nft nel mondo dell’arte?
Credo molto nella tecnologia blockchain che verrà. Nel sistema dell’arte una delle più componenti più importanti è dare un valore finanziario alla provenienza dell’opera. E, molto speso, la storia dell’opera è l’elemento più incerto. Qualsiasi cosa si possa fare per dare certezze rispetto alla storia dell’opera, rispetto all’autore, rispetto alle transazioni attraverso cui è passata e quando queste sono avvenute, è sempre un fattore per portare fiducia nel mondo dell’arte. L’unico allarme è tutto l’aspetto ecologico che riguarda la produzione dei certificati Nft. È poi necessario che tutto il sistema della blockchain diventi più semplice, più user-friendly: molti collezionisti oggi non hanno la minima idea di che cosa sia, e come si produca, un Nft.

Foto di Luc Castel

ⓢ Ci sono ambiti, come la fotografia, a cui gli Nft possono dare quella fiducia che è sempre mancata.
La fotografia è un settore che ha sempre avuto il problema dei certificati, delle edizioni. Quando Sotheby’s e Christie’s hanno iniziato a portare in asta la fotografia, negli anni ’70, la maggior parte dei collezionisti non riusciva a capire come si potesse dare valore a qualcosa che, per sua natura, era riproducibile all’infinito. Solo a metà degli anni ’80, quando è stato tecnicamente possibile produrre stampe molto grandi, che come dimensioni si avvicinavano alla pittura, è decollato il mercato della fotografia. E, allo stesso tempo, le edizioni sono diventate sempre più limitate. Andreas Gursky, il fotografo che ha avuto più successo nel mercato dell’arte, ha lavorato su tirature in edizione di sei, e tre di queste sono sempre state destinate ad istituzioni pubbliche, in modo che le opere realmente in circolazione fossero pochissime. Questo ha incoraggiato la fiducia da parte del mercato. Oggi, grazie alla tecnologia, agli Nft, possiamo dare ai collezionisti quella sensazione di possedere qualcosa di unico, di essere l’unica persona proprietaria di quell’opera.

ⓢ È un sistema talmente nuovo che saranno in molti a dover studiare, a dover fare bene i compiti, appunto.
Vedo che le persone che operano in questo nuovo sistema non sempre sono le persone, i curatori, i galleristi, gli artisti che operano nel sistema dell’arte tradizionale. Succede un po’ quello che è sempre successo nel mondo della musica, quando è nato il rock’n’roll, o il punk, o l’hip hop, ad entrare nel nuovo sistema sono nuove persone.

ⓢ Chi è il collezionista del futuro?
Sono sempre molto affascinato quando conosco collezionisti e vedo come si comportano, come pensano, a che cosa si appassionano. Sai, nella maggior parte dei casi, si tratta di reazioni a ciò che li appassionava quando erano teenager. Per tutti funziona così. Quando, improvvisamente, hai avuto le prime esperienze culturali, hai incontrato la musica, l’arte, il digitale. Ciò che ti affascinava quando eri teenager ha una enorme influenza sulle tue passioni lungo la vita. Io sono stato teenager negli anni ’60 ed ho visto persone della mia generazione avere molto successo e, quando hanno iniziato a collezionare arte, hanno comprato i grandi artisti del loro momento di crescita. Compravano Warhol, Jasper Jones, Robert Rauschenberg, perché normalmente hai una migliore comprensione dell’arte che hai conosciuto durante la tua gioventù. Ma, d’altra parte, ci sono alcuni collezionisti molto in gamba che riescono ad andare oltre questo atteggiamento, ed hanno una profonda comprensione delle generazioni successive alla loro, si impegnano perché non vogliono perdersi ciò che le nuove generazioni stanno producendo. Così come la musica non si ferma mai, l’arte non si ferma mai. Il rock’n’roll è stato dichiarato morto parecchie volte, la pittura è stata dichiarata morta moltissime volte, e tutti sappiamo che stanno molto bene. Ho cinque figli, di cui una bambina di sei anni. Per lei, tutto è digitale, i suoi eroi sono digitali, i suoi giochi sono digitali. Penso che per lei tutta la storia degli Nft sarà completamente naturale, le sembrerà bizzarro che qualcuno, in questi anni, trovasse così complicato capire questo meccanismo.

ⓢ Oggi hai scelto di vivere in Europa. Pensi che l’Europa abbia qualcosa da dire nel sistema dell’arte?
Al di là di Asia, Medio Oriente, Africa, America Latina, penso che Europa e Nord America siano il mondo certo di oggi. La realtà è che oggi tutto è completamente decentralizzato, posso certamente dire che Parigi è un grande centro dell’arte, così come che Los Angeles è probabilmente il luogo con la maggior concentrazione di artisti interessanti. Ma, a parte questi casi, non esiste un centro. Le persone si muovono molto, e devo dire che il pericolo della nostra mentalità è considerare la possibilità di spostarsi come qualcosa di garantito – lo abbiamo visto quest’anno.

ⓢ Negli ultimi dieci anni ci sono stati grandi cambiamenti nella tua vita professionale, quando capisci che è il momento per rompere e prendere una strada nuova?
È strano come, da sempre, nella mia vita professionale e privata, i grandi cambiamenti siano avvenuti ogni dieci anni. Non sempre è successo per decisioni consapevoli. Ogni volta che avviene un grande cambiamento, parti da zero, e ti prendi tutti i rischi, ma spesso è più rischioso non prendersi dei rischi. Sono sempre stati cambiamenti nati da una combinazione di coincidenza e di necessità. Ho sempre il bisogno di restare stimolato e attento, ero così quando ho iniziato e lo sono oggi.