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Kevin Spacey ha raccontato di essere senza fissa dimora, di vivere in alberghi e Airbnb e che per guadagnare deve fare spettacoli nelle discoteche a Cipro L'ultima esibizione l'ha fatta nella discoteca Monte Caputo di Limisso, biglietto d'ingresso fino a 1200 euro.
Isabella Rossellini ha detto che oggi non è mai abbastanza vecchia per i ruoli da vecchia, dopo anni in cui le dicevano che non era abbastanza giovane per i ruoli da giovane In un reel su Instagram l'attrice ha ribadito ancora una volta che il cinema ha un grave problema con l'età delle donne. 
Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, le donazioni per Gaza si sono quasi azzerate Diverse organizzazioni umanitarie, sia molto piccole che le più grandi, riportano cali del 30 per cento, anche del 50, in alcuni casi interruzioni totali.
Lorenzo Bertelli, il figlio di Miuccia Prada, sarà il nuovo presidente di Versace Lo ha rivelato nell'ultimo episodio del podcast di Bloomberg, Quello che i soldi non dicono.
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È morto Renato Casaro, il disegnatore che ha trasformato le locandine per il cinema in una forma d’arte

Aveva 89 anni, è a lui che dobbiamo locandine memorabili come quelle di Per un pugno di dollari, C'era una volta in America e L’ultimo imperatore.

01 Ottobre 2025

«Ho sempre avuto un debole per gli eroi», diceva Renato Casaro per spiegare quella sua tendenza a “ingigantire” i protagonisti dei film, a farne dei colossi piazzati al centro delle sue locandine, grandi più del mondo in cui vivevano le loro avventure. Casaro è morto il 30 settembre 2025, a 89 anni, nella sua città, Treviso. Quasi tutta la vita l’ha passata a disegnare locandine di film oggi considerate oggetti da collezione, quasi opere d’arte. Quasi tutta la vita perché Casaro aveva lasciato il mestiere nel 1998, quando capì che agli studi di produzione ormai non interessavano più le locandine disegnate a mano. Lui di lavorare con il computer e con i software non voleva saperne, quindi preferì ritirarsi a vita privata. In pensione ci rimase fino a quando non ricevette la telefonata di Quentin Tarantino, che voleva assolutamente che fosse lui a disegnare una locandina “fittizia” di C’era una volta a… Hollywood. «Una bellissima sorpresa», la definì Casaro.

C’è un sito dedicato all’arte di Casaro in cui sono raccolte tutte le locandine che ha disegnato nella sua lunga e prolifica carriera. Servono 71 pagine per vederle tutte, perché Casaro aveva con il suo mestiere un approccio da artigiano: fare bene e fare tanto erano quasi sinonimi, per lui. «A tutti, come figli, ma se proprio dovessi scegliere: Il tè nel deserto, per la sintesi, L’ultimo imperatore, per il grande impatto mistico di composizione e di atmosfera, premiato da Hollywood Reporter come miglior manifesto mondiale 1988», questa la risposta che Casaro dava a chi gli chiedeva a quale locandina fosse più affezionato. Fare una selezione delle sue locandine migliori, anche una basata esclusivamente sui gusti personali, è davvero difficile. Anche perché Casaro è noto ai più per una certa estetica “eroica”, come detto prima: quella delle locandine di Conan, di Red Sonja, di Rambo, di Total Recall, solo per citare le più famose e apprezzate.

Ma Casaro era capace di fare tutto quello di cui il film aveva bisogno. Sempre nel sito a lui dedicato, viene definito un movie painter, un pittore del e per il cinema. E d’altronde, le sue ispirazioni erano Norman Rockwell e Angelo Cesselon. «I pittori di cinema mirano a portare gli spettatori al cinema. Renato Casaro mira a portare il cinema agli spettatori», si legge in alto nella homepage. E in effetti, quello che colpisce dell’opera di Casaro, a conoscerla davvero, è quanto diverse potessero essere le sue locandine: quella di Navajo era completamente diversa da quella di Per un pugno di dollari, e quest’ultima era completamente diversa da quella di C’era una volta in America, e quella di Solaris era a sua volta diversa da tutte le altre («Solaris fu facile da fare. Peccato, però, che non ho mai incontrato Tarkovsky di persona»). In parte, Casaro spiegava questa varietà con le mancanze dell’industria cinematografica italiana dell’epoca: «A quei tempi in Italia non esistevano agenzie pubblicitarie, quindi io ero il mio stesso direttore artistico, ero in controllo di tutto il processo creativo, dall’ideazione alla realizzazione», spiegava in un’intervista al Guardian. Faceva quello che voleva, in sostanza. Ed è così che è diventato uno dei più famosi locandinisti, anzi, movie painter, della storia del cinema.

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