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L’attore e regista Jesse Eisenberg ha detto che donerà un rene a un estraneo perché gli va e perché è giusto farlo Non c'è neanche da pensarci, ha detto, spiegando che a dicembre si sottoporrà all'intervento.
A Parigi c’è una mensa per aiutare gli studenti che hanno pochi soldi e pochi amici Si chiama La Cop1ne e propone esclusivamente cucina vegetariana, un menù costa 3 euro.
Il Premier australiano è stato accusato di antisemitismo per aver indossato una maglietta dei Joy Division Una deputata conservatrice l’ha attaccato sostenendo che l’iconica t-shirt con la copertina di Unknown Pleasures sia un simbolo antisemita.
Lo scorso ottobre è stato uno dei mesi con più flop al botteghino nella storia recente del cinema In particolare negli Stati Uniti: era dal 1997 che non si registrava un simile disastro.
La neo premio Nobel per la pace Maria Corina Machado ha detto che l’intervento militare è l’unico modo per mandare via Maduro La leader dell’opposizione venezuelana sembra così approvare l'iniziativa militare presa dall'amministrazione Trump.
Dopo il caso degli accoltellamenti sul treno, in Inghilterra vorrebbero installare nelle stazioni i metal detector come negli aeroporti Ma la ministra dei Trasporti Heidi Alexander ha già fatto sapere che la cosa renderà «un inferno» la vita dei passeggeri.
La Sagrada Família è diventata la chiesa più alta del mondo Il posizionamento di una parte della torre centrale sopra la navata ha portato l’altezza della chiesa a 162,91 metri superando i 161,53 della guglia della cattedrale di Ulm, in Germania
A giudicare dai nomi coinvolti, Hollywood punta molto sul film di Call of Duty Un veterano dei film bellici e lo showrunner del momento sono i due nomi chiamati a sdoganare definitivamente i videogiochi al cinema.

Perché trarre film dai romanzi di Philip Roth è così difficile

02 Agosto 2016

Nelle sale americane è appena uscito Indignation, l’esordio alla regia di James Schamus basato sull’omonimo libro di Roth, noto in Italia col titolo Indignazione. La trama: all’inizio degli anni Cinquanta, il figlio di un macellaio del New Jersey lascia la propria città, Newark, per frequentare un rigoroso college dell’Ohio. Indignation è anche il settimo adattamento cinematografico di un titolo del celebrato romanziere americano, il cui atteggiamento nei confronti del cinema, sviscerato in un interessante pezzo del New Yorker, è in genere tutt’altro che positivo.

«Roth non è uno snob», scrive l’autore del magazine, ma la sua educazione alla Bucknell University e all’Università di Chicago gli ha insegnato a distinguere in maniera netta tra la cultura pop e «le cose serie». Forse per questo sul finire degli anni Ottanta mandò una lettera all’allora scrittore in erba britannico Hanif Kureishi, che aveva appena firmato la sceneggiatura della serie tv diventata film My Beautiful Laundrette, per comunicargli che, a suo modo di vedere le cose, sarebbe stato meglio indirizzare il suo talento verso la letteratura: «Sento che puoi comunicarci il tuo mondo in modo più potente con la fiction, rispetto che coi film», aveva vergato Roth.

shadow_image_110619Potrebbe essere un caso isolato, se non fosse che in un’intervista apparsa poco dopo sulla London Review of Books lo scrittore lamentava «discussioni animate su film di seconda categoria» che toglievano spazio al dibattito letterario. E ancora: nel suo settimo romanzo La mia vita di uomo, il romanziere Peter Tarnopol viene raggelato dalla prospettiva di dedicarsi alla scrittura di copioni cinematografici per pagare gli alimenti alla sua ex moglie, mentre nella sua autobiografia, I fatti, Roth descrive Chicago come «il posto migliore in America… per trovare brio intellettuale e per trovarsi, se non necessariamente in uno stato di opposizione ribelle, almeno a rincuorante distanza da una società concentrata sui consumi e sul guardare la tv».

Come Roth stesso ha avuto modo di dichiarare, le sue idee e le sue priorità si sono formate partendo dalla sua insofferenza per la lista dei best-seller del Times, il magazine Life e le contaminazioni con Hollywood. In realtà, tra le altre cose è lo stile stesso delle sue opere a rendere difficile la loro trasposizione cinematografica: come scritto in un post dell’Atlantic titolato semplicemente “Stop Making Film Adaptations of Philip Roth Novels”, «non c’è digressione o montaggio che possa rappresentare fedelmente i laboriosi contesti storici e psicologici che Roth impiega pagine su pagine per sviluppare». D’altronde, scrive il New Yorker:

You can picture Roth at his desk in rural Connecticut, far from the fluorescent, multiplex-ridden metropolis, writing the scenes in which Mickey communes with his lover’s ghost, yelling, “You filthy, wonderful Drenka cunt! Marry me! Marry me!,” and ejaculating over her grave—and then saying to himself, with a vindicated smile, “Try filming that.”

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