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La Tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore delle pensioni che si era travestito da sua madre Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.
A giudicare dai nomi in gara, Carlo Conti vuole che Sanremo 2026 piaccia soprattutto ai giovani Tanti nomi emergenti, molto rap e veterani al minimo: è questo il trend di Sanremo 2026, pensato per un pubblico social e under trenta.
I dazi turistici sono l’ultimo fronte nella guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa Mentre Trump impone agli stranieri una maxi tassa per l'ingresso ai parchi nazionali, il Louvre alza il prezzo del biglietto per gli "extracomunitari".
Papa Leone XIV ha benedetto un rave party in Slovacchia in cui a fare da dj c’era un prete portoghese Il tutto per festeggiare il 75esimo compleanno dell'Arcivescovo Bernard Bober di Kosice.
I distributori indipendenti americani riporteranno al cinema i film che non ha visto nessuno a causa del Covid Titoli molto amati da critici e cinefili – tra cui uno di Sean Baker e uno di Kelly Reichardt – torneranno in sala per riprendersi quello che il Covid ha tolto.
La presidente della Tanzania Samia Suluhu Hassan ha nominato il nuovo governo e ha fatto ministri tutti i membri della sua famiglia In un colpo solo ha sistemato due figlie, un nipote, un genero, un cognato e pure un carissimo amico di famiglia.

Perché trarre film dai romanzi di Philip Roth è così difficile

02 Agosto 2016

Nelle sale americane è appena uscito Indignation, l’esordio alla regia di James Schamus basato sull’omonimo libro di Roth, noto in Italia col titolo Indignazione. La trama: all’inizio degli anni Cinquanta, il figlio di un macellaio del New Jersey lascia la propria città, Newark, per frequentare un rigoroso college dell’Ohio. Indignation è anche il settimo adattamento cinematografico di un titolo del celebrato romanziere americano, il cui atteggiamento nei confronti del cinema, sviscerato in un interessante pezzo del New Yorker, è in genere tutt’altro che positivo.

«Roth non è uno snob», scrive l’autore del magazine, ma la sua educazione alla Bucknell University e all’Università di Chicago gli ha insegnato a distinguere in maniera netta tra la cultura pop e «le cose serie». Forse per questo sul finire degli anni Ottanta mandò una lettera all’allora scrittore in erba britannico Hanif Kureishi, che aveva appena firmato la sceneggiatura della serie tv diventata film My Beautiful Laundrette, per comunicargli che, a suo modo di vedere le cose, sarebbe stato meglio indirizzare il suo talento verso la letteratura: «Sento che puoi comunicarci il tuo mondo in modo più potente con la fiction, rispetto che coi film», aveva vergato Roth.

shadow_image_110619Potrebbe essere un caso isolato, se non fosse che in un’intervista apparsa poco dopo sulla London Review of Books lo scrittore lamentava «discussioni animate su film di seconda categoria» che toglievano spazio al dibattito letterario. E ancora: nel suo settimo romanzo La mia vita di uomo, il romanziere Peter Tarnopol viene raggelato dalla prospettiva di dedicarsi alla scrittura di copioni cinematografici per pagare gli alimenti alla sua ex moglie, mentre nella sua autobiografia, I fatti, Roth descrive Chicago come «il posto migliore in America… per trovare brio intellettuale e per trovarsi, se non necessariamente in uno stato di opposizione ribelle, almeno a rincuorante distanza da una società concentrata sui consumi e sul guardare la tv».

Come Roth stesso ha avuto modo di dichiarare, le sue idee e le sue priorità si sono formate partendo dalla sua insofferenza per la lista dei best-seller del Times, il magazine Life e le contaminazioni con Hollywood. In realtà, tra le altre cose è lo stile stesso delle sue opere a rendere difficile la loro trasposizione cinematografica: come scritto in un post dell’Atlantic titolato semplicemente “Stop Making Film Adaptations of Philip Roth Novels”, «non c’è digressione o montaggio che possa rappresentare fedelmente i laboriosi contesti storici e psicologici che Roth impiega pagine su pagine per sviluppare». D’altronde, scrive il New Yorker:

You can picture Roth at his desk in rural Connecticut, far from the fluorescent, multiplex-ridden metropolis, writing the scenes in which Mickey communes with his lover’s ghost, yelling, “You filthy, wonderful Drenka cunt! Marry me! Marry me!,” and ejaculating over her grave—and then saying to himself, with a vindicated smile, “Try filming that.”

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