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Tra i 12 film nella shortlist dell’Oscar al Miglior film internazionale ce ne sono tre che parlano di Palestina È invece rimasto fuori dalla lista Familia: il film di Francesco Costabile, purtroppo, non ha passato neanche la prima selezione dell’Academy.
I sostenitori di Trump sono andati sotto l’ultimo post Instagram di Romy Reiner a festeggiare la morte del padre A fomentare ulteriormente il loro odio è stata la breve didascalia del post che contiene una frase contro Trump.
La Spagna introdurrà un abbonamento mensile di 60 euro per viaggiare con tutti i mezzi pubblici in tutto il Paese È il secondo Paese in Europa che prende un'iniziativa simile: prima c'era stata la Germania, il cui abbonamento mensile costa anche meno.
Amazon installerà nei Kindle una AI che ti spiega i libri se non li hai capiti
 La nuova funzione si chiama "Ask This Book” e servirà ai lettori confusi, distratti o non proprio sveglissimi.
Il distributore americano Neon ha organizzato una proiezione per soli manager di No Other Choice di Park Chan-wook, che è un film su un uomo che uccide manager Con tanto di lettera indirizzata a tutti i Ceo delle aziende Fortune 500, invitati a vedere il film il 17 dicembre a New York alle ore 17 locali.
Zohran Mamdani ha fatto una performance in un museo di New York invitando i cittadini a dirgli quello che vogliono da lui Ispirandosi alla celebre performance di Marina Abramović, il sindaco ha offerto colloqui di tre minuti a chiunque volesse parlargli.
Negli anni ’60 la Cia ha perso un ordigno nucleare sull’Himalaya e ancora non l’ha ritrovato Nel 1965, sulla vetta di Nanda Devi, l'intelligence americana ha perso un dispositivo alimentato a plutonio. È ancora lì, da qualche parte.
Cosa c’è nei primi sei minuti dell’Odissea di Christopher Nolan che sono già stati mostrati nei cinema americani Questo "prologo" è stato proiettato in diverse sale negli Usa e ovviamente è già stato piratato e diffuso online.

Perché la Leopolda è utile al Pd

La kermesse del Premier e della sua gente non è il Partito democratico, ma non è neanche una struttura politica parallela. Rappresenta invece quel valore aggiunto per cui in molti si stanno avvicinando al Pd. A patto di concretizzare e radicare ulteriormente il proprio messaggio.

24 Ottobre 2014

A poche ore da quella che promette di essere la più affollata tra tutte le Leopolde organizzate in questi anni da Matteo Renzi, c’è una domanda precisa che gira per la testa di molti simpatizzanti e soprattutto di molti antipatizzanti del segretario del Pd: ma ora che il partito è conquistato, ora che il paese è governato, ora che l’opposizione si è liquefatta, la minoranza interna si è rarefatta, i burocrati sono stati rottamati, i sindacalisti sono stati sfidati, ora che il big bang a lungo promesso dall’ex sindaco di Firenze sembra essere (al di là delle conseguenze) sul punto di realizzarsi davvero, ora che insomma la Leopolda è entrata così tanto nel Dna del Pd da aver dato quasi l’impressione di aver trasformato il Pd in una corrente della Leopolda, che senso ha organizzare ancora, di nuovo, per l’ennesima volta quella che comprensibilmente può essere considerata una specie di riunione di corrente, una sorta di radunata dei talebani del renzismo, una sfilata di renziani della prima, della seconda e (deliziosi) dell’ultima ora?

Se si decide di andare a fondo e di studiare il renzismo non con lo spirito dei tifosi o dei non tifosi ma con quello degli appassionati di politica, il senso in fondo è perfettamente comprensibile e potremmo anche metterla così: la Leopolda – con le sue non bandiere, con i suoi non simboli di partito, con il suo essere insieme il massimo e il minimo dell’a-politica, con il suo essere estranea alle vecchie ideologie di sinistra, di centro e di destra, e con il suo voler essere un contenitore nuovo attraverso il quale far vivere magari anche vecchie idee ma comunque con una forma diversa (siamo sempre a McLuhan: il medium è il messaggio) – ha un qualche rapporto decisivo con il plusvalore oggettivo portato da Renzi nel Pd, e rappresenta in modo compiuto (almeno, finora lo è stato) quell’idea secondo la quale il Partito democratico non è solo il risultato di un’addizione tra forze politiche ma è anzi la dimostrazione – – in semiotica si chiama “Gestalt” – che la somma delle parti non è un’operazione matematica ma è un fenomeno più complesso, simile alla nascita di un figlio.

La Leopolda è uno strumento fondamentale sia per Renzi, sia soprattutto – eccolo il dato che ci sembra significativo – per il Pd

Dire che la Leopolda rappresenta il Pd è chiaramente una sciocchezza, mentre non lo è affatto affermare che la vocazione maggioritaria ricercata a lungo dal Pd è ben rappresentata dalle persone che in qualche modo sono legate all’esperienza della Leopolda. Ci fosse un manuale della politica alla voce Pd direbbe così: un partito che per essere compiuto e competitivo deve essere qualcosa in più della semplice idea che trasmette la parola “Pd”. Sotto questo punto di vista, dunque, si può capire anche qualcosa in più rispetto alla forza comunicativa di Renzi, che poi è anche la chiave del suo successo: essere percepito come un politico in continuità con la storia di un popolo di sinistra (in fondo, e i simboli contano, è stato Renzi a iscrivere il Pd al Pse e a scegliere di chiamare le feste del Pd feste dell’Unità e non democrat party) ma essere allo stesso tempo percepito come qualcosa di diverso, di complementare, e forse di più complesso. La Leopolda, da questo punto di vista, è uno strumento fondamentale sia per Renzi, sia soprattutto – eccolo il dato che ci sembra significativo – per il Pd. Nel rapporto con gli elettori, permette a Renzi di ricordare che il premier non è solo il segretario del Partito democratico ma è anche altro: è la somma del consenso espresso dagli iscritti e dagli elettori, dai tesserati e dai simpatizzanti, da quelli che votano da sempre a sinistra e quelli che ogni volta potrebbero farlo e magari non lo fanno; è qualcosa che si può apprezzare e magari votare perché rappresenta in un certo modo un plusvalore, un quid in più, rispetto al partito.

Nel rapporto con gli investitori poi – ovvero con i quattrini, tema fondamentale oggi per quei partiti che passo dopo passo dovranno affidarsi sempre meno alle risorse del pubblico e sempre più a quelle del privato – l’essere percepito come diverso dalla sola parola “Pd” è, se volete, ancora più importante, e permette al capo del Pd di essere apprezzato (e magari finanziato) anche da chi, per cultura, provenienza, storia, passioni, idee si sente rappresentato da Renzi più che dal Partito democratico.

La Leopolda, se depurata dalle pulsioni grilline che qualche volta si sono intraviste nella vecchia stazione di Firenze, può essere utile se non fondamentale per il Pd. Conquistato il partito, il governo, e arrivato a essere, nei sondaggi e alle elezioni, una forza importante e maggioritaria del paese, la sfida del governo Leopolda oggi appare un’altra: non si tratta di dimostrare di non essere un partito parallelo ma si tratta di una questione più importante: far sì che l’opa della Leopolda sul Partito democratico non sia solo estetica, comunicativa, fatta di annunci, e buoni propositi, ma sia più strutturale, più profonda, capace insomma non solo di far cambiare a forza, con gli strappi, la direzione, la rotta del Pd, ma sia capace di convincere anche coloro che sono ai remi che la direzione della nave non è quella inevitabile, quella da seguire perché non ci sono alternative, ma è quella giusta.

La missione di Renzi oggi è anche questa. È una missione complicata. Che richiede l’utilizzo di una squadra ben strutturata e radicata (cosa sulla quale Renzi deve ancora lavorare molto). Ma è l’unica missione che può permettere a Renzi di ripetere in Italia quello che Blair fece in Inghilterra negli anni Novanta: non si può cambiare la Gran Bretagna senza prima cambiare il Labour. E Renzi e i suoi, ovviamente, non riusciranno mai a cambiare l’Italia se prima non cambieranno il loro partito – e se si illuderanno, insomma, che per far vivere lo spirito della Leopolda in modo compiuto sia sufficiente farsi molti selfie in una vecchia stazione di Firenze. La differenza tra una rivoluzione improvvisata e una rivoluzione a lungo termine.

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