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00:05 martedì 17 giugno 2025
Pixar ha annunciato un film con protagonista un gatto nero e tutti hanno pensato che ricorda molto un altro film con protagonista un gatto nero Il film Disney-Pixar si intitola Gatto, è ambientato a Venezia e lo dirige Enrico Casarosa. Il film al quale viene accostato lo potete indovinare facilmente.
Tra Italia, Spagna e Portogallo si è tenuta una delle più grandi proteste del movimento contro l’overtourism Armati di pistole ad acqua, trolley e santini, i manifestanti sono scesi in piazza per tutto il fine settimana appena trascorso.
Will Smith ha detto che rifiutò la parte di protagonista in Inception perché non capiva la trama Christopher Nolan gli aveva offerto il ruolo, ma Smith disse di no perché nonostante le spiegazioni del regista la storia proprio non lo convinceva.
Hbo ha fatto un documentario per spiegare Amanda Lear e la tv italiana agli americani Si intitola Enigma, negli Usa uscirà a fine giugno e nel trailer ci sono anche Domenica In, Mara Venier e Gianni Boncompagni.
Le prime foto della serie di Ryan Murphy su JFK Junior e Carolyn Bessette non sono piaciute a nessuno La nuova serie American Love Story, ennesimo progetto di Ryan Murphy, debutterà su FX il giorno di San Valentino, nel 2026.
Il video del sassofonista che suona a un festa mentre i missili iraniani colpiscono Israele è assurdo ma vero È stato girato durante una festa in un locale di Beirut: si vedono benissimo i missili in cielo, le persone che riprendono tutto, la musica che va.
Dua Lipa e Callum Turner si sono innamorati grazie a Trust di Hernan Diaz Il premio Pulitzer 2023 è stato l'argomento della prima chiacchierata della loro relazione, ha rivelato la pop star.
In dieci anni una città spagnola ha perso tutte le sue spiagge per colpa della crisi climatica  A Montgat, Barcellona, non ci sono più le spiagge e nemmeno i turisti, un danno di un milione di euro all’anno per l'economia locale.

Pechino vs Microblog

Alla ricerca di contenuti “offensivi nei riguardi del Partito,” il governo impone aggiornamenti dei profili

24 Gennaio 2012

Le informazioni, in Cina, circolano troppo in fretta. Tutto per colpa dei microblog attraverso i quali non è solo possibile raggiungere ogni angolo del paese, ma si riescono anche a influenzare e a mobilitare le masse. Ecco perché Pechino, un paio di settimane fa, ha deciso di imporre a tutti gli utenti di social media e microblog di aggiornare i dati personali necessari per la registrazione entro massimo tre mesi. Precisando che chi non si atterrà alle nuove disposizioni e continuerà a registrarsi con nomi inventati verrà immediatamente bandito dal sistema.
In questo modo per la polizia dovrebbe diventare più semplice procedere all’identificazione immediata di chi pubblica contenuti “pericolosi, sovversivi o offensivi nei riguardi del Partito”, ma anche di chi usa la rete per “incitare o organizzare assemblee, manifestazioni e raduni illegali”. Infatti, pur avendo recentemente iniziato a sfruttare i social network anche per monitorare le idee dell’opinione pubblica, le forze dell’ordine hanno spiegato di essere particolarmente preoccupate dalla possibilità che utenti malintenzionati possano diffondere voci e pettegolezzi pericolosi per la stabilità sociale della nazione o immagini e contenuti pornografici.

Partita come iniziativa pilota solamente nella capitale, la registrazione obbligatoria per i social network è stata immediatamente estesa dai rappresentanti del partito di Shanghai, Tianjin, Guangzhou e Shenzhen, ed è probabile che tanti altri scelgano presto di seguire il loro esempio. Da un lato per dimostrare la fedeltà al regime in un anno particolarmente importante come quello del 18esimo Congresso del Partito Comunista. Dall’altro per provare a tenere sotto controllo anche grazie ai social network le proteste che in questa fase di crisi si stanno moltiplicando anche in Cina . Arrestando chi le promuove e le organizza.
Così come è certo che la causa di questa ennesima e improvvisa stretta sia stato il peggioramento della situazione nel villaggio di Wukan, è altrettanto evidente che rendere obbligatoria la registrazione degli utenti delle versioni orientali di Twitter non è riuscita a evitare ne’ che i cinesi fossero tenuti al corrente delle evoluzioni di questo piccolo villaggio del Guangdong, come le autorità avrebbero voluto, né che il “cattivo esempio” dei ribelli di Wukan fosse seguito da altri villaggi vicini.
A Wukan a settembre scorso gli abitanti si sono uniti in una protesta collettiva contro le autorità locali, accusate di aver rubato loro la terra per venderla a impresari edili senza scrupoli e intascarsi, in cambio, corpose tangenti. A Wukan la situazione è degenerata a dicembre, quando gli organizzatori delle proteste di settembre sono stati arrestati e uno di loro è morto in cella. Ufficialmente per “arresto cardiaco”, ma la comunità è convinta per i maltrattamenti subiti.

I blogger cinesi, che, in teoria, di Wukan non avrebbero dovuto sapere nulla, sono riusciti a seguire minuto per minuto le evoluzioni della crisi di “W” o di “Niaoqian”, un nome che si scrive con ideogrammi molto simili a quelli di Wukan e che, quindi, mantenendo l’assonanza riesce a superare la censura. E quando, dopo essere rimasti col fiato sospeso dopo la minaccia di ricorrere all’uso della forza per porre fine alla protesta, hanno scoperto che le autorità avevano finalmente accettato di scendere a patti con gli abitanti del villaggio, negoziando con una nuova commissione da loro nominata “democraticamente” un compromesso accettabile per tutti, anche le realtà vicine hanno pensato di organizzarsi per combattere simili episodi di corruzione di cui sono state vittime. Ottenendo ancora più successo rispetto a Wukan, dove l’idea di negoziato è stata presa in considerazione solo quattro mesi dopo le prime proteste. A Wanggang, invece, sono bastati tre giorni di manifestazioni per indurre le autorità a cercare il dialogo. E chissà se già nel breve periodo in altri villaggi si giungerà al compromesso senza bisogno di organizzare proteste violente.

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