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17:29 venerdì 5 dicembre 2025
Quentin Tarantino ha detto che Paul Dano è un attore scarso e i colleghi di Paul Dano hanno detto che Quentin Tarantino farebbe meglio a starsene zitto Tarantino lo ha accusato di aver “rovinato” Il petroliere, definendolo «un tipo debole e poco interessante».
Già quattro Paesi hanno annunciato il boicottaggio dell’Eurovision 2026 dopo la conferma della partecipazione di Israele Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia hanno annunciato la loro intenzione di boicottare questa edizione se davvero a Israele verrà permesso di partecipare.
Pantone è stata accusata di sostenere il suprematismo bianco perché ha scelto per la prima volta il bianco come colore dell’anno L'azienda ha spiegato che dietro la scelta non c'è nessuna intenzione politica né sociale, ma ormai è troppo tardi, la polemica è esplosa.
L’acquisizione di Warner Bros. da parte di Netflix sta mandando nel panico tutta l’industria dell’intrattenimento La geografia del cinema e dalla tv mondiale cambierà per sempre, dopo questo accordo da 83 miliardi di dollari.
Lily Allen distribuirà il suo nuovo album anche in delle chiavette usb a forma di plug anale Un riferimento a "Pussy Palace", canzone più chiacchierata di West End Girl, in cui racconta come ha scoperto i tradimenti dell'ex marito, l'attore David Harbour.
Dario Vitale lascia Versace, appena nove mesi dopo esserne diventato direttore creativo Era stato nominato chief creative officer del brand, appena acquisito dal gruppo Prada, a marzo di quest'anno.
L’unica tappa italiana del tour di Rosalìa sarà a Milano, il 25 marzo Sono uscite le date del tour di Lux: partirà il 16 marzo 2026 da Lione e si chiuderà il 3 settembre a Portorico.
Secondo una ricerca, l’inasprimento delle leggi sull’immigrazione in Europa sta facendo aumentare e arricchire i trafficanti di essere umani Il Mixed Migration Centre ha pubblicato un ampio studio in cui dimostra che le politiche anti immigrazione stanno solo aggravando il problema che avrebbero dovuto risolvere.

Il 40% dei palloni da calcio di tutto il mondo sono prodotti in una città del Pakistan

04 Luglio 2014

Il quaranta per cento dei palloni da calcio di tutto il mondo sono prodotti nella stessa città: Sialkot, nel Pakistan orientale non lontano dal confine con l’India. La città, che ha poco più di un milione e mezzo di abitanti, vanta almeno 135 fabbriche di palloni, specializzate soprattutto nella cucitura a mano.

Infatti se si parla di palloni professionali, cuciti a mano, addirittura il 70 per sono prodotti nella cittadina, che dal 1982 fornisce quelli utilizzati durante i Mondiali.

Sialkot ha cominciato a specializzarsi nella produzione di palloni durante il dominio britannico: i colonizzatori inglesi hanno importato il calcio, inizialmente si facevano spedire i palloni dalla madre patria, ma poi si sono resi conto che richiedeva troppo tempo. L’idea di concentrare la produzione proprio a Sialkot, secondo la tradizione, risale al 1889, quando un ufficiale inglese chiese a un calzolaio della città di riparare il suo pallone e, vedendo i risultati, si rese conto della potenzialità degli artigiani locali.

Nonostante la sua posizione dominante sul mercato, tuttavia, pare che l’industria della città pachistana fatichi a reggere il passo con la tecnologia. Pare infatti che le aziende locali continuino ad utilizzare vecchi locali meccanismi inefficienti per il taglio del cuoio, nonostante oggi ne esistano di migliori: la questione del mancato adattamento tecnologico delle fabbriche di palloni di Sialkot è oggetto di un recente studio pubblicato sul sito della Columbia University.

Una delle spiegazioni, sostengono i ricercatori, è che i lavoratori sono pagati per il numero di palloni prodotti, non per ora di lavoro. Questo significa che i lavoratori non sono incentivati a provare nuovi metodi di produzione — che nel lungo termine potrebbero aumentare la loro produttività — perché nel breve termine, insomma nel periodo di apprendimento rallenterebbero il loro lavoro e dunque metterebbero a rischio il loro sostentamento. Intervistato da The Atlantic, uno degli autori dello studio, Eric Verhoogen, docente alla School of International and Public Affairs della Columbia, riassume la questione così: «C’è moltissima conoscenza [tecnica] che va sprecata perché i lavoratori non hanno alcuni incentivo a condividerla».

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