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Odiatissimo Bezos

Quand’è che l’uomo più ricco del mondo è diventato il villain del mondo?

di Francesco Gerardi

Jeff Bezos parla del suo volo nello spazio durante la conferenza stampa il 20 luglio 2021 a Van Horn, in Texas (foto di Joe Raedle/Getty Images)

Jeff Bezos scende dal suo razzo a forma di cazzo dopo aver passato tre minuti a volteggiare senza peso lungo il confine tra il pianeta Terra e lo spazio aperto. Ha in testa un cappello da cowboy bianco, addosso una tuta blu da Fantastici 4, un sorriso da duecento miliardi di dollari disegnato sul volto sudato e arrossato: «Voglio ringraziare tutti i lavoratori e i clienti di Amazon: questo viaggio lo avete pagato voi!». Come con tutte le cose surreali di questa vita, il mio cervello ritorna a una gag dei Simpson che mi aiuta a farne una cosa buffa perciò sopportabile: nell’episodio 9 della quinta stagione (L’ultima tentazione di Homer) il signor Burns caccia in malo modo dal suo ufficio un lavoratore che gli stava spiegando quanto disperato fosse il bisogno di avere una vera uscita di sicurezza nella centrale nucleare. Non ha soldi da buttare, Monty Burns. Liquidato il lavoratore, il re dell’atomo di Springfield si volta verso il suo assistente, Waylon Smithers, e con un sorriso birichino gli chiede: «Dollariamo?», e i due cominciano a giocare lanciandosi mazzette di banconote. È più o meno così che mi immagino un incontro tra Bezos e Richard Branson, l’altro miliardario delle stelle.

Dopo il lancio del New Shepard di Blue Origin (il razzo a forma di cazzo) su Twitter si è cominciato a discutere approfonditamente dell’analogia tra Bezos e il Dottor Male, il cattivo della saga di Austin Powers: il dottor Male vuole un miliardo di dollari, Bezos ha un miliardo di dollari (più altri 199 e spiccioli nel patrimonio personale); il dottor Male ha una base sulla Luna, Bezos vuole costruirsene una (la Blue Moon, slogan “back to the moon – to stay”); il dottor Male ha un razzo a forma di cazzo, Bezos ha un razzo a forma di cazzo. È divertente perché è vero, fa ridere ma fa pure pensare: quand’è che l’uomo più ricco del mondo e di chissà quanti sistemi solari confinanti è diventato il villain? Quando ha comprato la Metro-Goldwyn-Mayer e con essa circa la metà del franchise di 007, i fan di James Bond riuscivano a fare ironia sulla cosa solo mettendo in mezzo i cattivi della serie: in un pezzo sull’Independent, Louis Chilton descrive Bezos come un incrocio tra Elliot Carver de Il domani non muore mai e Hugo Drax di Moonraker – Operazione spazio, il primo un colosso dell’informazione e il secondo un gigante dell’industria che sogna di colonizzare lo spazio. È divertente perché è vero, fa ridere ma fa pure pensare: al ritorno dalla sua scampagnata suborbitale, Bezos ha detto che per risolvere la crisi climatica basta spostare tutte le industrie inquinanti nello spazio. Pure lui ci mette del suo, in questa opera di villanizzazione. L’overview effect, l’epifania concessa agli astronauti che hanno avuto il privilegio di vedere la Terra come è e non come la facciamo, ha portato Bezos a questa illuminazione. Jeff, un consiglio: su Amazon Prime Video trovi una serie che si chiama The Expanse, è lì ci sono tutte le ragioni per le quali spostare la lotta di classe nello spazio non è una buona idea. Ancora: su Amazon trovi il volume omnibus del manga Planetes di Makoto Yukimura, che racconta cosa succede quanto nello spazio comincia a esserci più monnezza che polvere interstellare. Ma che consiglio a fare, tanto si sa che Bezos non legge fumetti e non guarda la tv, ormai è risaputo che la sua unica concessione alla cultura pop è Star Trek.

Lo sanno pure Matt Stone e Tray Parker di South Park, che nel nono episodio della ventiduesima stagione della serie ritraggono Bezos come un Talosiano, gli alieni telepati che rapiscono il capitano dell’Enterprise nel pilota della serie originale di Star Trek, quando il capitano era ancora Christopher Pike e non ancora James T. Kirk. Quell’episodio di South Park va in onda a dicembre del 2018 e racconta di Bezos che prova a conquistare la cittadina del Colorado ma che per riuscirci deve reprimere uno sciopero indetto nell’Amazon Fulfillment Center recentemente inaugurato. Tre anni dopo, tra febbraio e marzo di quest’anno, dopo una discussione (e una lotta) lunga un anno, 6000 lavoratori del magazzino Amazon di Bessemer, Alabama, hanno votato per decidere se unirsi o no al Retail, Wholesale and Department Store Union. Ad aprile, Bezos inviava una lettera agli azionisti in cui annunciava che un algoritmo avrebbe risolto i problemi muscoloscheletrici di cui soffrivano molti dipendenti Amazon: una app segnala ai lavoratori il momento di passare a una mansione che prevede l’impiego di muscoli e tendini diversi da quelli usati fino al momento della notifica, prima che lo stress e la fatica facciano danni. Il referendum di Bessemer finirà con un no alla sindacalizzazione. Se Stone e Parker avessero saputo, manco ci avrebbero provato.

Quand’è che l’uomo più ricco del mondo e guest star di Star Trek: Discovery è diventato un villain? Forse lo è sempre stato, probabilmente lo è dall’inizio. Mentre gli altri nuovi miliardari passeggiavano per i palchi di mezzo mondo parlando di un pianeta da salvare e di un futuro da cambiare (ci credevano pure, ci credevamo anche noi, poi ci siamo ritrovati a ridere di loro per non maledire noi stessi guardando quel montaggio di Silicon Valley, alla fine ce l’ha dovuto spiegare Aaron Sorkin che un capitano d’industria resta sempre un capitano d’industria, e più somiglia a noi più c’è da preoccuparsi) Bezos se ne stava per i fatti suoi e riempiva fogli di calcolo su fogli di calcolo con le prestazioni dei suoi dipendenti. La produttività scomposta nelle sue particelle elementari, la materia con la quale ha costruito il panopticon che lo ha portato a essere talmente ricco da poter dire alla NASA “dai, ti faccio il prezzo buono, due miliardi di sconto se stracci il contratto con SpaceX”. Mentre due generazioni di tech mogul imparavano a scimmiottare Steve Jobs, lui teneva fede al proposito che lo aveva spinto a lasciare il lavoro presso il fondo d’investimento D.E. Shaw: «Quando avrò ottant’anni mi pentirò di aver lasciato Wall Street? No. Mi pentirò di essermi perso l’inizio di Internet? Sì». Qual è la cosa più importante per un villain? Il tempismo con il quale scappa, perché lì stanno la qualità e la quantità del suo istinto di sopravvivenza. Bezos lascia Wall Street vent’anni prima della crisi che trasformerà in zimbelli e criminali tutti i Gordon Gekko minori di Manhattan, tutti quelli che tenevano una copia de La rivolta di Atlante di Ayn Rand sulla scrivania e che alla fine quel libro se lo sono ritrovato nella scatola di cartone del licenziato. E adesso Bezos se ne va nello spazio: sa forse qualcosa che noi non sappiamo sullo stato del suo settore? Che ci devo fare con queste azioni Amazon, Jeff?

Quand’è che l’uomo più ricco del mondo è diventato un villain? C’è chi rintraccia le radici dei fiori del male all’inizio dello scorso decennio, quando l’omino stempiato e malvestito fino a quel momento noto con il nome di Jeff Bezos si guadagna i nomignoli (canzonatori) di The Rock della new economy, di Vin Diesel della Silicon Valley: sollevamento pesi, diete iperproteiche e abiti sartoriali e finalmente Bezos looks the part, come dicono gli americani. Una trasformazione alla quale risalgono anche i primi racconti di “negoziazioni aggressive”. L’episodio divenuto tanto celebre da ascendere a simbolo è quello di Diapers.com, start-up la cui fine cruenta fu raccontata sia nel libro di Brad Stone Vendere tutto. Jeff Bezos e l’era di Amazon che in una puntata dedicata di Patriot Act di Hasan Minhaj. Riassunto: Diapers.com è una start-up che vendeva pannolini. Amazon è molto interessata a quel mercato, e invita caldamente i fondatori di Diapers.com a vendere. Quelli rifiutano. Amazon, allora, comincia a monitorare i prezzi ai quali Diapers.com vende e ad abbassare i suoi di conseguenza, arrivando a perdere anche 100 milioni al trimestre in quella fetta di mercato ma riuscendo a portare sull’orlo del fallimento l’illuso concorrente. A questo punto, i fondatori della start-up decidono di vendere e ricevono due offerte: una da Amazon, una da Wal-Mart. Bezos, tramite i suoi dirigenti, fa sapere agli incoscienti startuppari che se avessero venduto a Wal-Mart lui avrebbe cominciato a regalarli, i pannolini: i suoi contabili a stento si sarebbero accorti della perdita, mentre loro, gli startuppari, sarebbero finiti sul lastrico. L’accordo con il quale Amazon acquisiva Diapers.com viene firmato l’8 novembre del 2010. Il potere è potere, diceva Cersei Lannister a Ditocorto che pretendeva di spiegarle gli arcana imperii.

Quand’è che l’uomo più ricco del mondo è diventato un villain? Forse lo è da quando noi siamo diventati stupidi, quindi magari lo è da sempre. Però noi a un certo punto ci siamo convinti che la modernità fosse comprare un prodotto online e vedercelo consegnato a casa il giorno dopo, e che tutto questo fosse reso possibile da 3.99 € al mese di abbonamento. Quando ci hanno spiegato e abbiamo capito che ovviamente non funziona così, ce la siamo presa con Jeff Bezos perché era più facile questo che prendercela con noi stessi. E, d’altronde, a che servono i villain.