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Sia Israele che l’Iran hanno già messo al sicuro il loro patrimonio artistico Il problema è quella parte del patrimonio dei due Paesi che non può essere spostata. Solo in Iran ci sono 28 siti Unesco impossibili da proteggere.
Le notifiche del telefono fanno male e adesso c’è anche una ricerca che lo dimostra Si chiama alert fatigue e tante persone hanno già deciso come affrontarla: disattivando tutte le notifiche, sempre.
Il sindaco di Budapest ha detto che il Pride in città si farà nonostante il divieto di Orbán «Il Municipio di Budapest organizzerà il Budapest Pride il 28 giugno come evento cittadino. Punto», le sue parole.
Francis Kaufmann/Rexal Ford ha ricevuto quasi un milione di euro dal Ministero della Cultura per girare un film che non ha mai girato Lo ha rivelato un'inchiesta di Open: l'uomo è riuscito ad accedere ai fondi del tax credit, senza mai girare nemmeno una scena.
Skims sta inviando soldi via PayPal a centinaia di clienti senza dare alcuna spiegazione Tutto è cominciato con un tiktok, a cui ne sono seguiti decine e decine. Adesso, gli investigatori di internet stanno cercando di svelare il mistero.
La storia della chiusura del Museo del Fumetto di Milano non è andata proprio come si era inizialmente raccontato Un articolo di Artribune ha svelato che nella chiusura c'entrano soprattutto mancati pagamenti e gestione inefficace, non la cattiveria del Comune.
David Fincher vuole salvare Mindhunter trasformandola in una trilogia di film Lo ha rivelato l'attore Holt McCallany, uno dei due protagonisti della serie. A suo dire, ci sarebbero degli sceneggiatori già al lavoro.
Una delle analisi più sensate della guerra tra Israele e Iran l’ha fatta Jafar Panahi su Instagram Il regista ha postato un lungo messaggio, in cui condanna sia il governo israeliano che il regime iraniano.

Nuovo Cinema Capatonda

In un Paese di commedie che strizzano l'occhio a riferimenti culturali di quindici anni fa, Omicidio all’italiana di Maccio Capatonda è la vera innovazione.

03 Marzo 2017

Non sono un macciocapatondiano della prima ora. Cioè, d’accordo: i suoi finti trailer mi fanno (mi hanno sempre fatto) ridere. Lui mi sta (mi è sempre stato) molto simpatico. Però la mia era quella posa da milanese imbruttito: piaceva a tutta la gente che piace – quel giro una volta Italia 1, poi Mtv, oggi chissà cosa, un po’ Tv8 un po’ Cattelan, insomma le conventicole di NoLo – dunque in società preferivo fare finta di niente. Maccio Capatonda è sempre stato bravo, e sta passando inosservata una cosa che succede a quelli che sono bravi davvero: lo è anche al cinema. Il primo film – Italiano medio, uscito due anni fa – aveva grossi (enormi) problemi, eppure beccava più di un passaggio giustissimo. I critici seri direbbero: coglieva lo spirito del tempo.

Questa settimana è uscito Omicidio all’italiana, opera seconda che – dicono sempre i critici seri – è la più difficile. Invece, guarda un po’, funziona molto meglio del titolo precedente. Si sospende da subito l’incredulità sul solito paesello sperduto nello sprofondo delle montagne (abruzzesi), popolato dai soliti ottuagenari, col solito sindaco ignorante che si chiama Piero Peluria (col nome si poteva fare meglio) e il fratello-vicesindaco che sussurra alle capre. È appunto il set di un omicidio – anzi, di un finto omicidio, o forse di un vero omicidio: ma ormai non si possono spoilerare manco i film di Maccio Capatonda – che chiama folle di turisti alla maniera dell’Asso nella manica di Billy Wilder (questo lo dico io, critico serissimo) e soprattutto di giornalisti. Di più: i reporter arrivano di corsa come le truppe della cavalleria, facendo tremare (letteralmente) il paesello abruzzese, e vedrete che qualcuno scriverà che è un’immagine troppo politicamente scorretta. Il punto è esattamente questo, siamo ancora il Paese buonista di sempre, ed ecco che invece arriva uno a raccontarlo secondo il ritornello che gli si confà: com’è bello far l’amore da Avetrana in su.

Sai che trovata, direte voi. Eppure buttare l’occhio a quello che già abbiamo sotto il naso pare un mezzo miracolo, da parte di chi di mestiere non fa il cartolaio ma scrive copioni per il cinema cosiddetto popolare. Oggi, per dire, gli sceneggiatori italiani hanno scoperto internet. Vanno parecchio (tra i finanziamenti pubblici, meno al botteghino) le commedie che raccontano le diavolerie telematiche, sempre col punto di vista stupitissimo da barzelletta della Settimana enigmistica. Quest’autunno è uscito Che vuoi che sia di Edoardo Leo (tag: crowdfunding e video porno in rete), adesso è in sala Beata ignoranza di Massimiliano Bruno (tag: social-aholic contro nostalgici della carta, che però diventano twitstar nel tempo di un pomeriggio). Ma, sarà che il nostro non è un Paese per bande larghe, si respira sempre quell’aria di posticcio, del tipo “dai, facciamo la satira di costume moderna”, occhieggiando a riferimenti anglosassoni di quindici anni fa.

Invece il nostro è un Paese bellissimo e fortunatamente autosufficiente nei suoi granitici riferimenti culturali, perché non approfittarne. L’Italia è (ancora) una repubblica fondata sulla televisione e sui suoi opinionisti, sui plastici di Bruno Vespa, sui criminologi della domenica, sulla morbosità di resti di capelli su corpi di tredicenni e esami del Dna a tutta la bergamasca, sui colonnini di destra dei quotidiani online (non più: hanno rifatto la homepage per la diciottesima volta in tre mesi), sugli alternative facts prima che fossero una roba alla moda e hipster, da dibattito del New Yorker. È una repubblica fondata su quell’assioma ben riassunto dalla dottoressa Spruzzone (pure con quest’altro nome si poteva fare meglio), il personaggio di questo film interpretato dalla solita gigantesca Sabrina Ferilli. Vado a memoria: «La verità è una cosa che raccontiamo ai nostri cari, mica dobbiamo dirla in tv». È un patto silenzioso e collettivo che tiene in piedi la cultura nazionale dalla notte dei tempi, e in fondo ci sta bene così. Chi lo capisce è bravo, Maccio Capatonda a ’sto giro l’ha capito benissimo, che la commedia era già tutta scritta, bastava scanalare. Piccoli Checco Zaloni crescono, forse, chissà, speriamo.

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