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Le Note di iPhone sono il meraviglioso caos di cui abbiamo bisogno
È l'app che non fa niente di particolare ed è proprio per questo che è diventata il contenitore in cui riponiamo tutto: appunti, ricordi, liste, poesie e deliri.
Chissà cosa voleva dire quella Nota (scritta così, maiuscola, in quanto generata dall’app Note di iPhone) del 10 ottobre 2020 intitolata: “Barzelletta”, e con il testo che recita soltanto: “Torta di pesche”. Ogni tanto faccio questo viaggio ventimila leghe sotto le Note del mio iPhone ed è un’esplorazione nel tempo e nello spazio e nel me stesso del passato che è migliore di qualsiasi album fotografico, in un certo senso. Perché se in foto ritrovi posti che ti eri dimenticato, e li rivedi, e provi una tenerezza o una felicità o un gusto amaro, magari, nelle Note molto spesso il primo sentimento che si incontra è il muro dell’oblio e dell’incomprensione. Che significa questa cosa? È un quiz, un gioco, bisogna svelare il mistero. Il 18 marzo 2022, con entusiasmo (solo quello?) intuibile dai refusi, scrivo nella nota intitolata “Casa”: “Compriamo una casa in grexiaa”. Non ne ho idea.
Le Note sono una feature fondamentale di iPhone fin dal primo modello, nel 2007. Non ho mai usato nessun’altra applicazione per scrivere delle note o degli appunti, ma ho fatto un giro su internet per capire come funziona questo mondo e pare che le Note di iPhone siano una delle peggiori scelte disponibili. Non hanno feature, sono troppo semplici, non ci puoi fare niente che non sia scrivere qualcosa. In realtà, è questa la loro forza e la loro fortuna. Le applicazioni arrivano e passano come le mode, c’è stato il momento di Fruit Ninja e poi ci sono stati i contapassi, poi ci sono quelle più indispensabili come Spotify per ascoltare la musica e infine quelle che non passano mai: Note è tra queste.
Nell’estate del 2023 un trend di TikTok consisteva nel mostrare uno screenshot, ovviamente parziale, delle proprie Note di iPhone. Era un trend principalmente femminile, e nella caption diceva qualcosa del tipo: «Never go through a girl’s Notes app». Generi a parte, era un trend che colpiva nel segno con la sua leggerezza: spesso, nelle Note di iPhone, c’è tutta la nostra vita, non filtrata, non organizzata, fatta di liste, pensieri estemporanei, discorsi preparati giusto in caso, altri pensieri depressivi, appunti ubriachi, elenchi, buoni e cattivi propositi. In questo trend una tiktoker aveva provato a razionalizzare la geografia più comune delle Note, diciamo per macro-categorie. Ecco quelle che aveva scelto: 1) Lista della spesa; 2) Programmi di viaggi; 3) Cose da fare; 4) Bozze di messaggi per lasciarsi; 5) Traumi infantili; 6) Lista di “manifestations” (che sarebbero tipo cose che vogliamo far accadere tramite una meditazione, altra pratica molto in voga su TikTok in questo periodo); 7) Password. Personalmente, le mie Note sono molto più casuali: nessuna è aggiornata costantemente, perché le utilizzo come se fossero post-it, con una vita brevissima, da scrivere e dimenticare o, ancora meglio, riscoprire dopo anni. E quindi ho chiesto a un po’ di persone che cosa se ne fanno di queste Note, come le usano, se le usano. Da questa micro-panoramica mi è evidente come ci siano diversi utilizzi delle note, alcuni più ordinati, altri più caotici. Quasi mai, ad ogni modo, troppo organizzati.
G., che di mestiere fa le pubblicità ma scrive anche narrativa, dice: «Le uso molto perché le idee migliori (o passabili) mi vengono quasi sempre mentre cammino. Allora mi fermo di colpo e annoto frasi sconnesse ma che per me hanno perfettamente senso. A casa poi le travaso mandandomele prima su Whatsapp poi su un file Word. È piuttosto macchinoso, ma funziona». È la prima volta che vengo a conoscenza di un processo del genere, e mi sembra quasi un tradimento dell’estemporaneità delle Note. Provo con un altro G., che fa il regista, e mi dice: «È l’invenzione più figa del mondo. Ci scrivo i sogni, i pensieri random quelli no, ho svariate note molto ordinate in cui ci sono le contabilità delle fatture, poi c’è la nota delle citazioni, l’ultima è di Gopnik. È proprio una gioia aprire le Note».
Anche io condivido questa gioia, mi sembra di aver contribuito ad accendergli una fiammella di felicità soltanto chiedendogli di parlarmi delle sue Note. Il messaggio che sto mandando ad amiche e amici recita così: «Sondaggio che sembra scemo ma fidati di me (è per un pezzo che sto scrivendo): tu usi le note di iPhone? Come le usi?». M., scrittore e traduttore, mi risponde entusiasta con un messaggio vocale: «Non lo trovo per niente scemo! Io le uso parecchio. Cose pratiche: indirizzi, cose che mi servono. Ci scrivo poesie, molte. Appunti per possibili snodi per un romanzo. Parole che mi dicono qualcosa, e che poi rivedo e sono incomprensibili. Frasi che non capisco più che senso abbiano. L’altro giorno ho trovato: “La morte irrompe in modo così stupido nella nostra vita”». Aggiunge che quasi tutto un libro di poesie uscito qualche anno fa l’ha scritto sulle Note di iPhone, e conclude quasi onanistico: «Ne ricavo un grande piacere».
Anche F., che fa la producer, è entusiasta di parlarne, e io penso che questo entusiasmo anche solo nel rispondere (tipo Libero De Rienzo in Santa Maradona che dice: «È tutta la vita che aspettavo che mi facessero questa domanda») dica molto del senso di libertà che traiamo dalle Note. Quindi ecco cosa mi scrive F.: «Le note le uso moltissimo sono felice che tu mi abbia fatto questa domanda». Seguono 6 messaggi lunghissimi, che riassumo nei punti che trovo più originali: «Per segnarmi gli outfit belli che vedo in giro tipo mi scrivo “bella idea pantaloncini adidas con camiciona bianca dries van noten”». Poi una cosa che mi ha fatto commuovere: «Per scrivere dei messaggi a delle persone che non ci sono più o a delle persone a cui non posso scrivere ma a cui vorrei dire una cosa in quel momento». Una introspettiva: «Ho una nota in cui ci sono tutte le domande che faccio a me stessa e a cui rispondo in diversi momenti». Una nota utilissima: «Ho la nota di tutte le idee regalo per le diverse persone». Un’altra nota commovente: «Ho nomi di persone con il loro indirizzo per mandargli delle cartoline che spesso mi dimentico ma a volte mi ricordo di mandare». Le poesie vanno molto, anche se non professionali, e F. chiude così: «Ho alcune poesie scritte da me, una per la pizza e una per il caffè». A., odontoiatra, ha una lista di nomi di figli e figli che, per il momento, non ha. Alcuni mi piacciono, sono gli stessi che avrei anche io, ma la mia lista è solo mentale.
Al di là degli utilizzi più ordinati, le Note funzionano principalmente come note, quindi come quaderno di appunti che ci portiamo costantemente in tasca. A me questa casualità fa piacere, perché mi sembra un po’ una rivincita del caso su diversi aspetti del mondo contemporaneo che parlano di iper-programmazione. Ricordo una vecchia pubblicità di iPhone, aveva lo slogan che recitava: «There’s an app for that». Voleva dire che c’è un’app per tutto: un’app per correre, un’app per disegnare, un’app per fare di conto e una per salvarsi le spese. Note se ne frega, e dice: io sono un’app sola, e posso contenere tutto pur non sapendo fare niente. E poi mi sembra anche una rivincita su tutti quei sistemi di organizzazione del lavoro (della vita) al minuto, tipo i calendari pieni di appuntamentini colorati fittissimi uno di fila all’altro, o le “pipeline” di Trello e di Asana. Il meraviglioso caos di cui abbiamo ancora bisogno e in cui possiamo rifugiarci, appunto. Meraviglioso perché ricco di meraviglie, che sono i pezzi di noi stessi del passato. Una capsula del tempo della nostra vita.
La mia prima nota di sempre recita: «José maria arguedas», ho messo l’accento giusto sulla “e” ma non le maiuscole. Chi è? Non ne ho idea. Lo cerco su Google: un antropologo peruviano che ha pubblicato, per Einaudi, il libro semi-autobiografico I fiumi profondi. Ora l’ho messo nella lista delle letture di Goodreads. Una frase che non pensavo di aver potuto scrivere io e invece mi sa che ho scritto io dice: «d’improvviso mi resi conto che la vita da una certa età in avanti ma forse anche da prima non è altro che un procedere per poi tornare, come tanti riccioli». Mi piace molto questa immagine, penso che la utilizzerò nel libro a cui sto lavorando, e pensare che è del 2017, cioè di sette anni fa! Ci sono diversi sogni e liste della spesa, soprattutto idee per cene, qualche canzone che mi sa che mi è tornata in mente. Una nota mi attrae perché inizia con: «Ci ho pensato tanto». La apro ed è la bozza di un discorso che non ho mai fatto. A differenza di quello della tiktoker, non era un discorso per lasciarsi, ma per rimanere insieme.