Netflix ha stravinto superando tutte le altre case di produzione
Più candidature e più vittorie di qualsiasi altra casa di produzione cinematografica: Netflix è stata la vera vincitrice degli Oscar. La piattaforma streaming, ora lanciatissima nella produzione di film originali, ha portato a casa sette statuette d’oro, superando colossi come Warner Bros. e la Sony Pictures. Secondo Variety, «il bottino di quest’anno di Netflix riflette lo sforzo studiato della piattaforma globale, sotto la guida del grande capo dei film Scott Stuber (che si è unito nel 2017), non solo di aumentare il quantitativo di film originali, ma di produrre pellicole di prestigio che concorrano ai premi».

Gary Oldman in Mank, courtesy of Netflix
Netflix si presentava già bene con Mank, il film in bianco e nero sulla vecchia Hollywood che ha ricevuto più candidature alla serata (dieci) anche se alla fine di statuette ne ha vinte solo due: Migliore fotografia e scenografia. Poi c’era Ma Rainey’s Black Bottom, con Viola Davis e Chadwick Boseman, l’attore scomparso quest’anno sul quale i produttori scommettevano per la vittoria postuma come Migliore attore protagonista, e Il processo ai Chicago 7 che nonostante fosse candidato come Miglior film non ha incassato nessuna vittoria. Ha vinto come Migliore Documentario My Octopus Teacher, la storia di un’amicizia tra un uomo e una mamma polpo. Anche nelle categorie dei cortometraggi hanno stravinto le produzioni Netflix, Two Distant Strangers e If Anything Happens I Love You, il primo sulla violenza delle forze dell’ordine su cittadini neri e l’altro sulla morte di una bambina in una sparatoria a scuola.
Dopo Netflix la casa di produzione con più candidature è stata la Disney: cinque premi tra cui Nomadland, Miglior film, e Soul, Migliore film d’animazione. Anche Amazon Studio si è piazzata bene col suo Sound of Metal che ha vinto due statuette, sempre a dimostrazione della veloce e importante legittimazione delle piattaforme streaming come vere e proprie case di produzione.

La band hip hop irlandese viene da anni di provocazioni ed esagerazioni alle quali nessuno aveva fatto troppo caso, fin qui. Ma è bastata una frase su Gaza, Israele e Stati Uniti al Coachella per farli diventare nemici pubblici numero 1.

Ancora più dei suoi romanzi precedenti, Vanishing World , appena uscito per Edizioni E/O, sembra scritto da una macchina senza sentimenti che ci mostra tutte le variabili possibili e immaginabili della stupidità umana.