Il necroturismo come forma alternativa di viaggio

La Milano svuotata e le città dell’hinterland non sembrerebbero invitanti mete turistiche, ma per chi sa ascoltare il gentile richiamo dei cimiteri, le sorprese non mancano. Anzi, abbondano.

13 Agosto 2025

«Il posto più strano dove hai fatto l’amore?». «Su una tomba, in un cimitero!». Ricorderò sempre questa risposta, accompagnata dalla risata sincera di una ragazza plus-size, vestita di nero e coi capelli violacei: KATIA83. Era, mettiamo, il 2002. La scena fu ripresa per The Club, la community italiana di All Music. Katia non apparteneva a una sottocultura precisa, ma rappresentava una costante tra gli under trenta di Milano e dintorni: uno strano ircocervo tra metallara, emo, nerd da fumetteria e Isabella Santacroce. Un respawn autoctono arrivato ormai alla terza generazione, che restituisce in purezza la vera estetica di certi giovani della pianura padana, quelli difficili da raccontare senza immaginare sullo sfondo una distesa di capannoni, steak house e autolavaggi a gettone.

La risposta, apparentemente profanatoria, suggerisce invece una vita vissuta e un legame con la geografia dei campi santi di grandi e piccoli centri della Lombardia. Una rete di luoghi che i più evitano non tanto per il tabù della morte, ma per semplice disinteresse. Perché visitare tombe quando si può fare un selfie sotto il Bosco Verticale? Perché perdersi tra i loculi quando c’è la Darsena? Eppure, superati i limiti di un pensiero votato alla coolness, passare del tempo nei cimiteri di Milano e dintorni può sorprendere, far riflettere, connettere con un’altra dimensione e l’estate è il momento perfetto. Se vivi in città e non puoi partire per lavoro o altri obblighi, questa può essere l’occasione per scoprire il mondo parallelo delle necropoli.  Proprio ora; quando le signore con le biciclette coi fiori nel cestino e le friulane ai piedi si sono già ampiamente dislocate con la prole nelle multi-proprietà sparse per lo stivale, mentre i bori di ogni età affollano gli imbarchi delle compagnie low-cost, tu puoi fare una scelta di stile e finalmente imparare qualcosa.

Si chiama necroturismo, ed esiste da sempre, ma resta ai margini perché non genera economia, non lo si può spacciare per quello che non è, non è un turismo afferente al mito dell’intrattenimento, del relax o delle “destinazioni esclusive”. Ma offre di contro almeno due beni sempre più inestimabili: il silenzio e il distanziamento sociale. Non vorrei svilire tutto tirando in ballo il fenomeno dell’overtourism, ma basta ricordare le immagini di Santorini la scorsa estate, con le sue vie ingolfate di corpi, per capire quanto sia più vivibile la quiete di un cimitero qualsiasi, magari preceduto da un viale di alberi pizzuti.

Il necroturismo è una vera forma alternativa di viaggio, esiste una comunità internazionale di appassionati che, senza una mappa precisa, scopre cimiteri in cittadine e paesi esclusi dalle rotte turistiche. C’è addirittura un sito italiano, necroturismo.it, con itinerari locali ed esteri, ma più in generale ci sono oggi risorse online che permettono anche standosene a casa di pianificare visite trovando nei più sperduti cimiteri del mondo quella lapide o quella cappella funeraria di persone note e meno note, come l’utilissimo findagrave.com, dove l’utente può compulsare il motore di ricerca per avere una preview della lapide di Bruce Lee o quella della professoressa delle medie che vogliamo vandalizzare (si scherza).

A questo punto però bisogna essere chiari: il suggerimento non è quello di andare a visitare le tombe più illustri e artisticamente pregevoli al Monumentale di Milano, e no, troppo facile: siamo contrari a queste operazioni fighette alla Ingressi di Milano. La vera esperienza se si vuole restare nell’area metropolitana è al Cimitero Maggiore: 68 ettari di paesaggio tombale monotono, ideale per non essere distratti da estetismi o dalla voglia di condividere arte funeraria su Instagram. Niente altorilievi di Wildt o la tomba di Dario Fo, ma magari incappare in quella di Giovanni Testori. O scoprire che Evita Perón fu sepolta qui sotto falso nome fino al 1971, dopo essere stata imbalsamata a regola d’arte e aver viaggiato nel 1957 sul transatlantico Conte Biancamano. Lo so, tutto questo può suonare morboso, ma non è colpa mia se ci hanno imposto Foscolo come modello culturale, e di certo, al suo tempo, nessuno avrebbe cringiato parlando di bare. Anzi.

Si pensi a Lord Byron e agli scambi epistolari prodotti durante la sua visita a Milano e limitrofi nel 1816. Il poeta inglese si dice indifferente alle gallerie d’arte, ma entusiasta per i manoscritti di Lucrezia Borgia conservati all’Ambrosiana e addirittura ossessionato per una sua ciocca di capelli, di cui riuscirà pure a trafugare qualche filo. Scrive anche: «Le ragazze di campagna hanno splendidi occhi scuri e molte di loro sono belle. Ci sono poi due cadaveri in ottimo stato di conservazione; uno, San Carlo Borromeo, a Milano; l’altro non è un santo ma un capitano, di nome Visconti, e si trova a Monza: entrambi di aspetto molto gradevole.» E va bene, George.

Va detto per completezza, che quando nel 1938 il cadavere di Lord Byron fu riesumato nella chiesa di St. Mary Magdalene nel Nottinghamshire, i presenti – una quarantina – rimasero scioccati alla vista dalle dimensioni del pene del poeta, perfettamente mummificato e descritto “grosso come un pony”, a riprova che si può essere grandi anche nella morte. E allora, KATIA83, dovunque tu sia: buone vacanze anche a te.

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