Viviamo in un'epoca tanto assurda che un film su un complottista radicalizzato che rapisce la Ceo di una multinazionale perché convinto sia un'aliena non è una storia così improbabile.
È morto Björn Andrésen, «il ragazzo più bello del mondo» diventato famoso per Morte a Venezia
L’attore svedese aveva settant’anni e per tutta la vita ha lottato con la difficile eredità del film di Luchino Visconti.
All’età di settant’anni, dopo una vita spesa tra recitazione e musica, si è spento l’attore svedese Björn Andrésen. Nato a Stoccolma nel 1955, cresciuto da una zia che lo spinse a diventare modello e attore in giovanissima età dopo aver perso la madre suicida, Björn Andrésen vide la sua vita stravolta dall’incontro con Luchino Visconti. Il regista italiano lo scelse a soli sedici anni per interpretare Tadzio, il bellissimo ragazzino che diventa l’ossessione del vecchio dandy protagonista di Morte a Venezia nel suo adattamento filmico della novella di Thomas Mann. Quel ruolo lo rese immediatamente una star internazionale ma lasciò un segno indelebile nella sua vita, con cui fece i conti anche da adulto. A dare la notizia della morte di Björn Andrésen, rilanciata poi dal Guardian e dalla stampa internazionale, sono stati realizzatori del documentario a lui dedicato nel 2021: The Most Beautiful Boy in the World prende il suo titolo dalla descrizione che Visconti stesso fece di lui alla stampa. un appellativo che rimase addosso, come raccontato dal documentario sul lato oscuro della popolarità raggiunta da Björn Andrésen proprio a causa della sua bellezza eterea.
Dopo aver rotto i rapporti con Visconti – che definì «un predatore culturale» disposto a tutto per la propria arte – Andrésen si trasferì in Giappone, dove divenne una popstar osannata al pari dei Beatles in Occidente e oggetto di episodi di isteria di massa. Affrancatosi solo in età adulta da questa popolarità ossessiva, tornò in Svezia, studiò pianoforte e divenne musicista professionista, continuando a lavorare sporadicamente come attore. Nel 2019 ha fatto notizia la sua partecipazione al horror Midsommar di Ari Aster, dove interpretava un anziano la cui testa veniva fracassata in un violentissimo rituale di suicidio volontario. Una scena che Andrésen disse di essersi divertito molto a girare, quasi una catarsi rispetto al suo passato.
Il giornalista ci parla del suo nuovo libro, Bestiario artico, in cui usa gli animali del Polo Nord per collegare i diari di esplorazione del XVI secolo con le trasformazioni ambientali, geopolitiche e culturali del presente.
La miniserie in quattro parti, presentata a Venezia e appena arrivata su Netflix, non dà la caccia a un colpevole né prova a risolvere il mistero. Si concentra sulla confusione, l'angoscia, la violenza e sulle vittime, soprattutto le donne.