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I giurati del Booker Prize hanno detto di aver premiato Nella carne di David Szalay perché «non abbiamo mai letto niente del genere» Già pubblicato in Italia da Adelphi, il romanzo di Szalay si conferma così, ancora una volta, uno dei libri dell'anno.
Dopo il flop di Megalopolis, Francis Ford Coppola è così indebitato che ha dovuto mettere in vendita la sua isola caraibica privata Dopo un orologio da un milione di dollari, Coppola è stato costretto a rinunciare anche all'isola caraibica di Coral Caye, suo ritiro estivo.
Si è scoperto che il Fedora Man, l’elegantissimo uomo fotografato il giorno della rapina al Louvre, è un 15enne che si veste sempre elegantissimo Non un giornalista né un detective né un cosplayer né un buontempone: Elias Garzon Delvaux è solo un ragazzo a cui piace vestire elegante e visitare musei.
Lo scandalo che ha portato alle dimissioni dei capi della Bbc ricorda molto la trama di The Newsroom 2 di Aaron Sorkin Il video manipolato di un discorso di Donald Trump ha portato alle dimissioni del direttore generale Tim Davie e della Head of News Deborah Turness.
Alla COP30 non ci saranno i leader di Stati Uniti, Cina e India, cioè dei tre Paesi che inquinano di più al mondo Alla Conferenza sul clima di Belém, in Brasile non ci saranno né Trump né Xi né Modi: la loro assenza, ovviamente, è un messaggio politico.
Un imprenditore ha speso un milione di dollari per promuovere una collana AI a New York e tutte le sue pubblicità sono state vandalizzate Avi Schiffman voleva far conoscere il suo prodotto ai newyorchesi. Che gli hanno fatto sapere di non essere interessati all'amicizia con l'AI.
Stranger Things sta per finire ma ricomincerà subito, visto che Netflix ha già pronto lo spin-off animato S’intitola Tales From ’85 ed espande la storia ufficiale tra la seconda e la terza stagione, riprendendone i personaggi in versione animata.
Gli azionisti di Tesla hanno entusiasticamente approvato un pagamento da un bilione di dollari a Elon Musk  Se Musk raggiungerà gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, diventerà il primo trillionaire della storia incassando questo compenso da mille miliardi.

Moleskine

Come un taccuino dato per spacciato si è trasformato in un business internazionale e contemporaneo

24 Aprile 2012

Uno dei temi più discussi oggi nel mondo dei consumi riguarda la spasmodica ricerca di nuovi (e profittevoli, se possibile) modi di integrare gli oggetti fisici e analogici con la dimensione digitale. No, non parlerò di editoria, argomento che su queste pagine – pixelate e non – è stato più volte approfondito, ma vorrei esaminare prodotti e brand sulla carta (ehm, pardon) destinati all’estinzione, ma che grazie ad un uso intelligente degli strumenti digitali e, sopratutto, ad una strategia di branding che abbraccia i paradigmi contemporanei, si sono rivitalizzati pur mantenendo salda e inalterata la loro identità.

Riprendiamo fiato.

La parola taccuino, specialmente nella sua accezione italiana (in inglese fa notebook, e prende subito un’altra direzione), fa subito pensare allo scrittore parigino in un bistrot di Montmartre, che a molti di noi può certo affascinare, ma alla stragrande maggioranza del mondo contemporaneo rischia di scatenare giganteschi yaawn. Ed è proprio alla tradizione che per anni il taccuino Moleskine ha ancorato la propria identità e comunicazione. Il taccuino tascabile nero dagli angoli arrotondati realizzato da una piccola manifattura francese è stato nel ‘900 il fedele compagno nonché prezioso custode delle storie di viaggio di Bruce Chatwin, degli schizzi di Van Gogh e Picasso o degli appunti di Hemingway.

Nel 1997 Moleskine rinasce come marchio grazie ad un’azienda italiana (Modo&Modo) – successivamente acquisita da SGCapital Europe, ora Syntegra Capital – partendo con una produzione di poche migliaia di copie e, in breve tempo, arrivando a vendere milioni di taccuini in 61 paesi, raggiungendo un volume d’affari di oltre 150 milioni di euro, aprendo sedi anche a New York e a Hong Kong.

L’intuizione geniale è stata quella di considerare il taccuino come un oggetto non in contrasto alla tecnologia digitale e portatile, bensì complementare, cercando e creando ogni occasione per vivere questo intreccio e dialogo. Riconoscendo i valori fondanti del marchio – cultura, immaginazione, memoria, viaggio, identità personale – i tipi di Moleskine altro non hanno fatto che traslarli nel mondo digitale, trasformando così Moleskine in una sorta di marchio open source, una piattaforma su cui artisti, geek, inventori e spontanei brand evangelist potessero reinterpretare la propria narrazione di sé combinando azioni analogiche e tecnologie avanzate, sperimentazioni e nuove esperienze.

Maria Sebregondi, vice president di Moleskine, incontrata a Milano durante la Design Week nel ciclo di conferenze Be Open, parla di intimità condivisa: l’idea che sta alla base è di far vivere il gesto delle scrittura a mano, privato e fortemente identitario all’interno nel mondo online della creatività condivisa. Da qui nascono idee, servizi, applicazioni e connessioni create dall’azienda, come ad esempio Artist Marketplace, una raccolta/mercato di pezzi unici , o che nascono spontaneamente come Urban Sketchers, network di persone che disegnano sui propri taccuini angoli urbani, li scannerizzano e li condividono in rete, e che poi si trasformano in momenti di incontro fisico, workshop e metting.

Operazioni che nascono piccole e di nicchia ma che poi diventano globali e virali grazie alla passione, al buzz e alla creatività delle persone. Come The 1000 Journals, dove i taccuini sono stati liberi di viaggiare di mano in mano in tutto il mondo, riempite di disegni, pensieri e scarabocchi, e da cui è stato tratto un libro e un documentario.

La fisicità della scrittura e il gesto digitale, bassa e alta tecnologia, privato e condiviso.

Le operazioni generate intorno alla Moleskine intercettano il mondo dello sharing (basta vedere le centinaia di migliaia di foto presenti su Flickr e video su Vimeo), ma anche quello del Do It Youself di fenomeni come Etsy, dove l’artigianale e il “fatto a mano” viene trasmesso e veicolato sui media digitali. Per non parlare del concorso sul web promosso da Moleskine What’s in your bag?, dove le persone fotografano gli oggetti nomadi che ci portiamo con noi, così di successo da oltrepassare la rete per diventare una mostra a Hong Kong e un format popolarissimo ripreso anche da alcuni magazine di casa nostra. Ecco che il taccuino diventa un simbolo del nomadismo contemporaneo, strettamente connessi con il mondo digitale.

Tutte attività niente affatto markettone e che non promuovono direttamente il prodotto taccuino (anzi, ci giocano e ci scherzano attraverso operazione di hajacking, tipo questa roba qui), ma fondamentalmente generano collaborazione, condivisione, prossimità e voglia di raccontarsi, ovvero i valori base della rete.

E che dopo generano anche business. Un casino di business. Credeteci.

Ah, dimenticavo. Senza alcuna campagna di advertising.

Il passaggio non è solo dall’analogico al digitale (o a metà strada come la cover per Kindle in vendita sul sito), ma c’è anche il percorso inverso: nella sezione MyMoleskine si possono scaricare delle applicazioni da stampare per poter personalizzare il proprio taccuino e creare nuove customization da condividere. Infine, per coronare il tutto, c’è da segnalare una collaborazione di Moleskine con LEGO, altro brand profondamente analogico – destinato quindi ad estinguersi, secondo i poveri di spirito – ad avere utilizzato in modo intelligente e creativo il digitale, ricaricando i propri valori per le millenial generation.

Tutto fantastico quindi? Non proprio. Come ogni operazione di crowdsurcing, anche quelle di Moleskine nascondono delle ombre: non si capisce infatti quando finisce la voglia di collaborazione del brand con la propria community e inizia lo sfruttamento delle idee altrui a costo zero. Leggere queste riflessioni di un (ex) fan del brand.

A parte tutto, se gli articoletti di questa rubrica devono concludersi con una sorta di messaggio (nooo, il messaggio, no!), il consiglio è di far leggere questa storia ai piagnucolosi editori nostrani (ma anche a tanti imprenditori e marketing manager) per trarne ispirazione e insegnamento.

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