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Nel nuovo film di Carlo Verdone ci sarà anche Karla Sofía Gascón, la protagonista caduta in disgrazia di Emilia Pérez La notizia ha permesso a Scuola di seduzione di finire addirittura tra le breaking news di Variety.
Enzo Iacchetti che urla «Cos’hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni» è diventato l’idolo di internet Il suo sbrocco a È sempre Cartabianca sul genocidio a Gaza lo ha fatto diventare l'uomo più amato (e memato) sui social.
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.
Per Tyler Robinson, l’uomo accusato dell’omicidio di Charlie Kirk, verrà chiesta la pena di morte  La procura lo ha accusato di omicidio aggravato, reato per il quale il codice penale dello Utah prevede la pena capitale. 
Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.

Moleskine

Come un taccuino dato per spacciato si è trasformato in un business internazionale e contemporaneo

24 Aprile 2012

Uno dei temi più discussi oggi nel mondo dei consumi riguarda la spasmodica ricerca di nuovi (e profittevoli, se possibile) modi di integrare gli oggetti fisici e analogici con la dimensione digitale. No, non parlerò di editoria, argomento che su queste pagine – pixelate e non – è stato più volte approfondito, ma vorrei esaminare prodotti e brand sulla carta (ehm, pardon) destinati all’estinzione, ma che grazie ad un uso intelligente degli strumenti digitali e, sopratutto, ad una strategia di branding che abbraccia i paradigmi contemporanei, si sono rivitalizzati pur mantenendo salda e inalterata la loro identità.

Riprendiamo fiato.

La parola taccuino, specialmente nella sua accezione italiana (in inglese fa notebook, e prende subito un’altra direzione), fa subito pensare allo scrittore parigino in un bistrot di Montmartre, che a molti di noi può certo affascinare, ma alla stragrande maggioranza del mondo contemporaneo rischia di scatenare giganteschi yaawn. Ed è proprio alla tradizione che per anni il taccuino Moleskine ha ancorato la propria identità e comunicazione. Il taccuino tascabile nero dagli angoli arrotondati realizzato da una piccola manifattura francese è stato nel ‘900 il fedele compagno nonché prezioso custode delle storie di viaggio di Bruce Chatwin, degli schizzi di Van Gogh e Picasso o degli appunti di Hemingway.

Nel 1997 Moleskine rinasce come marchio grazie ad un’azienda italiana (Modo&Modo) – successivamente acquisita da SGCapital Europe, ora Syntegra Capital – partendo con una produzione di poche migliaia di copie e, in breve tempo, arrivando a vendere milioni di taccuini in 61 paesi, raggiungendo un volume d’affari di oltre 150 milioni di euro, aprendo sedi anche a New York e a Hong Kong.

L’intuizione geniale è stata quella di considerare il taccuino come un oggetto non in contrasto alla tecnologia digitale e portatile, bensì complementare, cercando e creando ogni occasione per vivere questo intreccio e dialogo. Riconoscendo i valori fondanti del marchio – cultura, immaginazione, memoria, viaggio, identità personale – i tipi di Moleskine altro non hanno fatto che traslarli nel mondo digitale, trasformando così Moleskine in una sorta di marchio open source, una piattaforma su cui artisti, geek, inventori e spontanei brand evangelist potessero reinterpretare la propria narrazione di sé combinando azioni analogiche e tecnologie avanzate, sperimentazioni e nuove esperienze.

Maria Sebregondi, vice president di Moleskine, incontrata a Milano durante la Design Week nel ciclo di conferenze Be Open, parla di intimità condivisa: l’idea che sta alla base è di far vivere il gesto delle scrittura a mano, privato e fortemente identitario all’interno nel mondo online della creatività condivisa. Da qui nascono idee, servizi, applicazioni e connessioni create dall’azienda, come ad esempio Artist Marketplace, una raccolta/mercato di pezzi unici , o che nascono spontaneamente come Urban Sketchers, network di persone che disegnano sui propri taccuini angoli urbani, li scannerizzano e li condividono in rete, e che poi si trasformano in momenti di incontro fisico, workshop e metting.

Operazioni che nascono piccole e di nicchia ma che poi diventano globali e virali grazie alla passione, al buzz e alla creatività delle persone. Come The 1000 Journals, dove i taccuini sono stati liberi di viaggiare di mano in mano in tutto il mondo, riempite di disegni, pensieri e scarabocchi, e da cui è stato tratto un libro e un documentario.

La fisicità della scrittura e il gesto digitale, bassa e alta tecnologia, privato e condiviso.

Le operazioni generate intorno alla Moleskine intercettano il mondo dello sharing (basta vedere le centinaia di migliaia di foto presenti su Flickr e video su Vimeo), ma anche quello del Do It Youself di fenomeni come Etsy, dove l’artigianale e il “fatto a mano” viene trasmesso e veicolato sui media digitali. Per non parlare del concorso sul web promosso da Moleskine What’s in your bag?, dove le persone fotografano gli oggetti nomadi che ci portiamo con noi, così di successo da oltrepassare la rete per diventare una mostra a Hong Kong e un format popolarissimo ripreso anche da alcuni magazine di casa nostra. Ecco che il taccuino diventa un simbolo del nomadismo contemporaneo, strettamente connessi con il mondo digitale.

Tutte attività niente affatto markettone e che non promuovono direttamente il prodotto taccuino (anzi, ci giocano e ci scherzano attraverso operazione di hajacking, tipo questa roba qui), ma fondamentalmente generano collaborazione, condivisione, prossimità e voglia di raccontarsi, ovvero i valori base della rete.

E che dopo generano anche business. Un casino di business. Credeteci.

Ah, dimenticavo. Senza alcuna campagna di advertising.

Il passaggio non è solo dall’analogico al digitale (o a metà strada come la cover per Kindle in vendita sul sito), ma c’è anche il percorso inverso: nella sezione MyMoleskine si possono scaricare delle applicazioni da stampare per poter personalizzare il proprio taccuino e creare nuove customization da condividere. Infine, per coronare il tutto, c’è da segnalare una collaborazione di Moleskine con LEGO, altro brand profondamente analogico – destinato quindi ad estinguersi, secondo i poveri di spirito – ad avere utilizzato in modo intelligente e creativo il digitale, ricaricando i propri valori per le millenial generation.

Tutto fantastico quindi? Non proprio. Come ogni operazione di crowdsurcing, anche quelle di Moleskine nascondono delle ombre: non si capisce infatti quando finisce la voglia di collaborazione del brand con la propria community e inizia lo sfruttamento delle idee altrui a costo zero. Leggere queste riflessioni di un (ex) fan del brand.

A parte tutto, se gli articoletti di questa rubrica devono concludersi con una sorta di messaggio (nooo, il messaggio, no!), il consiglio è di far leggere questa storia ai piagnucolosi editori nostrani (ma anche a tanti imprenditori e marketing manager) per trarne ispirazione e insegnamento.

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