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08:42 mercoledì 15 ottobre 2025
Dei 10 film più visti al cinema in Italia nell’ultima settimana, metà sono vecchi titoli tornati in sala Nell'ottobre del 2025, tra i film più visti in Italia ce n'è uno del 1971, uno del 1997, uno del 2001 e uno del 2009.
Nel suo primo viaggio diplomatico all’estero, il ministro degli Esteri afghano ha dovuto affrontare un grosso problema: le giornaliste Ospite in India, Amir Khan Muttaqi ha cercato in tutti i modi di evitare di rispondere alle domande delle giornaliste, escludendole anche dalle conferenze stampa.
Temu ha raddoppiato i guadagni in Europa nonostante una forza lavoro composta da otto dipendenti soltanto Otto persone per gestire gli ordini, il servizio clienti, il sito, oltre alla parte burocratica, amministrativa e fiscale.
Il Time ha dedicato la copertina a Trump ma lui si è offeso perché nella foto sembra che gli abbiano cancellato i capelli Il Presidente degli Stati Uniti d'America ha commentato così: «La più brutta foto di tutti i tempi».
Il Presidente del Madagascar è fuggito dal Paese per paura di essere ucciso ma rifiuta comunque di dimettersi Al momento nessuno sa dove si trovi Andry Rajoelina, ma lui sostiene di poter comunque continuare a fare il Presidente del Madagascar.
Maria Grazia Chiuri è la nuova direttrice creativa di Fendi La stilista debutterà alla prossima fashion week di Milano, nel febbraio 2026, e curerà tutte le linee: donna, uomo e couture.
Dopo il Nobel per la Pace vinto da Maria Corina Machado, il Venezuela ha chiuso improvvisamente la sua ambasciata a Oslo Una scelta che il governo di Maduro ha spiegato come una semplice «ristrutturazione del servizio diplomatico».
Giorgio Parisi, il fisico, si è ritrovato a sua insaputa presidente di una commissione del Ministero della salute perché al ministero lo hanno confuso con Attilio Parisi, medico E adesso sembra che nessuno al ministero riesca a trovare una maniera di risolvere il problema.

Che fine ha fatto la fashion week di Milano?

A fronte di ottime collezioni, mai come in questa edizione semi-digitale è diventato evidente quanto il sistema della moda in città sia oggi distante dai marchi e dalle loro strategie.

22 Giugno 2021

Leggendo i pareri degli addetti ai lavori sulle testate specializzate o, come usa oggi, su Instagram, quest’ultima edizione di Milano Moda Uomo, iniziata venerdì 18 giugno e conclusasi oggi, non è stata affatto male. Ci sono state molte collezioni interessanti, a cominciare dal debutto di Glenn Martens da Diesel all’ennesima conferma dell’eccellente lavoro che Silvia Venturini Fendi fa sulla moda maschile (le collezioni donna e couture, come sappiamo, sono in mano a Kim Jones, ma questa è un’altra storia), passando per la nuova video installazione di Miuccia Prada e Raf Simons fino alla collezione di Alessandro Sartori da Zegna, una delle più riuscite da quando il designer è capo del marchio, e l’ultima prova di Magliano, il brand di moda maschile più interessante nel panorama della città. La prima volta di Martens era certamente l’evento più atteso e per molti motivi: rivitalizzare un marchio conosciuto per il denim non è un affare semplice, tanto più di questi tempi, e la scelta del direttore creativo di Y/Project, un marchio sperimentale e indipendente, poteva a tutti gli effetti sembrare un azzardo di Renzo Rosso. Un azzardo che però parte con il piede giusto: la collezione, presentata con un video con la co-direzione creativa di Martens e Christopher Simmonds, mette infatti al centro i vestiti, cosa che non è mai scontata, e lo fa ispirandosi al classico berlinese di Tom Tykwer Lola corre, e declinando il jeans secondo molti dei concetti che hanno caratterizzato la moda degli ultimi anni. C’è il cattivo gusto, l’ansia distopica, c’è l’upcycling e c’è la multifunzionalità dei capi, ma il modo in cui Martens li ha rimescolati lasciano intravedere un percorso che si preannuncia stimolante.

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Hanno abbandonato le “non stanze” delle precedenti collezioni, invece, Miuccia Prada e Raf Simons, che per la Primavera Estate 2022 hanno creato dei claustrofobici tunnel rossi che sbucano direttamente sulle spiagge della Sardegna. L’escapismo non è una cosa che si ricollega tradizionalmente a Prada, da sempre ancorata alla realtà e al tentativo di interpretarla, eppure nelle ultime collezioni “pandemiche”, come potremmo definire tutte le prove finora mostrate dai due stilisti che hanno annunciato la loro collaborazione a febbraio dell’anno scorso, la voglia di ritornare a vivere e di riconnettersi a un’umanità carnale era piuttosto palpabile, sebbene sublimata – soprattutto questa volta – in una sexyness adolescenziale, che ancora sexy non lo è per davvero, ma che è piena di totem: il cappellino con la tasca inserto (a gennaio erano i guanti), il long-john (già al centro della precedente collezione maschile) che diventa tutina e scopre le gambe, il calzino che sbuca dai mocassini pesanti, un po’ divisa scolastica anime un po’ piccoli raver crescono, ma soprattutto postano sui social. Gli uomini, o i ragazzi, in short erano un po’ ovunque, e in varie fogge, dai bermuda morbidi di Zegna e Giorgio Armani (che è tornato a sfilare in via Borgonuovo, dove «tutto è iniziato») fino ai calzoncini di Fendi, dove c’erano anche i crop-top, o meglio la giacca tagliata molto sopra l’ombelico: il corpo degli uomini si espone oggi secondo altre angolature, altri punti di vista.

Come quello di Luchino Magliano, che nella sua video presentazione diretta da Tommaso Ottomano ha riproposto un mix all’insegna dell’upcycling dei pezzi forti del suo marchio, mescolato vecchio e nuovo e fatto sfilare i suoi modelli con un’arrabiatissima camminata nevrotica che, ci piace pensarlo, un po’ faceva il verso alla seriosità di tanta video-moda che abbiamo consumato nell’ultimo anno e mezzo. Se ci si aggiunge il fortunato esperimento “Canvas” di Sunnei, sembrerebbe quasi che a Milano si stia bene, ci sono i grandi marchi e ci sono le realtà più giovani, ma la realtà è un’altra. Mai come a questo giro, mettici anche il caldo e una certa voglia di scappare al mare, è diventato evidente come quel grande calderone che era la fashion week sia oggi una realtà ancora più disgregata, diluita nelle strategie autonome dei brand, e sempre meno radicata nella città. È una conseguenza naturale della pandemia, certo, ma è anche un monito per settembre: bisogna tornare per davvero.

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