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12:38 venerdì 12 dicembre 2025
La casa di Babbo Natale in Finlandia quest’anno è piena di turisti ma anche di soldati Nato L’escalation al confine russo ha trasformato la meta turistica natalizia della Lapponia in un sito sensibile per l’Alleanza Atlantica.
Il governo americano vuole che i turisti rivelino i loro ultimi 5 anni di attività sui social per ottenere il visto Vale anche per i turisti europei che dovranno consegnare la cronologia dei loro account su tutte le piattaforme social utilizzate.
Ora su Letterboxd i film si possono anche noleggiare e sono già disponibili molte chicche introvabili altrove I titoli disponibili saranno divisi in due categorie: classici del passato ormai introvabili e film recenti presentati ai festival ma non ancora distribuiti su altre piattaforme.
Da quando è stata introdotta la verifica dell’età, nel Regno Unito il traffico dei siti porno è calato ma è anche raddoppiato l’utilizzo di VPN Forse è una coincidenza, ma il boom nell'utilizzo di VPN è iniziato subito dopo l'entrata in vigore della verifica dell'età per accedere ai siti porno.
Secondo una ricerca, nel 2025 abbiamo passato online più tempo che durante i lockdown Oramai i "vizi" presi durante la pandemia sono diventati abitudini: ogni giorno passiamo online tra le quattro e le sei ore.
Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
È morta Sophie Kinsella, l’autrice di I Love Shopping Aveva 55 anni e il suo ultimo libro, What Does It Feel Like?, era un romanzo semiautobiografico su una scrittrice che scopre di avere il cancro.

Che fine ha fatto la fashion week di Milano?

A fronte di ottime collezioni, mai come in questa edizione semi-digitale è diventato evidente quanto il sistema della moda in città sia oggi distante dai marchi e dalle loro strategie.

22 Giugno 2021

Leggendo i pareri degli addetti ai lavori sulle testate specializzate o, come usa oggi, su Instagram, quest’ultima edizione di Milano Moda Uomo, iniziata venerdì 18 giugno e conclusasi oggi, non è stata affatto male. Ci sono state molte collezioni interessanti, a cominciare dal debutto di Glenn Martens da Diesel all’ennesima conferma dell’eccellente lavoro che Silvia Venturini Fendi fa sulla moda maschile (le collezioni donna e couture, come sappiamo, sono in mano a Kim Jones, ma questa è un’altra storia), passando per la nuova video installazione di Miuccia Prada e Raf Simons fino alla collezione di Alessandro Sartori da Zegna, una delle più riuscite da quando il designer è capo del marchio, e l’ultima prova di Magliano, il brand di moda maschile più interessante nel panorama della città. La prima volta di Martens era certamente l’evento più atteso e per molti motivi: rivitalizzare un marchio conosciuto per il denim non è un affare semplice, tanto più di questi tempi, e la scelta del direttore creativo di Y/Project, un marchio sperimentale e indipendente, poteva a tutti gli effetti sembrare un azzardo di Renzo Rosso. Un azzardo che però parte con il piede giusto: la collezione, presentata con un video con la co-direzione creativa di Martens e Christopher Simmonds, mette infatti al centro i vestiti, cosa che non è mai scontata, e lo fa ispirandosi al classico berlinese di Tom Tykwer Lola corre, e declinando il jeans secondo molti dei concetti che hanno caratterizzato la moda degli ultimi anni. C’è il cattivo gusto, l’ansia distopica, c’è l’upcycling e c’è la multifunzionalità dei capi, ma il modo in cui Martens li ha rimescolati lasciano intravedere un percorso che si preannuncia stimolante.

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Hanno abbandonato le “non stanze” delle precedenti collezioni, invece, Miuccia Prada e Raf Simons, che per la Primavera Estate 2022 hanno creato dei claustrofobici tunnel rossi che sbucano direttamente sulle spiagge della Sardegna. L’escapismo non è una cosa che si ricollega tradizionalmente a Prada, da sempre ancorata alla realtà e al tentativo di interpretarla, eppure nelle ultime collezioni “pandemiche”, come potremmo definire tutte le prove finora mostrate dai due stilisti che hanno annunciato la loro collaborazione a febbraio dell’anno scorso, la voglia di ritornare a vivere e di riconnettersi a un’umanità carnale era piuttosto palpabile, sebbene sublimata – soprattutto questa volta – in una sexyness adolescenziale, che ancora sexy non lo è per davvero, ma che è piena di totem: il cappellino con la tasca inserto (a gennaio erano i guanti), il long-john (già al centro della precedente collezione maschile) che diventa tutina e scopre le gambe, il calzino che sbuca dai mocassini pesanti, un po’ divisa scolastica anime un po’ piccoli raver crescono, ma soprattutto postano sui social. Gli uomini, o i ragazzi, in short erano un po’ ovunque, e in varie fogge, dai bermuda morbidi di Zegna e Giorgio Armani (che è tornato a sfilare in via Borgonuovo, dove «tutto è iniziato») fino ai calzoncini di Fendi, dove c’erano anche i crop-top, o meglio la giacca tagliata molto sopra l’ombelico: il corpo degli uomini si espone oggi secondo altre angolature, altri punti di vista.

Come quello di Luchino Magliano, che nella sua video presentazione diretta da Tommaso Ottomano ha riproposto un mix all’insegna dell’upcycling dei pezzi forti del suo marchio, mescolato vecchio e nuovo e fatto sfilare i suoi modelli con un’arrabiatissima camminata nevrotica che, ci piace pensarlo, un po’ faceva il verso alla seriosità di tanta video-moda che abbiamo consumato nell’ultimo anno e mezzo. Se ci si aggiunge il fortunato esperimento “Canvas” di Sunnei, sembrerebbe quasi che a Milano si stia bene, ci sono i grandi marchi e ci sono le realtà più giovani, ma la realtà è un’altra. Mai come a questo giro, mettici anche il caldo e una certa voglia di scappare al mare, è diventato evidente come quel grande calderone che era la fashion week sia oggi una realtà ancora più disgregata, diluita nelle strategie autonome dei brand, e sempre meno radicata nella città. È una conseguenza naturale della pandemia, certo, ma è anche un monito per settembre: bisogna tornare per davvero.

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