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I dazi turistici sono l’ultimo fronte nella guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa Mentre Trump impone agli stranieri una maxi tassa per l'ingresso ai parchi nazionali, il Louvre alza il prezzo del biglietto per gli "extracomunitari".
Papa Leone XIV ha benedetto un rave party in Slovacchia in cui a fare da dj c’era un prete portoghese Il tutto per festeggiare il 75esimo compleanno dell'Arcivescovo Bernard Bober di Kosice.
I distributori indipendenti americani riporteranno al cinema i film che non ha visto nessuno a causa del Covid Titoli molto amati da critici e cinefili – tra cui uno di Sean Baker e uno di Kelly Reichardt – torneranno in sala per riprendersi quello che il Covid ha tolto.
La presidente della Tanzania Samia Suluhu Hassan ha nominato il nuovo governo e ha fatto ministri tutti i membri della sua famiglia In un colpo solo ha sistemato due figlie, un nipote, un genero, un cognato e pure un carissimo amico di famiglia.
Sally Rooney ha detto che i suoi libri potrebbero essere vietati in tutto il Regno Unito a causa del suo sostegno a Palestine Action E potrebbe addirittura essere costretta a ritirare dal commercio i suoi libri attualmente in vendita.
In Francia è scoppiato un nuovo, inquietante caso di “sottomissione chimica” simile a quello di Gisèle Pelicot Un funzionario del ministero della Cultura ha drogato centinaia di donne durante colloqui di lavoro per poi costringerle a urinare in pubblico.
Dopo quasi 10 anni di attesa finalmente possiamo vedere le prime immagini di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, è il film che segna il ritorno alla regia di Van Sant dopo una pausa lunga 7 anni.
Un esperimento sulla metro di Milano ha dimostrato che le persone sono più disponibili a cedere il posto agli anziani se nel vagone è presente un uomo vestito da Batman Non è uno scherzo ma una vera ricerca dell'Università Cattolica, le cui conclusioni sono già state ribattezzate "effetto Batman".

Che fine ha fatto la fashion week di Milano?

A fronte di ottime collezioni, mai come in questa edizione semi-digitale è diventato evidente quanto il sistema della moda in città sia oggi distante dai marchi e dalle loro strategie.

22 Giugno 2021

Leggendo i pareri degli addetti ai lavori sulle testate specializzate o, come usa oggi, su Instagram, quest’ultima edizione di Milano Moda Uomo, iniziata venerdì 18 giugno e conclusasi oggi, non è stata affatto male. Ci sono state molte collezioni interessanti, a cominciare dal debutto di Glenn Martens da Diesel all’ennesima conferma dell’eccellente lavoro che Silvia Venturini Fendi fa sulla moda maschile (le collezioni donna e couture, come sappiamo, sono in mano a Kim Jones, ma questa è un’altra storia), passando per la nuova video installazione di Miuccia Prada e Raf Simons fino alla collezione di Alessandro Sartori da Zegna, una delle più riuscite da quando il designer è capo del marchio, e l’ultima prova di Magliano, il brand di moda maschile più interessante nel panorama della città. La prima volta di Martens era certamente l’evento più atteso e per molti motivi: rivitalizzare un marchio conosciuto per il denim non è un affare semplice, tanto più di questi tempi, e la scelta del direttore creativo di Y/Project, un marchio sperimentale e indipendente, poteva a tutti gli effetti sembrare un azzardo di Renzo Rosso. Un azzardo che però parte con il piede giusto: la collezione, presentata con un video con la co-direzione creativa di Martens e Christopher Simmonds, mette infatti al centro i vestiti, cosa che non è mai scontata, e lo fa ispirandosi al classico berlinese di Tom Tykwer Lola corre, e declinando il jeans secondo molti dei concetti che hanno caratterizzato la moda degli ultimi anni. C’è il cattivo gusto, l’ansia distopica, c’è l’upcycling e c’è la multifunzionalità dei capi, ma il modo in cui Martens li ha rimescolati lasciano intravedere un percorso che si preannuncia stimolante.

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Hanno abbandonato le “non stanze” delle precedenti collezioni, invece, Miuccia Prada e Raf Simons, che per la Primavera Estate 2022 hanno creato dei claustrofobici tunnel rossi che sbucano direttamente sulle spiagge della Sardegna. L’escapismo non è una cosa che si ricollega tradizionalmente a Prada, da sempre ancorata alla realtà e al tentativo di interpretarla, eppure nelle ultime collezioni “pandemiche”, come potremmo definire tutte le prove finora mostrate dai due stilisti che hanno annunciato la loro collaborazione a febbraio dell’anno scorso, la voglia di ritornare a vivere e di riconnettersi a un’umanità carnale era piuttosto palpabile, sebbene sublimata – soprattutto questa volta – in una sexyness adolescenziale, che ancora sexy non lo è per davvero, ma che è piena di totem: il cappellino con la tasca inserto (a gennaio erano i guanti), il long-john (già al centro della precedente collezione maschile) che diventa tutina e scopre le gambe, il calzino che sbuca dai mocassini pesanti, un po’ divisa scolastica anime un po’ piccoli raver crescono, ma soprattutto postano sui social. Gli uomini, o i ragazzi, in short erano un po’ ovunque, e in varie fogge, dai bermuda morbidi di Zegna e Giorgio Armani (che è tornato a sfilare in via Borgonuovo, dove «tutto è iniziato») fino ai calzoncini di Fendi, dove c’erano anche i crop-top, o meglio la giacca tagliata molto sopra l’ombelico: il corpo degli uomini si espone oggi secondo altre angolature, altri punti di vista.

Come quello di Luchino Magliano, che nella sua video presentazione diretta da Tommaso Ottomano ha riproposto un mix all’insegna dell’upcycling dei pezzi forti del suo marchio, mescolato vecchio e nuovo e fatto sfilare i suoi modelli con un’arrabiatissima camminata nevrotica che, ci piace pensarlo, un po’ faceva il verso alla seriosità di tanta video-moda che abbiamo consumato nell’ultimo anno e mezzo. Se ci si aggiunge il fortunato esperimento “Canvas” di Sunnei, sembrerebbe quasi che a Milano si stia bene, ci sono i grandi marchi e ci sono le realtà più giovani, ma la realtà è un’altra. Mai come a questo giro, mettici anche il caldo e una certa voglia di scappare al mare, è diventato evidente come quel grande calderone che era la fashion week sia oggi una realtà ancora più disgregata, diluita nelle strategie autonome dei brand, e sempre meno radicata nella città. È una conseguenza naturale della pandemia, certo, ma è anche un monito per settembre: bisogna tornare per davvero.

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