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Reddit ha fatto causa al governo australiano per aver vietato i social ai minori di 16 anni La piattaforma è convinta che la legge anti soci isoli i minorenni e limiti la loro voce politica nella società, fornendo benefici minimi.
La casa di Babbo Natale in Finlandia quest’anno è piena di turisti ma anche di soldati Nato L’escalation al confine russo ha trasformato la meta turistica natalizia della Lapponia in un sito sensibile per l’Alleanza Atlantica.
Il governo americano vuole che i turisti rivelino i loro ultimi 5 anni di attività sui social per ottenere il visto Vale anche per i turisti europei che dovranno consegnare la cronologia dei loro account su tutte le piattaforme social utilizzate.
Ora su Letterboxd i film si possono anche noleggiare e sono già disponibili molte chicche introvabili altrove I titoli disponibili saranno divisi in due categorie: classici del passato ormai introvabili e film recenti presentati ai festival ma non ancora distribuiti su altre piattaforme.
Da quando è stata introdotta la verifica dell’età, nel Regno Unito il traffico dei siti porno è calato ma è anche raddoppiato l’utilizzo di VPN Forse è una coincidenza, ma il boom nell'utilizzo di VPN è iniziato subito dopo l'entrata in vigore della verifica dell'età per accedere ai siti porno.
Secondo una ricerca, nel 2025 abbiamo passato online più tempo che durante i lockdown Oramai i "vizi" presi durante la pandemia sono diventati abitudini: ogni giorno passiamo online tra le quattro e le sei ore.
Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.

Cosa significa il voto di Milano

Sala ha dimostrato che questo centrosinistra può reggere. Parisi ha dimostrato che un altro centrodestra è possibile. Sarebbe bello ripartire da qui.

20 Giugno 2016

Milano è un’eccezione perché lì – e soltanto lì – il Partito democratico non è stato sconfitto. Questa è stata una delle letture più diffuse all’indomani del secondo turno delle amministrative, che ha visto le candidate grilline trionfare a Roma e Torino, il Pd vincere per pochi punti percentuali nel capoluogo lombardo (nonché, con un margine più alto, a Bologna), mentre la sinistra di De Magistris s’è presa, come largamente anticipato, Napoli. Il problema di questa analisi è che, se non propriamente fuorviante, è doppiamente parziale. Primo perché i voti a Roma, Napoli e Torino non sono stati principalmente voti anti-renziani. Secondo perché anche le elezioni meneghine non sono state soltanto una vittoria del governo, ma un’anomalia più ampia nel panorama politico italiano: l’eccezione che conferma la regola, direbbero i pessimisti; oppure un modello da cui ripartire, se si vuole essere più ottimisti, e forse il dato più interessante sta proprio lì.

Non c’è bisogno di essere fini notisti per capire che a Napoli e nella Città eterna il voto di protesta è stato anche, se non soprattutto, una risposta a una situazione di degrado cittadino, che specie a Roma è stato rottamato il Pd di Marino, della malagestione, di Mafia capitale, più che il partito di governo (dato lo stato in cui versa la città, sarebbe stato una sorpresa il contrario). A Torino, che versa in condizioni assai meno disastrate, la questione è più delicata e complessa: la vittoria di Appendino era meno scontata, e non si può escludere che implichi anche qualche elemento di malumore nei confronti del governo, ma l’impressione è che sia stata anche, se non soprattutto, una reazione a un monopolio del centrosinistra durato quasi un quarto di secolo (23 anni, per la precisione). Del resto il sindaco uscente mandato a casa, Fassino, non era propriamente il più renziano dei candidati.

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Detto questo, il dato più interessante – almeno nell’opinione di chi scrive, e specie per le sue implicazioni future – è Milano. Non tanto perché sia una vittoria del Pd, o del suo segretario. E neppure soltanto perché è stata una vittoria di Beppe Sala. Quello che ha fatto del voto meneghino un caso unico, un’eccezione interessante, è stato tutto il processo: i candidati, la campagna e, certo, il risultato.

Quella che abbiamo visto a Milano è stata prima di tutto un’elezione degna di una città matura e globale, con due candidati non soltanto “presentabili” (fatto già di per sé non scontato), ma addirittura credibili: che sia di destra o di sinistra, un osservatore onesto non può non riconoscere che sia Sala sia Parisi sono partiti da curriculum forti e programmi, con le dovute differenze, sensati; che entrambi hanno portato avanti una campagna elettorale all’insegna dei toni civili e, salvo qualche eccezione, persino del fair play (spiace un po’ che negli ultimi giorni il centrodestra abbia sferrato qualche colpo basso, per esempio sui candidati musulmani del Pd); in entrambi gli schieramenti, certo, non mancavano gli estremisti, ma i leader hanno dimostrato di avere il potere e la volontà di tenerli a bada.

Con queste premesse, le elezioni milanesi sarebbero state qualcosa di cui andare fieri indipendentemente dal risultato. Poi, certo fa piacere che abbia vinto Sala, che ha dimostrato una resilienza notevole davanti alla concorrenza serratatissima (e in parte inattesa) dell’avversario; né dispiace, o preoccupa, che lo abbia fatto con un margine ridotto. L’impressione è che chi ha votato l’ex commissario di Expo, lo abbia fatto soprattutto perché ha visto in lui un bravo sindaco in potenza, forse anche in virtù del suo pedigree renziano ma non soltanto per via di esso. Allo stesso modo, chi ha votato Parisi non lo ha fatto certo per fare un dispetto al governo, ma perché, beh, l’ex city manager di Albertini è una figura che piace, specie tra i conservatori moderati che faticano a riconoscersi in Salvini o in altre derive xenofobe. Sala ha dimostrato che questo centrosinistra – progressista, contemporaneo e pro-business – può reggere. Parisi ha dimostrato che un altro centrodestra è possibile. Sarebbe bello ripartire da qui.

Nelle immagini: Milano, Porta Nuova (Marco Bertorello e Filippo Montefiore AFP/Getty Images)
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