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06:39 giovedì 4 settembre 2025
Trieste è piena di turisti delle crociere che non possono attraccare a Venezia e quindi li scaricano a Trieste Le persone fanno un giro in città e poi prendono l'autobus. Per Venezia.
I Radiohead hanno annunciato un nuovo tour che farà tappa anche in Italia Arriveranno a Bologna, a novembre. I biglietti saranno disponibili solo registrandosi prima sul sito della band dal 5 al 7 settembre.
Alla grande parata militare di Xi Jinping in Cina hanno partecipato anche dei soldati-lupi-robot Hanno sostituito i loro predecessori, i cani-robot, che evidentemente non hanno soddisfatto i generali cinesi.
Shein ha usato un modello AI uguale a Luigi Mangione in una pubblicità ma ha dovuto rimuoverla subito È durata poco, molto poco, la prima volta di Luigi Mangione come testimonial di una multinazionale (a sua insaputa).
Sulla Global Sumud Flotilla c’è anche la scrittrice Naoise Dolan «Qualunque cosa accada sulla barca non potrà causarmi più disperazione di quanta ne provocherebbe il non fare nulla», ha detto.
Chloe Malle è la nuova direttrice di Vogue Us Figlia dell'attrice Candice Bergen e del regista francese Louis Malle, dal 2023 era direttrice del sito di Vogue, dove lavora da 14 anni.
Anche la più importante associazione di studiosi del genocidio del mondo dice che quello che sta avvenendo a Gaza è un genocidio L'International Association of Genocide Scholars ha pubblicato una risoluzione in cui condanna apertamente Israele.
La standing ovation più lunga di Venezia l’ha presa The Rock Per il suo ruolo in The Smashing Machine, il biopic sul lottatore Mark Kerr diretto da Benny Safdie.

Milano da bere #6

Per "Tempo di Libri" abbiamo chiesto a 6 autori di scrivere un testo sul loro rapporto con Milano e il bere: storia di un bancone da bar.

23 Aprile 2017

Per festeggiare Tempo di Libri, la nuova fiera del libro di Milano che si terrà da mercoledì 19 aprile a domenica 23, Studio ha commissionato a sei autori altrettanti testi che raccontassero il loro rapporto con la città e il bere, un aspetto che coinvolge la nostra vita sociale e le nostre abitudini, e uno dei modi migliori, a nostro avviso, per descrivere le atmosfere di Milano. La collaborazione tra la rivista e la fiera è arrivata giovedì 20 aprile al Bar Basso, dove dalle 19 in poi si è tenuto un cocktail party in cui i racconti pubblicati sul sito sono stati presentati in un’edizione speciale su carta insieme all’ultimo numero di Studio.

L’estate del 2014 fu particolarmente mite e piovosa, ed è una fortuna che fosse proprio quella la stagione in cui mi trovai a dover cambiare casa in fretta e furia, spinto da contingenze che avevo contribuito a creare. Anche l’appartamento che trovai fu una fortuna: spazioso e silenzioso, e illuminato da tre lati. A causa di quella fretta e di quella furia, tuttavia, non riuscii a sostituire l’intero arredamento secondo il mio gusto, e mi trovai a fare i conti con una brutta cucina indesiderata, e con l’assenza di un tavolo da pranzo. La scelta del tavolo su cui si pranzerà e cenerà per anni è tra le più difficili, nel costruire una casa, e ci misi mesi a sostituire l’asse di compensato sorretta da due cavalletti con qualcosa che mi andasse davvero a genio. I bar e i ristoranti, oltre alle riviste di interni e design, sono i luoghi da cui viene la maggior parte delle ispirazioni di arredamento, anche se nel caso dei bar e dei ristoranti bisogna fare una traduzione di quegli ambienti privandoli di persone, dotandoli di finestre, di più luce, di una cucina a vista, una libreria, e così via. Un giorno, alcuni mesi dopo – doveva essere inverno –, mi ritrovai nella zona industriale di un piccolo paese fuori dalla città, in direzione sud, nel magazzino di un antiquario. Mi mostrò una tavola di mogano, lunga diversi metri, larga meno di uno, irregolare. La comprai a un prezzo molto alto, dopo averla fatta tagliare e lucidare, e soprattutto dopo avere ascoltato la sua breve storia dall’anziano antiquario. La tavola, spiegò, era stata il bancone di un pub di Edimburgo, in Scozia, per duecento anni.

Ora che la tavola è in casa mi piace, certi giorni, passarci la mano sopra, lentamente, seguendo con il palmo le irregolarità del legno, e le sue gobbe e le sue dune, le conseguenti valli, i graffi, i solchi più profondi. Dev’essere così irregolare, penso, per l’età e i liquidi che ha dovuto assorbire in duecento anni di servizio come bancone. Nel tempo mi sono divertito a fare alcuni calcoli: immaginando una media – non così fantasiosa: l’ho chiesta apposta a un amico proprietario di un bar – di cinquecento birre spillate ogni giorno, moltiplico il numero duecento anni, e ottengo un risultato che mi fa rabbrividire: 36 milioni di birre appoggiate sul mogano che riposa, ora, nella mia cucina.

Visitando i residui monumentali di antichità più o meno passate – le piramidi Maya di Palenque, la cattedrale di Basilea, la Alhambra a Granada, le catacombe romane – mi trovo sempre, in un impulso a cui non voglio resistere, a carezzare le colonne, esplorare con le dita i buchi del muro che contennero chiodi, tastare con i polpastrelli le figure in processione nei bassorilievi. Intanto, penso alle centinaia di milioni di altre mani e altri polpastrelli, alla loro provenienza e natura – pellegrini, schiavi, imperatori, sacerdoti – e mi lascio intorpidire dalla fascinazione e dallo sgomento per la grandezza del tempo.

Funziona in modo simile anche per il tavolo, un tempo bancone, su cui sto scrivendo, con un bicchiere di vino appoggiato sopra. Durante le cene fatte di molte bottiglie di vino e birre, sul tavolo dei 36 milioni di bicchieri, con amici e amiche, capita che racconti questo fatto dei 36 milioni, e capita, naturalmente, che ci si faccia prendere da un entusiasmo puerile che ci porta a provare a immaginare altre cifre da capogiro: quante persone, sedute a uno sgabello, avranno appoggiato gli avambracci in questo stesso punto? Quanti assassini? Quanti poeti? Quanti politici? Quanti, motivati da una tristezza che credevano unica, schiacciante, senza precedenti nella storia dell’uomo?

In queste sere inventiamo storie, e mi diverto sempre: rimaniamo ore seduti intorno al bancone, e beviamo altro vino, e diciamo che dev’essere stato facile, in un pub scozzese durante il Diciannovesimo e il Ventesimo secolo, che su questo stesso bancone qualcuno abbia ucciso, e qualcuno sia stato ucciso. Negli anni più recenti qualcuno si sarà innamorato. Scommetto, dice qualcun altro, che su questo bancone si sarà anche scopato molto, e qualcuno mi chiede scherzando, e tu l’hai fatto?, e io rispondo che no, non vedete, è troppo instabile, ma succederà, una volta che mi deciderò a cambiare queste quattro gambe instabili e farlo incorniciare in una struttura migliore.

Quando sono da solo, lontano dalle cene, e di umore pensieroso, guardo la libreria alla destra del tavolo e penso che tutta quella carta finirà al macero, come i vestiti e come la maggior parte dei mobili e della tecnologia presente in questi locali, e l’unica cosa che non finirà al macero, che potrà sopravvivere per decenni e secoli, è questa superficie su cui ora mi appoggio per scrivere. Torno soprattutto a pensare ai bevitori tristi che ordinarono su questa stessa superficie pinte di birra, bicchieri di whisky o bourbon o gin, per annegare quella tristezza che stritola le ossa del torace nel petto, e divento cupo mettendomi nei loro panni, ricordando le mie tristezza passate e prevedendo le stesse, probabili, future. Poi penso ancora al bancone di mogano, ora tavolo, su cui sto scrivendo, e alle sue storie, alle sue età, ai 36 milioni di birre, e alla vastità del tempo. Le infelicità diventano più piccole, si ridimensionano fino quasi a scomparire. Le felicità, anche.

Foto: Delfino Sisto Legnani.
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