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23:23 lunedì 20 ottobre 2025
La prima serie tv tratta dal Signore delle mosche l’ha realizzata Jack Thorne, il creatore di Adolescence Con la consulenza degli eredi di William Golding, per garantire la massima fedeltà della serie, prodotta da Bbc, ai temi e alle atmosfere del romanzo.
Il figlio del fondatore di Mango sarebbe sospettato nell’indagine sulla morte del padre Lo riportano i quotidiani El Pais e La Vanguardia: la polizia starebbe verificando delle supposte incongruenze nelle dichiarazioni di Jonathan Andic relative alle circostanze della morte del padre Isak.
È morta Sofia Corradi, la donna che ha inventato l’Erasmus “per colpa” della burocrazia italiana Aveva 91 anni e l'idea dell'Erasmus le venne quando in Italia non le furono riconosciuti degli esami universitari fatti negli Usa.
Persino la ministra della Cultura francese ha ammesso che i ladri che hanno rubato i gioielli dal Louvre sono stati «molto professionali» Una sconsolata Rachida Dati ha dovuto ammettere che i ladri hanno agito con calma, senza violenza e dimostrandosi molto esperti.
Gli addetti stampa della Casa Bianca hanno risposto «tua madre» a una normalissima domanda di un giornalista durante una conferenza stampa Una domanda sul vertice tra Trump, Putin e Zelensky a Budapest, che Karoline Leavitt e Stephen Cheung hanno preso molto male, a quanto pare.
Hollywood non riesce a capire se Una battaglia dopo l’altra è un flop o un successo Il film di Anderson sta incassando molto più del previsto, ma per il produttore Warner Bros. resterà una perdita di 100 milioni di dollari. 
La Corte di giustizia europea ha stabilito che gli animali sono bagagli e quindi può capitare che le compagnie aeree li perdano Il risarcimento per il loro smarrimento è quindi lo stesso di quello per una valigia, dice una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea.
È uscito il memoir postumo di Virginia Giuffre, la principale accusatrice di Jeffrey Epstein Si intitola Nobody’s Girl e racconta tutti gli abusi e le violenze subiti da Giuffré per mano di Epstein e dei suoi "clienti".

Metà di Venezia

La rubrica di Bernocchi si sposta a Venezia per tracciare un bilancio parziale dei primi cinque giorni di Festival

07 Settembre 2011

Film, personaggi, autori, registi, attori, festival e riflessioni sul cinema contemporaneo. Ogni settimana, una rubrica di cinema  a firma di Federico Bernocchi.

Una sofferenza. Andare al Festival di Venezia e starci solo cinque giorni, è una vera e propria sofferenza. Un coito interrotto da una telefonata di tua madre, che ti dice che sta per venirti a trovare a sorpresa. Ma qui c’è da lavorare, signora mia. Sono stato al Lido da mercoledì 31 agosto fino lunedì 5 settembre. In tutto ho visto 16 film. Non sono tantissimi (per un festival intendo), ma ero lì anche per scrivere, per cui bisognava trovare proprio il tempo fisico per vederli questi film. Comunque, ormai siamo a metà con il concorso: possiamo cominciare a fare qualche bilancio. Cominciamo da un dato importante: questa è l’ottava edizione con Marco Müller alla direzione artistica del Festival. Otto anni sono tanti: in teoria dovrebbero cominciare a vedersi i primi segni di stanchezza. E invece, il Festival di Venezia, per quanto riguarda la proposta, mi sembra vitale come pochi altri. Bastava leggere i nomi dei registi in gara solo per farsene un’idea. Non solo nomi noti e altisonanti come Cronenberg, Polanski o Sokurov, ma anche vere e proprio scommesse.

Ci vuole un direttore artistico attento, curioso e che ne capisce di cinema per chiamare gente come Steve McQueen, Yorgos Lanthimos o Tomas Anderson (non a caso i tre film più belli che ho visto in concorso). Parliamo di tre registi caldissimi, coccolati dalla critica specializzata, che con i film precedenti hanno fatto parlare moltissimo di loro. Parliamo di tre registi giovani (non come intendiamo in Italia, che se fai questo lavoro sei giovane a 57 anni), tutti con un ampio background alle spalle che spazia dalla videoarte alla televisione, passando per i cortometraggi. Parliamo di cinema nuovo, ovvero quello che gli appassionati di tutto il mondo vogliono vedere. Una selezione capace di dare lustro al Festival e di metterlo sullo stesso piano di Cannes. Certo, poi c’è anche il film di Madonna, c’è Questa Storia Qua, il documentario su Vasco Rossi e c’è pure un film in 3D (Tormented di Takashi Shimizu, il poveretto che ha dovuto fare 16 volte nella sua vita The Grudge…), ma sono titoli che servono, perché non di soli Sono Sion o di Chatal Akerman si ciba una Mostra del Cinema. Certo, c’è stato anche Box Office 3D, il film di Ezio Greggio in tre dimensioni girato in Bulgaria, ma tanto non se l’è filato veramente nessuno. Rimane veramente un mistero come sia finito a inaugurare la nuova Sala Grande, ma meglio forse stendere una trapunta pietosa. Il tanto sbandierato restauro della Sala Grande, secondo chi scrive è stata  una mossa fatta per (in teoria) distogliere l’attenzione della gente dal fatto che il Nuovo Palazzo del Cinema non c’è. Non solo il Palazzo – promesso ormai da tempo immemore – non c’è, ma al suo posto c’è un buco enorme (dove è stato trovato dell’amianto) che ha deturpato il già non esaltante panorama e ha reso ogni spostamento da una sala all’altra molto più impegnativo del dovuto.

Ma questi sono problemi organizzativi. Certo, non aiutano, ma poco c’entrano con le pellicole che poi vengono proiettate. Permettetemi di consigliarvi un titolo. Uno di quei film che se non vedete a Venezia o in qualche altro Festival ve lo potete scordare: Whore’s Glory di Michael Glawogger. Parliamo di un documentario eccezionale, in concorso nella sezione Orizzonti, che mostra la vita delle prostitute, dei loro clienti e di tutto quello che circonda questo mondo in tre posti: Thailandia, Bangladesh, Messico. Un acquario in cui ragazze thai vengono messe, dopo aver timbrato il cartellino, per essere scelte dai clienti. Un condominio, chiamato La Città della Gioia, in cui ragazzine musulmane vivono e lavorano. Una cittadina messicana dove il giorno di Natale lo si passa fumando crack, pregando la Santa Muerte e prostituendosi. Un film bellissimo (l’unico difetto è una colonna sonora invadentissima, ma ci si passa tranquillamente sopra) che riesce a parlare di prostituzione senza nessun giudizio morale o senza il sensazionalismo ricercato. Cercatelo, non lasciatevelo scappare. Nel frattempo non ci resta nient’altro da fare che attendere la fine del Festival per vedere chi si porterà a casa il Leone d’Oro.

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