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Cosa c’è nei primi sei minuti dell’Odissea di Christopher Nolan che sono già stati mostrati nei cinema americani Questo "prologo" è stato proiettato in diverse sale negli Usa e ovviamente è già stato piratato e diffuso online.
I Talebani in Afghanistan hanno un nuovo nemico: i giovani che si vestono da Peaky Blinders Quattro ragazzi di 20 anni sono stati sottoposti a un «programma di riabilitazione» dopo aver sfoggiato outfit ispirati a Tommy Shelby e compari.
Il neo Presidente del Cile José Antonio Kast ha detto che se Pinochet fosse ancora vivo voterebbe per lui Ed evidentemente anche questo è piaciuto agli elettori, o almeno al 58 per cento di quelli che hanno votato al ballottaggio e che lo hanno eletto Presidente.
Dopo l’attentato a Bondi Beach, in Australia vogliono introdurre leggi durissime sul porto d’armi visto che quelle usate nella strage erano tutte detenute legalmente Intestate tutte a Sajid Akram, l'uomo che insieme al figlio Naveed ha ucciso 15 persone che si erano radunate in spiaggia per festeggiare Hannukkah.
Nonostante diversi media parlino già di omicidio e accusino il figlio Nick, della morte di Rob Reiner e di sua moglie Michelle non si sa ancora quasi nulla La polizia di Los Angeles ha confermato solo il ritrovamento dei cadaveri e l'inizio di un'indagine che contempla anche la «possibilità di omicidio».
Hbo ha svelato le prime immagini di Euphoria 3 ma della trama di questa nuova stagione non si capisce ancora niente Ben 13 secondi di video che anticipano la terza stagione, in arrivo nel mese di aprile, in cui si vedono tutti i protagonisti e le protagoniste.
Nel 2026 OpenAI lancerà una modalità di ChatGPT per fare sexting Sarà una funzione opzionale e disattivata di default, che rimuoverà i limiti attualmente imposti al chatbot sui prompt con contenuti sessuali.
Una ricerca ha dimostrato che la crescita economica non è più legata all’aumento delle emissioni di CO₂ E, di conseguenza, che la transizione energetica non è un freno all'aumento del Pil, neanche nei Paesi più industrializzati.

Un’inchiesta di Intercept mette seriamente in dubbio la sentenza contro Lula

11 Giugno 2019

Un complotto politico e ideologico si nasconde dietro la condanna per corruzione dell’ex presidente del Brasile Luiz Inácio Lula. Molti sostenitori del Partito dei Lavoratori lo sospettavano da tempo. A dimostrarlo, ora, è un enorme archivio di documenti, chat e audio, svelati in esclusiva da Intercept, il sito investigativo del giornalista Glenn Greenwald, noto per aver pubblicato le rivelazioni della talpa Edward Snowden.

L’operazione chiamata “Autolavaggio”, che aveva messo in carcere politici e miliardari, è culminata nel 2018 con una sentenza di secondo grado che ha reso Lula ineleggibile, spianando così la strada delle ultime elezioni al candidato dell’estrema destra Jair Messias Bolsonaro, attualmente a capo del governo brasiliano.

Una vittoria per nulla scontata. Due volte presidente, nel 2002 e nel 2006, Lula aveva concluso il suo mandato con l’87 per cento delle preferenze. Al momento dell’arresto, i sondaggi mostravano che era il favorito.

I documenti svelano che Delta Dallagnol, a capo dell’accusa, e il giudice  Sérgio Moro, ora primo ministro della Giustizia, tramavano in modo «improprio e contro ogni etica» su come strutturare il caso di corruzione. «I documenti dipingono una task force investigativa intenta a sfruttare il proprio potere legale a fini politici» scrive Intercept.

Per il giudice, a venire meno, quindi, non è solo la terzietà del ruolo, ma anche la stessa neutralità. Ma c’è un elemento che mina alle radici tutto l’impianto accusatorio: dalle conversazioni private emerge la consapevolezza della mancanza di prove.

Lo scoop di Greenwald disegna un’immagine di Moro totalmente diversa da quella costruita negli anni anche sui media internazionali. «Lo chiamano SuperMoro ed è celebrato sulle strade di Rio de Janeiro come fosse una superstar del calcio. Ma è solo un giudice» racconta un articolo del Time di 3 anni fa. L’operazione “Autolavaggio”, inoltre, ha vinto premi internazionali, ricevendo l’attenzione di testate come il New York Times.

Un’immagine che rispondeva a un’ideologia precisa, secondo Intercept. Che rivela come il controllo della comunicazione e la strategia media fossero tra i perni del sistema accusatorio.

A partire da uno degli episodi rivelatori del complotto. Dieci giorni prima delle elezioni presidenziali dello scorso anno, la Corte Suprema concede alla testata brasiliana Folha de São Paulo, di intervistare l’ex presidente in carcere. Una richiesta formalmente atipica, spiega Ricardo Lewandowski, il giudice che ha autorizzato l’intervista, perché Lula non era detenuto in una prigione di massima sicurezza, né era sottoposto a particolari regimi restrittivi. Il problema erano più che altro i timori per la «sicurezza», racconta Lewandowski.

La reazione degli accusatori, però, è immediata «Se sarà concessa l’intervista a Monica Bergamo (reporter della testata) poi arriveranno anche altri», si legge in una chat di gruppo. È il 28 settembre 2018 e il team investigativo che si era occupato del caso di corruzione discute quasi per tutto il giorno su un gruppo Telegram. Con l’obiettivo, dichiarato esplicitamente, di bloccare l’intervista e impedire un ritorno del Partito dei Lavoratori. «Hanno speso ore a studiare strategie per prevenire o diluire l’impatto politico di quell’intervista –  scrive Intercept – eppure per anni hanno negato di avere moventi politici».

Le strategia del complotto sono tante: c’è chi suggerisce di puntare a rimandare l’intervista (la Corte Suprema, infatti, non aveva dato scadenze). E chi vorrebbe creare il caos invitando tanti altri giornalisti a fare domande all’ex presidente.

C’è una cosa, però, che non passa inosservata agli autori di questo scoop: dai toni, sembra che determinate conversazioni fossero considerate normali.

Normali forse, ma non legittime.Tra le ipotesi valutate, non viene presa in considerazione ad esempio la possibilità di fare appello contro la decisione della Corte Suprema. Forse perché questa mossa li avrebbe fatti sembrare troppo politicizzati, commenta Intercept. A tentare questa strada è, invece, il partito di estrema destra Novo, che ha la meglio. Solo dopo la vittoria di Bolsonaro, i giornalisti potranno chiedere di intervistare Lula. E l’intervista curata da Folha de São Paulo ed El País è uscita solo lo scorso aprile.

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