Da piattaforma sobria, formale e necessaria per chi voleva lavorare in ambito corporate a versione brainrot di Facebook: come LinkedIn è diventato il social più strano e incomprensibile di tutti.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti
«Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
Dicembre è il mese delle classifiche e liste, anche e soprattutto di quelle di Rivista Studio. La lista più attesa di tutte, però, ormai lo sappiamo, è lo Spotify Wrapped. Siccome nel mondo dei social nessuno inventa niente e tutti “copiano” tutto, sul carro del Wrapped quest’anno è salito anche LinkedIn, che il 17 dicembre ha fatto uscire la propria versione del Wrapped, mostrando agli utenti dati e informazioni riguardanti ovviamente il mondo del lavoro.
Come riporta Business Insider, le informazioni che si possono trovare nel “LinkedIn Year in Review” – questo il nome scelto per il riepilogo, invero assai professionale – comprendono l’anno in cui si è iniziato a usare la piattaforma, la frequenza di utilizzo, quanto tempo si è trascorso usando la app. Inoltre, viene ricordato quali sono state le prime persone con cui ci si è collegati nel 2025, insieme a quella che per molti si è rivelata l’informazione più odiosa da scoprire: il numero di persone a cui si è collegati che hanno trovato un nuovo lavoro nell’anno appena trascorso.
Quest’ultimo dato è certamente quello che ha fatto discutere (sarebbe più giusto dire incazzare) di più gli utenti, e su X la notizia del recap pubblicato da LinkedIn è stata commentata in maniera tutt’altro che entusiastica. Sono stati pochi gli utenti che hanno pubblicato con orgoglio le proprie statistiche personali, mentre la maggior parte dei commenti esprimono una frustrazione diffusa per le difficoltà che oggi vivono tutte le persone, in tutto il mondo, quando si tratta di trovare o cambiare lavoro. «LinkedIn Wrapped è un rituale di umiliazione», scrive qualcuno. Altri sono talmente delusi e contrariato da arrivare a contemplare l’autolesionismo: «Preferirei diventare cieco piuttosto che rivedere il mio anno su LinkedIn», scrive un utente.