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In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.
Anche Charli XCX si è messa a scrivere su Substack Il suo primo post si intitola "Running on the spot of a dream" e parla di blocco della scrittrice/musicista/artista.
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.
Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.
Nel primo teaser del Diavolo veste Prada 2 si vede già la reunion di Miranda e Andy Le protagoniste salgono insieme sull’ascensore che porta alla redazione di Runway, riprendendo una scena cult del film originale.

L’Enigma di Finkler, di Howard Jacobson

27 Aprile 2011

Recensione breve:
ben scritto, perfido, ironia ben riuscita ma un po’ troppo autoreferenziale, un paio di passaggi imperdibili. Ma tutto sommato da un romanzo che ha vinto il Man Booker Prize ci aspettavamo qualcosa di meglio.

Recensione un po’ meno breve:

Il titolo di per sé rischia di essere fuorviante, perché L’Enigma di Finkler (che esce in Italia per Cargo editore il prossimo 4 maggio) più che uno sguardo meravigliato verso un Finkler in particolare rivolge uno sguardo – meravigliato, di disprezzo e/o rancore – ai finkler in generale, o almeno ai finkler britannici. Solo che se l’avessero chiamato l’enigma dei finkler non se lo sarebbe comperato nessuno. Anche perché il concetto di finkler e “finklericità” (il neologismo è della traduttrice Milena Zemirra Cicimarra, la finkler in questione non ha letto l’originale in inglese, anche se si sarebbe affezionata più volentieri al termine “finkleritudine”…) non è affatto chiaro a chi non ha letto il libro.
È un termine coniato dal co-protagonista Julian Tresolve, uomo deluso dalle donne, dalla vita e dalla Bbc, vedovo-wannabe nonché finkler-wannabe. Un personaggio privo di forza d’animo e “che non conosce la serenità”, il quale vede nell’amico e vecchio compagno di scuola Samuelò “Sam” Finkler tutto ciò che egli non è. Ricco, famoso, laureato a Oxford e autore di una serie di libri di self-help sullo stile Piccolo Manuale di Stoicismo Domestico, “innocuo, facoltoso e garrulo filosofo” per le masse e vagamente sinistroide, Finkler incarna il successo nell’era della Bbc. E l’ironia sulla Bbc, avrete capito, è uno dei leitmotiv del romanzo, cosa del resto comprensibile se si tiene conto che l’autore Howard Jacobson è dichiaratamente filo-israeliano, il che non si può dire della Bbc (o almeno di questo sono convinti la maggioranza dei filo-israeliani).

Ma soprattutto Sam Finkler è ebreo, il primo ebreo che Julian Tresolve abbia mai conosciuto. Ragion per cui, dalle elementari in poi, Tresolve decide di chiamare finkler tutti gli ebrei: parla di “questione dei finkler”, di “complotto finkleriano” e di “essere intelligente come un finkler.” Dalle vicende dei due protagonisti, Finkler e il non-finkler, dalla loro amicizia e dalla loro rivalità nasce una riflessione perpetua sull’identità ebraica, pardon, sulla finklericità, che molto più della Bbc è il vero leitmotiv del romanzo.

Anzi, più che leitmotiv la finklericità (chiamatela “questione dei finkler”) è il tema dominante del romanzo. Forse un po’ troppo dominante. E qui è il caso di mettere le mani avanti, perché la finklericità resta un tema intrigante, difficile da decifrare, e per questo degno di essere affrontato di petto come fa Jacobson. A proposito lo aveva già difeso Alessandro Piperno, ai tempi di Kalooki Nights (2008).

Ma non siete stanchi di parlarvi addosso? Per quanto tempo ancora ci ferirete i timpani con il vostro esibizionismo ebraico? Per voi non esiste argomento più interessante?
Ecco il genere di domande che ogni scrittore ebreo prima o poi si sentirà rivolgere. Tanto che i più solerti tra noi, giocando d’anticipo, se le auto-infliggono. E tra questi certo anche Howard Jacobson, a giudicare dal suo Kalooki Nights (Cargo, pagine 568, euro 20, traduzione di Milena Zemira Ciccimarra), romanzo che s’iscrive in quel genere ipercollaudato che va sotto il nome di “romanzo ebraico”.

Il problema è di che tipo di “romanzo ebraico” stiamo parlando. Il New York Times sostiene che “Jacobson non solo evoca Roth; evoca Roth al suo meglio.” Ora, ammesso e non concesso che Roth al suo meglio sia quello di Pastorale Americana (liberi di dissentire), il paragone non regge. Specie per quel che riguarda il modo in cui è trattato il tema della finklericità, e con quale fine, ammesso che di fine si possa parlare.

La grandezza di Roth, tra le altre cose, sta proprio nel trasformare la finklericità dei suoi personaggi, da Zuckerman allo Svedese, nello specchio parziale – o forse in spettatori privilegiati in quanto ai margini – di una più vasta Storia americana. Con la sua ascesa e caduta, Ira Ringold di Ho Sposato Un Comunista incarna la parabola discendente dell’America sotto il Maccartismo, anche in virtù della sua finklericità ma non solo grazie ad essa.

Oppure lasciamo per un secondo il romanzo e prendiamo A Serious Man, il più finkler tra tutti i film dei finklerissimi fratelli Coen. È ambientato in una comunità finkler e ci sono, nell’ordine: uno stacco in Yiddish, tre rabbini e un bar mitzvah. Eppure basta guardare quell’imperdibile scena finale, in cui il più anziano dei tre rabbini recita davanti a un tredicenne strafatto le prime righe di Don’t You Want Somebody to Love dei Jefferson Airplane, per capire che si parla anche di altro, di molto altro. È l’America che perde le certezze, le figure paterne che crollano e un tifone all’orizzonte, semplicemente gli autori hanno deciso di raccontarlo con un linguaggio, e un sense of humour, tutto finkler.

Invece la finklericità de L’Enigma di Finkler rimane un po’ più fine a se stessa.

Beninteso, Jacobson gioca benissimo con gli stereotipi che i non-finkler attribuiscono ai finkler: i finkler sono più intelligenti, i finkler hanno un senso dell’umorismo pungente (qualcuno si ricorda l’episodio dei Griffin in cui Peter ingaggia “due tizi ebrei” perché gli forniscano la battuta pronta?), i finkler hanno più successo negli affari, i finkler sono migliori al gioco d’azzardo, i finkler cercano spasmodicamente l’approvazione dei non-finkler, i finkler sono i peggiori nemici dei finkler.

E Jacobson gioca ancora meglio, con un’ironia a dir poco spietata, con i luoghi comuni che i finkler si meritano e/o che si sentono in dovere di incarnare. Imperdibile il capitolo in cui Sam Finkler si riunisce al club, intitolato non a caso Groucho Marx, con gli altri ASHamed Jews, ovvero una società di finkler che si vergognano di Israele ma unicamente in quanto finkler. Perché la vergogna è “una specialità finkler.”

Conclusione:
Si fa leggere, ottima idea regalo per un amico finkler.

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