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Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.
Nobody’s Girl, il memoir di Virginia Giuffre sul caso Epstein, ha venduto un milione di copie in due mesi Il libro è già alla decima ristampa e più della metà delle vendite si è registrata in Nord America.
YouTube avrebbe speso più di un miliardo di dollari per i diritti di trasmissione degli Oscar Nessuna tv generalista è riuscita a superare l'offerta e quindi dal 2029 al 2033 la cerimonia verrà trasmessa in esclusiva su YouTube.

La sfida di Obama

Racconto dalla chiusura della convention democratica, con il discorso del presidente in carica

07 Settembre 2012

«Sono onorata di presentarvi l’amore della mia vita, il padre delle mie figlie e il presidente degli Stati Uniti». Barack Obama sale sul palco di Charlotte, abbraccia Michelle che lo ha appena introdotto e che con il palmo della mano gli spolvera la giacca e si avvia verso il podio. Tutt’intorno l’arena ribolle, gli occhi del pubblico sono fissi sul presidente degli Stati Uniti che si appresta a chiudere la convention accettando la nomination del partito democratico. «Michelle, ti amo», sono le sue prime parole. «L’altra notte penso che tutto il paese si sia reso conto di quanto sono fortunato. Malia, Sasha, mi rendete orgoglioso. Ma non fatevi strane idee, domani si va a scuola». Il pubblico ride, poi tutto resta sospeso un intero secondo.

«Signora presidentessa, delegati, accetto la vostra nomination alla presidenza degli Stati Uniti». Inizia così la grande notte di Barack Obama, la notte in cui chiede al popolo americano di concedergli altri quattro anni che gli consentano di guidare il paese verso un futuro migliore. «Ha fatto tanto per noi», ripetono incessantemente sul floor della convetion ispanici, afroamericani, donne, indiani d’America, attivisti per i diritti degli omosessuali, operai, immigrati e membri della classe media sfiancati dalla crisi. Obama li illumina con le sue parole, parla a ognuno di loro. La platea, un’enorme di distesa di delegati, lo ascolta assorta prima di esplodere in prolungati applausi appassionati. «Fired up», urla il pubblico, «ready to go». Qualche minuto prima il maxischermo aveva mostrato la genesi di questo grido di battaglia, ideato da una signora afroamericana nel corso di un rally a Greenwood, South Carolina, quattro anni fa. Il racconto della signora Edith Childs è entusiasmante, l’intero palazzetto risponde urlando a squarciagola. «Fired up, ready to go». Obama dà voce alle minoranze, parla di diritti civili e si impegna nella ricerca di una giustizia sociale ottenibile grazie a uno Stato buono che aiuta i più deboli. Il presidente punta poi con forza sulla middle class, che sarà decisiva alle elezioni del prossimo 6 novembre. Insiste nel proporsi come la soluzione per l’instabile economia americana, promette opportunità a tutti i cittadini e lancia un avvertimento: una presidenza Romney farebbe solo del male. Oggi, invece, l’America sta riprendendo la propria corsa.

Il paese ha 23 milioni di disoccupati e sottoccupati, ma Obama punta forte sul milione di persone che hanno trovato lavoro e su tutti coloro che faranno lo stesso nei prossimi mesi. Parla di istruzione, energia, innovazione. Racconta i successi ottenuti in materia di sicurezza nazionale, che con l’uccisione di Osama bin Laden è completamente scomparsa dal palcoscenico della politica nazionale. Ricorda di aver concluso la guerra in Iraq e promette di fare lo stesso con l’Afghanistan. Come ogni speaker salito sul palco prima di lui, porta il messaggio di un partito diverso, impegnato a proteggere i diritti delle minoranze, quelli degli omosessuali e quelli riproduttivi delle donne. Il pubblico è in delirio. In platea sventolano i cartelli azzurri con la scritta Forward. «Non torniamo indietro, andiamo avanti», è il suo messaggio. Il presidente guarda negli occhi il suo popolo, chiede più tempo e mette il paese di fronte a una scelta che vale «il futuro dell’America». Da un lato c’è l’ideologia repubblicana basata sull’individualismo e sul mito del self-made man, dall’altro la visione democratica di uno stato materno che corre in aiuto dei cittadini più deboli. È una concezione opposta, su cui si gioca tutte l’elezione di novembre. È soprattutto l’interpretazione di un sogno. Quello americano.

«Non ho mai detto che questo viaggio sarebbe stato semplice e non lo prometto ora», conclude Obama. «Il nostro cammino è più difficile ma ci conduce verso un luogo migliore. La strada è più lunga, ma la percorriamo insieme. Non voltiamo le spalle, non lasciamo nessuno indietro, ci aiutiamo a sollevarci a vicenda. Ci rafforziamo con le nostre vittorie e impariamo dai nostri errori, ma teniamo gli occhi fissi verso quell’orizzonte lontano, sapendo che la provvidenza è con noi e che abbiamo sicuramente la fortuna di essere cittadini della più grande nazione della terra». L’aria è torrida, Obama ispirato. Calmo. Non è più un candidato, ma il presidente in carica. Questo è il discorso della maturità. «Grazie, Dio benedica voi e gli Stati Uniti». Il pubblico è in piedi, lo applaude commosso. Entrano Michelle e le figlie. Si abbracciano. In platea scendono lacrime e si scattano foto. Dal soffitto cadono i coriandoli. Obama abbraccia la famiglia Biden, poi resta sul palco con Michelle e le ragazze. Un ultimo saluto sotto la pioggia di carta colorata, con la musica a tutto volume. Un bacio alle figlie e la festa è completa. La convetion è finita. Ma nei corridoi dell’Arena di Charlotte riecheggia un unico coro potente. «Fired up», urlano gli spettatori. «Ready to go».

Foto: Brendan Smialowski/AFP/GettyImages

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