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17:46 domenica 22 giugno 2025
Sia Israele che l’Iran hanno già messo al sicuro il loro patrimonio artistico Il problema è quella parte del patrimonio dei due Paesi che non può essere spostata. Solo in Iran ci sono 28 siti Unesco impossibili da proteggere.
Le notifiche del telefono fanno male e adesso c’è anche una ricerca che lo dimostra Si chiama alert fatigue e tante persone hanno già deciso come affrontarla: disattivando tutte le notifiche, sempre.
Il sindaco di Budapest ha detto che il Pride in città si farà nonostante il divieto di Orbán «Il Municipio di Budapest organizzerà il Budapest Pride il 28 giugno come evento cittadino. Punto», le sue parole.
Francis Kaufmann/Rexal Ford ha ricevuto quasi un milione di euro dal Ministero della Cultura per girare un film che non ha mai girato Lo ha rivelato un'inchiesta di Open: l'uomo è riuscito ad accedere ai fondi del tax credit, senza mai girare nemmeno una scena.
Skims sta inviando soldi via PayPal a centinaia di clienti senza dare alcuna spiegazione Tutto è cominciato con un tiktok, a cui ne sono seguiti decine e decine. Adesso, gli investigatori di internet stanno cercando di svelare il mistero.
La storia della chiusura del Museo del Fumetto di Milano non è andata proprio come si era inizialmente raccontato Un articolo di Artribune ha svelato che nella chiusura c'entrano soprattutto mancati pagamenti e gestione inefficace, non la cattiveria del Comune.
David Fincher vuole salvare Mindhunter trasformandola in una trilogia di film Lo ha rivelato l'attore Holt McCallany, uno dei due protagonisti della serie. A suo dire, ci sarebbero degli sceneggiatori già al lavoro.
Una delle analisi più sensate della guerra tra Israele e Iran l’ha fatta Jafar Panahi su Instagram Il regista ha postato un lungo messaggio, in cui condanna sia il governo israeliano che il regime iraniano.

La psicologia delle ultime parole dei condannati a morte

04 Febbraio 2016

In un paper pubblicato su Frontiers in Psychology, i ricercatori Sarah Hirschmüller e Boris Egloff hanno analizzato gli archivi dello Stato del Texas in cerca delle ultime dichiarazioni rilasciate dai condannati a morte (negli Stati americani dove vige la pena di morte è prassi lasciare alla persona che sta per essere giustiziata la facoltà di esprimere un ultimo pensiero). L’obiettivo degli psicologi, riporta il New York, era capire come la mente umana reagisce a sensazioni di terrore così schiaccianti, e come riesce a rispondere alla consapevolezza della morte.

Come gli autori spiegano nei risultati della loro ricerca, la teoria della gestione del terrore – il sistema concettuale che cerca di comprendere le dinamiche appena elencate – afferma che gli individui «usano una vasta gamma di sforzi cognitivi e comportamentali per regolare l’ansia evocata dall’importanza dello stare per morire», con l’obiettivo di «mantenere l’autostima e dare significato alla propria esistenza».

Le modalità per raggiungere questa finalità non passa necessariamente per l’espressione di paura o tristezza, dato che la risposta del cervello al terrore spesso si rivela essere un estremo, paradossale sforzo verso la positività. Uno degli statement usati dai ricercatori, quello del condannato a morte 459, recita:

Yes, I do, uh at this time I would like to thank my parents who have been my pillar of strength throughout this. To my brothers and sisters and all my family members who have supported me and who have loved me despite my faults and imperfections. I would like to thank Pastor Williams for counseling me and guiding me. As I look to my right and I see the family of […]. I hope this brings you closure or some type of peace. I hope it helps his family, son and loved ones. This has been a long journey, one of enlightenment. It’s not the end, it’s only the beginning.

Hirschmüller e Egloff hanno poi accostato questo corpus di dichiarazioni a lettere scritte prima di suicidi e riflessioni sulla morte da parte di studenti universitari di psicologia, scoprendo che le prime presentavano contenuti decisamente più positivi. Gli autori scrivono: «In buona sostanza, le ultime parole dei condannati a morte in Texas comunicavano espressioni estremamente positive che riflettevano il processo emotivo risultante dall’aver a che fare con la morte».

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