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Il corriere della droga preferito da Pablo Escobar ha fatto un podcast In Cocaine Air Tirso “TJ” Dominguez racconta com'è lavorare per il più famoso signore della droga della storia. Esce il 23 luglio su tutte le piattaforme.
A Hong Kong c’è un musical in cui Trump e Zelensky si massacrano a colpi di assoli Lo spettacolo Trump, The Twins President, ovviamente sold out, traspone in musica anche il litigio tra i due nello Studio Ovale.
È morto Enzo Staiola, il bambino dagli occhi tristi di Ladri di biciclette Interpretò il piccolo Bruno nel capolavoro neorealista di Vittorio De Sica. Da adulto non fece l'attore, ma l'impiegato del catasto.
Il dissing tra Elon Musk e Donald Trump è degenerato Come ampiamente previsto, i due hanno rotto, ma non si pensava sarebbero arrivati fino a questo punto.
Lo scrittore Kamel Daoud era stato invitato alla Milanesiana ma non potrà partecipare perché in Italia rischia l’arresto A causa di Urì, romanzo con cui ha vinto il premio Goncourt e che uscirà in Italia il 17 giugno.
Gli undici abitanti di una remota isola giapponese vogliono ripopolarla usando i manga Gli anziani di Takaikamishima hanno fondato una scuola di fumetto, nella speranza di salvare l’isola dallo spopolamento.
Il designer delle T-shirt più amate dalle celebrity è un bambino di 11 anni Si chiama Dylan e tra i suoi clienti può già vantare Elle Fanning, Michelle Pfeiffer, Pharrell, Jamie Lee Curtis e Pierpaolo Piccioli.
Uno dei massimi esperti di Caravaggio del mondo dice di aver finalmente trovato il suo primo dipinto Secondo Gianni Papi, "Ragazzo che monda un frutto" è l'opera prima dell'artista: ci sarebbe un dettaglio che lo conferma oltre ogni ragionevole dubbio.

La politica è un format

Che noia certi pregiudizi di sinistra su pop e tivù

10 Novembre 2011

Sociologia da bar sulla transizione politica italiana. Sarebbe ingenuo sottolineare la portata simbolica di uno degli abbandoni più clamorosi degli ultimi giorni di basso impero berlusconiano, quello della starlette Gabriella Carlucci. Più interessante notare come uno dei volti nuovi che ha fatto irruzione nelle ultime settimane è quello di Giorgio Gori, già enfant prodige della tv berlusconiana, “complice” renziano dello show simil-Mtv della Leopolda. Già dunque sottoposto al fuoco preventivo di critica per essere stato uno dei fondatori del pensiero televisivo unico dell’ultimo ventennio.

E in tutto questo accanirsi sul fenomeno-Renzi e dintorni, può forse essere interessante il fatto che la critica si concentri più che sui contenuti (o sulla mancanza di questi), sul medium. Cioè ancora una volta, la televisione. Il fatto che il raduno della Leopolda sia stato congegnato, studiato, progettato, come “un format” in favore di telecamera, è considerato uno scandalo, mentre dovrebbe essere considerato normale amministrazione dagli anni ottanta in poi, dato che la Festa Democratica Nazionale è organizzata ugualmente secondo logiche e con professionalità che dal mondo della tv provengono, dato anche che il Pd ha una sua emittente (You Dem) e visto che le spese per la vituperata comunicazione del partito di Bersani ammontano (bilanci ufficiali) a oltre 20 milioni nell’anno 2010 (ma forse quello che preoccupa è una comunicazione che funziona, si potrebbe allora pensare).

Eppure sul passato di Renzi grava un’altra ombra: la sua partecipazione a un telequiz. Qui un sociologo sofisticato potrebbe spiegare perché nessuno contesti a Maria Paola Merloni, peraltro sostenitrice del sindaco di Firenze, ma soprattutto erede dell’impero delle lavatrici, la sua appartenenza allo stesso mondo degli elettrodomestici (qui però non biasimevoli). Ma il dato rimane quello: la tv resta un’ossessione per questo paese. Adesso forse qualcuno spera inconsciamente che, rimosso B., si torni a una prima repubblica pre-televisiva, con candidati, valori, messaggi radiofonici (lo stesso Bersani), e tribune politiche in bianco e nero.

Dall’altra, un timore altrettanto inconscio e forse più diffuso ma simmetrico: di un qualsiasi nouveau régime che non potrà che essere meno televisivo. Forse siamo tutti ormai dipendenti, e ci mancherà: vent’anni di calza, luci bianche o azzurrine, ceroni, côtés patinati di settimanali di famiglia, completi Caraceni sempre uguali ma comunque lussuosi e splendidi, nonostante fisici non avvantaggiati; lo splendore kitsch da Olgettina, le nuova femminilità di queste Myra Breckinridge che andranno studiate accuratamente nei prossimi anni da futuri scienziati, ministre rutilanti e ricattatorie, con gran ritorno del tailleur violento, i nasi futuristi e gli zigomi militari – (la Bernini è la più interessante dal punto di vista della mutazione genetica); tutto questo non potrà non lasciare tracce, tutto questo forse ci mancherà. In fondo era una narrazione, come dicono le persone beneducate oggi, (quasi) gratis.

Possiamo insomma dirci preparati a politici sobri e compassati in completi Lebole, luci casuali, registi non compiacenti, buon senso e ritorno alla radio? Oppure l’inconscio nazionale è ormai fatalmente, definitivamente permeato del cilestrino di Porta a Porta (peraltro utilizzato, ma anche qui con scarsa perizia, dalla sinistra del passato) e delle foto di Chi ai party di Casoria?

Ma il punto vero dello scandalo forse è un altro ancora. Che una nuova possibile classe dirigente di sinistra possa avere vicinanze e rapporti con l’odiata tv spaventa e scandalizza le gerarchie della sinistra molto più di alcune ricche imprenditorie e di dubbie managerialità che si offrono, non prive di ambiguità e di possibili conflitti di interessi.

Non sarà (anche) che, finite con Draghi le riserve della Repubblica causa mancato ricambio generazionale, non ancora pronte le nuove leve masterizzate e dottorate all’estero, l’unica classe dirigente, l’unica “casta” davvero potente, non sputtanata, riconosciuta forse anche a livello europeo, che non si fa tirare le monetine in testa, l’unica élite in grado di catalizzare ammirazione sociale e aspirazioni dal basso, sia proprio quella televisiva? Possibile addirittura che l’unica realtà possibile italiana sia quella tv? Sarà un caso, ma il libro italiano più importante degli ultimi dieci anni, quello che ha raccontato di più del paese reale, è Troppi Paradisi di Walter Siti. Parla di televisione.


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