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Nel suo discorso dopo la vittoria alle elezioni, il neosindaco di New York Zohran Mamdani ha sfidato Donald Trump Nelle prime dichiarazioni pubbliche e social, il neosindaco ha anche ribadito la promessa di ridisegnare NY a misura di migranti e lavoratori.
Ogni volta che va a New York, Karl Ove Knausgård ha un carissimo amico che gli fa da cicerone: Jeremy Strong E viceversa: tutte le volte che l'attore si trova a passare da Copenaghen, passa la serata assieme allo scrittore.
È uscito il trailer di Blossoms, la prima serie tv di Wong Kar-Wai che arriva dopo dodici anni di silenzio del regista Negli Usa la serie uscirà il 24 novembre su Criterion Channel, in Italia sappiamo che verrà distribuita su Mubi ma una data ufficiale ancora non c'è.
È morta Diane Ladd, attrice da Oscar, mamma di Laura Dern e unica, vera protagonista femminile di Martin Scorsese Candidata tre volte all'Oscar, una volta per Alice non abita più qui, le altre due volte per film in cui recitava accanto alla figlia.
L’attore e regista Jesse Eisenberg ha detto che donerà un rene a un estraneo perché gli va e perché è giusto farlo Non c'è neanche da pensarci, ha detto, spiegando che a dicembre si sottoporrà all'intervento.
A Parigi c’è una mensa per aiutare gli studenti che hanno pochi soldi e pochi amici Si chiama La Cop1ne e propone esclusivamente cucina vegetariana, un menù costa 3 euro.
Il Premier australiano è stato accusato di antisemitismo per aver indossato una maglietta dei Joy Division Una deputata conservatrice l’ha attaccato sostenendo che l’iconica t-shirt con la copertina di Unknown Pleasures sia un simbolo antisemita.
Lo scorso ottobre è stato uno dei mesi con più flop al botteghino nella storia recente del cinema In particolare negli Stati Uniti: era dal 1997 che non si registrava un simile disastro.

La guerra mondiale contro le minigonne

07 Febbraio 2014

L’ultima ad aver detto che le gonne troppo corte non sono adatte ad una rappresentante di punta della casa reale britannica è stata la Regina Elisabetta II: la sovrana avrebbe infatti imposto alla giovane – e molto popular – Kate Middleton un look più istituzionale. No a minigonne e abiti corti, sì a gonne lunghe. Kate (che prima di sposare il principe William era una commoner, quindi poco avvezza all’etichetta di corte, ma ha avuto poche cadute di stile) si è guadagnata spesso il favore dei media per aver indossato abiti non troppo pretenziosi, alternando sapientemente pezzi costosi (come il suo abito da sposa, firmato da Sarah Burton per Alexander McQueen) ad abiti low cost, di Zara per esempio: da ora in poi, cominciando dal prossimo viaggio istituzionale dei Duchi di Cambridge in Australia, dunque, niente minigonne per Kate Middleton. Il monito reale sembra aver avuto un impatto diretto sul mercato: il sito Fashionista.com ha pubblicato ieri la notizia che le vendite di gonne e abiti corti su eBay sarebbero scese del 30% a seguito della diffusione della notizia da parte dei media.

La crociata contro le minigonne non riguarda solo Buckingham Palace. Anzi. Non fosse per l’etichetta di corte, la Regina Elisabetta potrebbe non avere nulla in contrario: la patria delle gonne cortissime è stata proprio la Gran Bretagna che ha dato i natali a quella Mary Quant che viene indicata come l’inventrice del capo. E che dalla Regina ha anche ricevuto un riconoscimento ufficiale: è stata infatti insignita dell’Obe, sigla che sta per Officer of the British Emperor.

I paesi in cui si combatte una guerra aspra contro le gambe scoperte sono altri: l’Uganda, per esempio. Il divieto ad indossare la minigonna fa parte di un pacchetto-legge anti-pornografia approvato a dicembre 2013. A proporre questa misura è stato il ministro dell’etica e dell’integrità ugandese Simon Lokodo. Secondo lui «tutte le donne che indossano qualsiasi cosa sopra il ginocchio dovrebbero essere arrestate». Una proposta legislativa simile è stata formulata nel 2012 in Indonesia – al momento pare sia in fase di stallo – Paese fortemente musulmano: «Sapete come sono gli uomini. Un abbigliamento troppo provocatorio li spingerebbe a fare certe cose» aveva detto Marzuki Alle, speaker parlamentare a Jakarta, giustificando la proposta di messa al bando.

Tra i paesi “bacchettoni” più insospettabili anche la Corea del Sud: nonostante Seul venga considerata a tutti gli effetti uno dei fashion hub orientali dal potenziale più alto, una legge approvata a inizio 2013, infatti, prevede una sanzione economica per chi mostra troppo di sè in pubblico. La multa è l’equivalente di 45 dollari americani, ma l’iniziativa ha scatenato commenti e proteste soprattutto sui social network.

Nella foto: le minigonne di Mary Quant

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