Nella caption del post si legge: «I am Werner Herzog. This shall be my Instagram».
Il governo francese farà causa alla piattaforma Kick per il caso di Jean Pormanove, lo streamer morto durante una diretta
Secondo il governo, la piattaforma streaming non avrebbe rispettato la legge in materia di moderazione e rimozione di contenuti violenti.

Raphaël Graven è morto il 18 agosto 2025 a 46 anni, durante una diretta streaming sulla piattaforma Kick. I più lo conoscevano con il nickname Jean Pormanove, con il quale era diventato il kicker più popolare di Francia, fino al giorno in cui è morto, durante una diretta che andava avanti ininterrottamente da quasi due settimane. Sulla morte di Graven la procura di Nizza ha aperto un’indagine, che al momento ha escluso che la morte dell’uomo sia stata causata da traumi inferti da terzi, come inizialmente si era invece letto in diverse ricostruzioni giornalistiche della vicenda. Graven, infatti, era uno specialista di contenuti “estremi”, sfide in cui si sottoponeva a reiterate violenze e pesanti abusi. Nella sua ultima diretta, fatta assieme ad altri due streamer, Owen “Naruto” Cenazandotti e Safine Hamadi (attualmente indagati, assieme ad altri, dalla procura di Nizza), era stato schiaffeggiato, strangolato e preso a pugni, come mostrato in diversi video circolati sui social (video di difficile verifica, però: potrebbero essere pezzi della diretta in questione oppure di altre dirette, precedenti).
Adesso, come riporta Euronews, nella vicenda è intervenuto anche il governo francese, che ha deciso di sporgere una denuncia nei confronti di Kick per negligenza. Il governo sostiene che Kick, con i suoi laschi controlli e la quasi inesistente moderazione dei contenuti (tra i principali motivi per cui alcuni streamer hanno abbandonato Twitch per Kick, assieme alla possibilità di promuovere il gioco d’azzardo e di tenere per sé il 95 per cento dei soldi che guadagnano grazie allo streaming), abbia violato un legge francese del 2004 in materia, appunto, di controlli e moderazione dei contenuti online. Secondo Clara Chappaz, secrétaire d’État con delega all’intelligenza artificiale e alle tecnologie digitali del governo Bayrou, Kick non ha bloccato ed eliminato questo «contenuto pericoloso» come invece avrebbe dovuto fare, per legge. «Combatto per portare ordine nel Far West digitale. Kick fa parte di questa battaglia, quindi ho deciso di portare in tribunale la piattaforma».
Non è l’unica, in Francia, ad aver preso questa decisione. Anche la procura di Parigi ha iniziato un’indagine su Kick, per appurare se la piattaforma trasmette consapevolmente «video in cui si mostrano violenze ai danni delle persone» e se rispetta le regole dal Digital Services Act dell’Unione Europea. Dopo la morte di Graven, Kick si è detta profondamente addolorata per la sua morte e ha offerto le condoglianze a familiari, amici e fan. «Abbiamo intenzione di offrire la nostra piena collaborazione alle autorità. Stiamo effettuando controlli su tutti i nostri contenuti in lingua francese», ha fatto sapere l’azienda in un comunicato stampa.

Se ne sta parlando moltissimo dopo la denuncia della scrittrice Carolina Capria: il gruppo, a cui erano iscritti 32 mila uomini, è rimasto aperto e pubblico per 6 anni, sfuggendo a ogni moderazione.

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