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Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.
Un reportage di Vanity Fair si è rivelato il colpo più duro inferto finora all’amministrazione Trump Non capita spesso di sentire la Chief of Staff della Casa Bianca definire il Presidente degli Stati Uniti una «alcoholic’s personality», in effetti.
Il ministero del Turismo l’ha fatto di nuovo e si è inventato la «Venere di Botticelli in carne e ossa» come protagonista della sua nuova campagna Dopo VeryBello!, dopo Open to Meraviglia, dopo Itsart, l'ultima trovata ministeriale è Francesca Faccini, 23 anni, in tour per l'Italia turistica.
LinkedIn ha lanciato una sua versione del Wrapped dedicata al lavoro ma non è stata accolta benissimo dagli utenti «Un rituale d'umiliazione», questo uno dei commenti di coloro che hanno ricevuto il LinkedIn Year in Review. E non è neanche uno dei peggiori.
C’è una specie di cozza che sta invadendo e inquinando i laghi di mezzo mondo Si chiama cozza quagga e ha già fatto parecchi danni nei Grandi Laghi americani, nel lago di Ginevra e adesso è arrivata anche in Irlanda del Nord.
Nobody’s Girl, il memoir di Virginia Giuffre sul caso Epstein, ha venduto un milione di copie in due mesi Il libro è già alla decima ristampa e più della metà delle vendite si è registrata in Nord America.
YouTube avrebbe speso più di un miliardo di dollari per i diritti di trasmissione degli Oscar Nessuna tv generalista è riuscita a superare l'offerta e quindi dal 2029 al 2033 la cerimonia verrà trasmessa in esclusiva su YouTube.

Cosa pensano gli israeliani di quello che sta succedendo a Gaza

17 Maggio 2018

Nell’ultimo mese ci sono state molte proteste nella Striscia di Gaza, nei pressi del confine israeliano, l’esercito israeliano ha reagito sparando (i primi giorni pallottole di gomma, poi munizioni vere e proprie) e il risultato è che, dal 30 marzo ad oggi, sono morti più di cento palestinesi. L’episodio più grave è stato quello del 14 maggio, quando l’esercito israeliano ha ucciso almeno 60 palestinesi. Nello specifico, la protesta del 14 maggio coincideva con lo spostamento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme, però faceva parte di una serie più ampia di proteste organizzate, e chiamate “marce del Ritorno“: l’intenzione degli organizzatori era organizzare una serie di marce da Gaza verso il confine israeliano, in mezzo a due date simboliche per i palestinesi: il 30 aprile, cioè la “giornata della Terra”, e il 15 maggio, cioè la “giornata della Nakba”, o catastrofe, come chiamano la nascita di Israele. L’iniziativa, stando a quanto riporta Haaretz, partiva dai capi di alcune famiglie importanti da Gaza e da vari esponenti della società civile,  ma ha poi ricevuto il sostegno anche di gruppi estremisti come Hamas o la Jihad islamica.

Specie dopo la strage del 14 maggio, Israele è stato duramente criticato per avere reagito in modo sproporzionato alle proteste. La Turchia, per esempio, ha espulso il console israeliano a Istanbul. In Israele, però, l’opinione pubblica sembra sostenere la condotta dell’esercito. Il “Peace Index” è un progetto congiunto dell’università di Tel Aviv e dell’Israel Democracy Institute, un think tank di sinistra, che monitora l’opinione pubblica israeliana sugli argomenti di attualità. Ad aprile hanno condotto un sondaggio su un campione di 600 israeliani (tutti ebrei israeliani, va detto, non c’erano arabi israeliani) dividendoli per opinione politica chiedendo loro che cosa ne pensavano della decisione di sparare sui manifestanti palestinesi. L’opinione cambiava molto a seconda del partito politico di appartenenza, ma dominava comunque un clima di sostegno all’esercito.

israeliani gaza

Tra i sostenitori di Yisrael Beitenu, l’estrema destra, il 100 per cento si diceva convinto che sparare sui palestinesi sia stata una buona idea, mentre tra gli elettori del Likud, il partito di Netanyahu, pensa lo stesso il 90 per cento degli intervistati. Anche il 70 per cento degli elettori laburisti (l’Unione sionista è la coalizione di cui fa parte il Labour) sostiene la politica di sparare. Tra gli elettori del Meretz, il partito pacifista, il 40 per cento si dice favorevole a quella politica. Va detto che il sondaggio è stato condotto prima della Strage di Gaza di cui si sono molto occupati i giornali occidentali, però ad aprile c’erano già state molte manifestazioni palestinesi e una cinquantina di morti. I dati sembrano riflettere una generale virata verso destra del pubblico israeliano sui temi della sicurezza.

Foto Getty
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