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13:44 giovedì 25 dicembre 2025
Migliaia di spie nordcoreane hanno tentato di farsi assumere da Amazon usando falsi profili LinkedIn 1800 candidature molto sospette che Amazon ha respinto. L'obiettivo era farsi pagare da un'azienda americana per finanziare il regime nordcoreano.
È morto Vince Zampella, l’uomo che con Call of Duty ha contribuito a fare dei videogiochi un’industria multimiliardaria Figura chiave del videogioco moderno, ha reso gli sparatutto mainstream, fondando un franchise da 400 milioni di copie vendute e 15 miliardi di incassi.
A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Si intitola A Chair in the Air e racconta episodi di violenza realmente accaduti nella casa dei Reiner quando Nick era un bambino.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.

Davvero l’India vuole cambiare nome?

06 Settembre 2023

Tutto è cominciato con un invito a cena. L’ufficio del Primo ministro indiano Narendra Modi ha inviato ai leader dei Paesi del G20, che si riunisce in questi giorni a Delhi, un invito alla cena di Stato organizzata per l’occasione dal «Presidente del Bharat». Come riporta il Guardian, in questo invito non si fa menzione dell’altro nome del Paese di cui Modi è il Presidente: India, appunto. Data l’ufficialità dell’evento, ne è venuta fuori una notizia: l’India stavolta ha davvero intenzione di cambiare nome in Bharat? Se ne parla ormai da diverso tempo, anche e soprattutto per il fatto che Modi ha sempre preferito l’uso di Bharat – una parola sanscrita presente in antichissimi testi sacri –  a quello di India. Il Presidente e il suo partito (Bharatiya Janata) considerano questa parola un residuo del colonialismo britannico, parte di un’eredità che il governo sta cercando di eliminare dall’architettura urbana, dalle istituzioni politiche, dai libri di storia e anche dalla Costituzione. In quest’ultima, infatti, si legge che «L’India, che è il Bharat, dev’essere un’Unione di Stati […]».

Non c’è ancora una legge che sancisca la “cancellazione” dell’India. Secondo i media indiani, il governo ha convocato per la fine di settembre una sessione speciale del Parlamento: dovrebbe essere in questa occasione, riferiscono fonti anonime vicine all’esecutivo, che la proposta di «dare la precedenza» al nome Bharat diventerà ufficiale. Cosa ne sarà della parola “India” al momento non è dato sapere: verrà cancellata dal dettato costituzionale? Il governo si limiterà a uno scambio di posti, mettendo Bharat al primo e India al secondo? Si sistemerà tutto con una risoluzione speciale che imporrà alle pubbliche amministrazioni e agli apparati burocratici la precedenza di Bharat? In ogni caso, nel Paese non si tratterebbe di un cambiamento così radicale: in moltissimi Stati, Bharat è già il nome più usato.

Il processo di “decolonizzazione” dell’India prosegue ormai da decenni ed è stato portato avanti da governi sia di destra che di sinistra, nazionalisti e non, conservatori e progressisti. Di certo, però, i governi Modi ci si sono dedicati con una passione e una meticolosità senza precedenti: l’India deve sbrigarsi ad abbandonare la «mentalità coloniale» che l’ha sin qui contraddistinta, ha ripetuto Modi in tantissimi discorsi. Una mentalità coloniale il cui superamento passa dalla rimozione di strutture di architettura pubblica – è con il governo Modi che si è decisa la ristrutturazione del distretto parlamentare di Nuova Delhi, originariamente realizzato dagli inglesi, per rimuovere ogni traccia del passato coloniale –  e riforme legislative: lo scorso mese il ministro degli Interni Amit Shah ha definito la riforma della giustizia iniziata dal suo governo un passo necessario verso la liberazione dai «segni della nostra schiavitù». Nel nuovo codice penale che verrà scritto, infatti, saranno rimossi tutti i riferimenti alla corona britannica.

Le riforme nazionalistiche del governo Modi, però, non stanno cancellando solo il passato coloniale del Paese ma anche compromettendo il suo presente multietnico: è stata molto contestata, infatti, la decisione di cambiare i nomi islamici di piazze, strade e monumenti e sostituirli con nomi hindu. Decisione che secondo l’opposizione dimostra come la vera intenzione di Modi sia affermare la supremazia della maggioranza hindu, a discapito della minoranza islamica presente nel Paese.

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