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22:19 venerdì 24 ottobre 2025
Da quando è uscito “The Fate of Ophelia” di Taylor Swift sono aumentate moltissimo le visite al museo dove si trova il quadro che ha ispirato la canzone Si tratta del Museum Wiesbaden, si trova nell’omonima città tedesca ed è diventato meta di pellegrinaggio per la comunità swiftie.
Yorgos Lanthimos ha detto che dopo Bugonia si prenderà una lunga pausa perché ultimamente ha lavorato troppo ed è stanco Dopo tre film in tre anni ha capito che è il momento di riposare. Era già successo dopo La favorita, film a cui seguirono 5 anni di pausa.
Al caso del furto al Louvre adesso si è aggiunto uno stranissimo personaggio che forse è un detective, forse un passante, forse non esiste È stato fotografato davanti al museo dopo il colpo, vestito elegantissimamente, così tanto che molti pensano sia uno scherzo o un'immagine AI.
L’azienda che ha prodotto il montacarichi usato nel colpo al Louvre sta usando il furto per farsi pubblicità «È stata un'opportunità per noi di utilizzare il museo più famoso e più visitato al mondo per attirare un po' di attenzione sulla nostra azienda», ha detto l'amministratore delegato.
I dinosauri stavano benissimo fino all'arrivo dell'asteroide, dice uno studio Una formazione rocciosa in Nuovo Messico proverebbe che i dinosauri non erano già sulla via dell’estinzione come ipotizzato in precedenza.
Nelle recensioni di Pitchfork verrà aggiunto il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.
Trump ci tiene così tanto a costruire un’enorme sala da ballo alla Casa Bianca che per farlo ha abbattuto tutta l’ala est, speso 300 milioni e forse violato anche la legge Una sala da ballo che sarà grande 8.361 e, secondo Trump, assolverà a un funzione assolutamente essenziale per la Casa Bianca.
L’episodio di una serie con la più alta valutazione di sempre su Imdb non è più “Ozymandias” di Breaking Bad ma uno stream di Fortnite fatto da IShowSpeed Sulla piattaforma adesso ci sono solo due episodi da 10/10: "Ozymandias" e “Early Stream!”, che però è primo in classifica perché ha ricevuto più voti.

Il Toro di Sora

Il 30 ottobre il mondo ricorda la nascita di Maradona. Noi ricordiamo quella di Pasquale Luiso.

30 Ottobre 2012

Sarà per snobismo, sarà per capriccio, sarà, più che altro, per ricordare una storia, di quelle belle, intense, “normali”, e con il finale amaro come in un racconto di Carver: il 30 ottobre tre quarti di mondo celebra la venuta al mondo del Cristo del pallone, Diego Armando Maradona. Una fetta molto più piccola di mondo, perlopiù concentrata tra la Ciocaria e Vicenza, con Piacenza in mezzo, ricorderà l’avvento, 43 anni fa, di Pasquale Luiso, “il Toro di Sora”.

La vita – calcistica – di Luiso non è certo straordinaria come quella di Maradona, né tormentata come quella di una qualsiasi stella caduta nel fango: è ordinaria, quella di un cannoniere di provincia, con la pellaccia dura e pochi fronzoli, che gira nord e sud Italia, mari, monti e pianure, portando il suo bottino di goal sempre con sé, senza mai fare il grande salto nella nobiltà pallonara. Come lui ce ne sono tanti, e tanti ancora ce ne saranno.

La vita – sempre calcistica – di Pasquale Luiso contiene però una storia, appunto, diversa dagli altri. È ambientata nel 1998, parte a Vicenza e parte a Londra, e ha rappresentato per una manciata di giorni – effimeri, presto dimenticati – il sogno calcistico di un Davide Italiano nell’Europa dei Golia.

Arrivava, il Toro, da due grandi stagioni ad Avellino e Piacenza. Millenovecentonovantasette, il passaggio al biancorosso vicentino allenato da Guidolin, che pensa e compra in grande: oltre a lui ci sono Coco, Baronio, Ambrosini, Schenardi, Di Napoli. A Vicenza ci lascerà il cuore in quattro soli anni, e che anni. Otto campionati prima il Lanerossi lottava in serie C1 per non retrocedere in C2, ad aprile ’98 il Menti è esaurito per la semifinale di Coppa delle Coppe. I parvenu del nordest contro l’aristocrazia blasonata del calcio europeo, con Zola, Vialli, Leboeuf, Hughes, Poyet. Agnello sacrificale, favola incompiuta, tutto troppo bello per essere vero: il tricolore coreografato sulla curva biancorossa pare solo una bellissima cornice per un malinconico addio a una festa in cui non si era nemmeno stati invitati. In più, Brivio è l’estremo difensore di una delle peggiori difese d’Italia, e tutta la squadra in campionato stenta, a un passo dalla serie B. Ma quando Zauli aggancia un lancio di Viviani, infila i suoi centonovanta centimetri tra i centrali del Chelsea e di sinistro dà un buffetto alla palla che entra in rete, sembra che il copione della storia possa comprendere anche un happy ending. Zauli esulta, tarantolato. Il Vicenza, saggio, tiene l’uno a zero. Si va a Londra.

Come in una cartolina un po’ cliché, la squadra italiana riempie l’aereo per l’Inghilterra come si riempivano le giardinette dei primi weekend fuori porta. Ci sono i giocatori, c’è la dirigenza, c’è il presidente della provincia, c’è il sindaco. Ce li si immagina, quasi, con i cestini pieni di marmellate e tramezzini. Pasquale Luiso arriva nella pioggia di Chelsea come il capocannoniere della manifestazione. Non si formalizza all’etichetta della nobiltà blues, ed esplicita in un’intervista la sua filosofia molto poco analitica: «Crossatemi una lavatrice e colpirò di testa anche quella». Guidolin è sereno, e ammette che il Chelsea è favorito.

Al 32′ del primo tempo, lo sliding door della vita di Luiso: una palla che rimbalza in area una, due volte, con difensori e attaccanti incerti a guardarla. Bisogna agire, in fretta. Ci pensa Pasquale, a modo suo. Un destro, collo pieno, a mezza altezza sul secondo palo. Il Vicenza sta vincendo a Stamford Bridge. Luiso si porta il dito alla bocca, e zittisce tutto lo stadio, novello Batistuta di provincia. Ne farà un altro, di goal, annullato per un fuorigioco inesistente.

La storia finisce qui, il Chelsea doveva fare tre goal e in effetti li farà, i biancorossi tornano a casa a testa alta e per un solo punto rimangono in A, il Toro è capocannoniere di Coppa delle Coppe. L’anno dopo non raggiungono la salvezza, e quel miracolo di pochi mesi prima deve ritornare in serie B, come sparito. Nel 2001 finisce anche la carriera di Luiso al Vicenza, lui gira ancora un po’ l’Italia, torna a Sora da giocatore e allenatore. Lo confessa, ancora se lo sogna quel goal regolare. Ma senza troppi rimpianti, piuttosto con un sogno: tornare a Vicenza da allenatore. Anche se il campo gli manca, dice. E lo fa senza peli sulla lingua: «Io oggi farei 30 goal a campionato». Auguri Toro.

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